I pazienti con malattie cardiovascolari stanno pagando sulla propria pelle il blocco durante il lockdown e l’attuale drammatica riduzione delle prestazioni di diagnosi e cura di queste patologie
Riceviamo e pubblichiamo.
La pandemia da Covid-19 in cui stiamo vivendo ormai da molti mesi – in una sorta di tempo sospeso – sta influenzando in modo eccezionale gli ambiti sociali e professionali: in particolare per chi si occupa di malattie cardiovascolari, il quadro è assolutamente drammatico.
Come ben sappiamo queste malattie hanno una diffusione amplissima nella popolazione e rappresentano la prima causa di morte, oltre il 30% secondo OECD Health Statistics 2020, con percentuali più alte anche di quelle delle malattie oncologiche.
Questi dati sono ancora più tragici nella loro semplicità se li interpretiamo alla luce del periodo in cui viviamo: il Covid ha comportato in tutta Italia, e probabilmente non solo in Italia, la riduzione – e per un certo periodo il blocco – di tutte le prestazioni da erogare sia nell’ambito della valutazione clinica della popolazione a rischio sia in quello del trattamento terapeutico e del follow up.
In ambito diagnostico il nostro lavoro prevede l’effettuazione di visite ed esami di diagnostica non invasiva mediante EcoDoppler per individuare, all’interno della popolazione a rischio, i pazienti affetti da malattie vascolari.
Tutto questo è stato praticamente soppresso per molti mesi con un danno sanitario enorme che verrà pagato nei prossimi anni in termini di eventi vascolari: non aver individuato e trattato una stenosi carotidea significa che potremmo aspettarci che quel paziente arrivi prossimamente alla nostra attenzione con un evento ischemico cerebrale, TIA o ictus.
Sul versante terapeutico i trattamenti chirurgici ed endovascolari nel trattamento delle patologie vascolari sono stati ovunque fortemente ridotti – quando non addirittura cancellati – durante il lockdown in cui è stato possibile soddisfare solo le urgenze.
Ma le malattie vascolari non aspettano e progrediscono spesso in modo drammatico: un aneurisma dell’aorta addominale non trattato può portare a rottura dell’aorta e alla morte del paziente in percentuali sino al 40% dei casi, ESVS 2019 Guidelines on AAA.
La drammaticità del periodo in cui stiamo vivendo è che il carico di morbilità̀ e mortalità̀ delle patologie non trattate in questo frangente storico rischia di lasciare sul campo più danni e vittime della stessa pandemia.
Nonostante tutti gli sforzi che il nostro sistema sanitario sta facendo, in questi giorni stiamo apprendendo con grande preoccupazione notizie di sospensione dell’attività clinica non urgente. Eppure, il lockdown primaverile ci dovrebbe avere insegnato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che le malattie vascolari non sono seconde a nessuno per gravità, neppure al Covid-19.
Nella primavera scorsa la pandemia ci ha colto di sorpresa spingendoci a una chiusura generalizzata, ma ora conosciamo meglio il Covid-19 e abbiamo armi per fronteggiarlo per cui un nuovo blocco dell’attività sarebbe ingiustificato per i nostri pazienti.
Limitare di nuovo l’accesso agli ospedali ai soggetti con patologie vascolari, sia per la valutazione diagnostica che per il trattamento e il follow up, sarebbe un errore imperdonabile, moralmente inaccettabile.
Le conseguenze del primo lockdown le stanno pagando sulla propria pelle i pazienti con arteriopatia periferica, circa 200 milioni nel mondo secondo le ESVM Guidelines on PAD 2019.
Questi pazienti, non recatisi in ospedale durante il lockdown, hanno poi affollato i reparti della nostra disciplina con arti in gangrena da amputare unicamente perché non trattati in precedenza con una semplice angioplastica o un bypass.
È inoltre indispensabile che i pazienti siano consapevoli del fatto che l’accesso agli ospedali è sicuro con sanitari periodicamente sottoposti a screening con tamponi e test sierologici e con percorsi differenziati, e che è estremamente più rischioso rimanere a casa che recarsi in ospedale per prendersi cura di una malattia vascolare.
In questo contesto pesano negativamente sulla qualità dell’assistenza anche i ritardi nella costruzione delle reti cliniche che si occupano su base regionale di patologia vascolare. Purtroppo, il Covid-19 allontana ancora di più la possibilità di portare a operatività questa rete che permetterebbe un accesso alle cure più omogeneo sul territorio, un migliore utilizzo delle risorse umane e tecnologiche e di conseguenza un forte guadagno per la salute dei pazienti.
I “nostri” malati hanno già un carico di malattia pesante e permanente: non meritano proprio che questa pandemia glielo aumenti ancor più di quanto non ha già fatto.