Un caffè con l’Artista, che ci parla di UPAS e Teatro. Il ricordo di Ivo Garrani
Incontriamo Riccardo Polizzy Carbonelli in occasione della conferenza stampa organizzata per celebrare il ventennale della social soap Un Posto al Sole nel CPTV RAI di Napoli.
Le interviste concludono l’interessantissima giornata in cui il Dr. Francesco Pinto, Direttore del centro televisivo, ha generosamente aperto le porte a stampa e ammiratori della lunga serialità per festeggiare insieme.
Stanco dopo aver “girato” prestissimo, ma sempre sorridente, disponibile e attento verso Fan e giornalisti che lo subissano di domande e reclamano, giustamente, foto e video insieme. L’ho osservato per bene mentre conversava amabilmente con tutti, colleghi e tecnici compresi, non risparmiando battute simpatiche o sincere premure verso chi, venuto da ogni parte d’Italia, desiderava intrattenersi con lui ed altri Attori.
Che sia una persona squisita non è certo una novità.
Seduti ad un tavolino del Caffè Vulcano iniziamo la nostra chiacchierata partendo proprio da questa importante ricorrenza per provare a carpire il segreto di sentirsi, in Un Posto al Sole, tutti parte integrante della stessa squadra, della stessa famiglia.
Questo ventennale è un motivo di grande festa per tutti noi, ma anche di straordinaria riflessione visto che non si è mai pensato che il prodotto potesse durare così tanto.
Lo step successivo sarà quello di continuare a fare sempre del nostro meglio perché se navigando a vista e portando il cuore oltre l’ostacolo e impegnandoci sempre nel nostro lavoro con passione e dedizione siamo andati avanti vent’anni, significa che proseguendo in questa direzione possiamo fare altrettanto. Quindi lunga vita ad UPAS.
Il segreto che abbiamo è, prima di tutto, l’amore per questo lavoro e il fatto che ci sentiamo gruppo, ovvero nessuno di noi ha atteggiamenti da divo, ma siamo collaborativi tra noi e tra tutti i reparti.
Il Plauso ed il merito, ovviamente, va a chi ci sceglie.
Siamo onorati, da parecchi anni, cosa che accade tuttora, dalla militanza, in UPAS, di molte Guest e le continueremo ad avere. Le accogliamo così come farebbe un bravo padrone di casa che si sente di condividere, insieme agli altri, l’ingresso di nuovi personaggi e di nuovi Professionisti.
Laddove non… scatta questo coinvolgimento emotivo ed affettivo con le persone c’è, però, sempre l’educazione, il rispetto e la civiltà, a differenza, forse, di altri probabili luoghi lavorativi.
Un Posto al Sole, per me, è fondamentale, ma non prioritario, così come non potrebbe esserlo nessun altro lavoro, dato che è la Vita ad avere la precedenza su tutto il resto.
Però è anche vero che da 15 anni e mezzo fa parte della mia vita e della mia Famiglia visto che… “UPAS vuol dire anche… Famiglia!”
Perciò fui orgoglioso quando, finalmente, anni fa, ingaggiato per un’altra fiction, la Produzione scrisse che era a conoscenza del mio attuale impegno e riconosceva il “diritto di prima chiamata ad UPAS: non si era mai verificato prima.Naturalmente UPAS è e sarà sempre nel mio cuore e anche se un giorno non vi dovessi più lavorare e mi chiedessero di partecipare per un breve periodo non saprei e non potrei comunque dire di no.
Il tuo personaggio è eclettico tanto da passare da momenti di umanità e sensibilità acuta ad altri in cui è cattivo e spregiudicato, il che implica una capacità di recitazione che solo un vero Artista è in grado di avere. In questi 15 anni qual è stata la scena più difficile che hai girato, quale la più divertente o di cui conservi un ricordo affettivo maggiore?
Ti ringrazio ma non mi ritengo un vero Artista, soltanto una persona fortunata che, grazie alla scrittura su questo personaggio, ha l’opportunità di esplorare e sperimentare vari stati d’animo e diverse situazioni emotive che sono poi il colore di Roberto Ferri.
Nel corso del tempo, la credibilità del faccendiere, dell’imprenditore con i nervi d’acciaio viene messa a dura prova sotto l’effetto dell’alcol, di un nervosismo, di una situazione che lo sta pressando, di un pensiero che lo…assilla. Anche IL cattivo ha attimi di cedimento che riescono a scalfire il suo cuore duro e ad intenerirlo. È un ruolo complesso e proprio per questo stimolante da un punto di vista interpretativo: non smetto mai di studiare, per fortuna!Le scene più difficili che ho girato sono state quelle dopo la sparizione di Filippo. Il dover infliggere alla moglie, Carmen Catalano, la bravissima Serena Rossi, vessazioni, prigionia, maniacalità, iper-protezione che poi è diventata rapimento e segregazione, ma, ovviamente, venivo da una serie di sollecitazioni che erano state l’uscita di scena di Eleonora Palladini, interpretata dall’ottima Hélèn Nardini. La morte del suo personaggio ha creato una lacerazione vera in me, dato che lavoravo molto bene con lei.
Le scene di cui conservo un ricordo affettivo maggiore, sicuramente, sono quelle di tutto il periodo in cui Ferri perde la memoria. Come Roberto non avevo più autorità ed autorevolezza, ero bonario, piuttosto esitante, vestito in maniera diversa e dimessa.
Qualche Collega, ignorando le vicissitudini del mio personaggio, non sapeva cosa gli stesse accadendo, vedeva solo l’improvvisa trasformazione e, soprattutto Marzio Honorato, mi guardava sorpreso e stupito per il mio differente modo di recitare, muovermi, parlare.
Il passare da quell’alterigia e austerità che il mio ruolo conferiva anche al suo intorno lavorativo, ad un Ferri così insolito, che interagiva in modo disponibile con gli altri, generava, inevitabilmente, curiosità e ilarità. Scoppiavamo tutti a ridere ed io per primo.
Anche con la ricomparsa di Filippo, dato per morto, c’è stata una certa difficoltà. Lì mi posi il problema di come girare la scena e optammo insieme al regista, Stefano Amatucci, per una sorta di imbambolamento, di svenimento, quasi come se stesse sognando o vedendo veramente un fantasma.
Da parte di Roberto, infatti, non erano plausibili né un pianto dirotto né una disperazione eccessiva.
È nostro dovere cercare sempre, sia come scrittura che come interpretazione, la coerenza e la congruità in modo da apparire verosimili, altrimenti non restituiremmo emozioni allo spettatore tanto da farlo identificare con noi.In un’altra occasione fu Nina Soldano che, con grande bravura ed intuito, mi fece cambiare il finale di una scena.
Dopo il salvataggio dal tentato suicidio a Taurasi, Marina informa Ferri che stanno vendendo la casa dove aveva abitato Eleonora; allora lui, finalmente, si scuote e torna alla vita.
La scena, in origine, doveva essere piuttosto cinica, prevedeva un brusco allontanamento di Ferri che, tornato spregiudicato, con tono sprezzante, chiedeva alla Giordano le chiavi dell’auto dicendole di fare ciò che voleva, ma lui se ne andava. Nina Soldano fu così sorprendentemente toccante che io stesso, come Riccardo, mi commossi, e quando mi allontanai come personaggio fu con un atteggiamento più di rimpianto che di cinismo. Probabilmente, questo sentimento deve essere passato anche alla scrittura e alla visione, perché poi è diventata la cifra stilistica che ha caratterizzato i nostri Rapporti come Personaggi nel successivo immediato futuro.
Hai conosciuto l’eccelso Ivo Garrani nella prima lunga serialità cui hai partecipato, “Camilla, parlami d’amore”, e lo hai rincontrato con piacere in UPAS. Un ricordo di lui da un punto di vista professionale ed personale.
La presentazione ufficiale con Ivo Garrani avvenne appunto in occasione di questa prima lunga serialità intitolata “Senza fine”, ribattezzata poi “Camilla, parlami d’amore”, in onda su Rete 4 con un regista unico, Carlo Nistri. Lì conobbi anche Vanessa Gravina con cui poi, insieme ad Edoardo Siravo, ho lavorato lo scorso anno in teatro nella pièce “Nina”.
Ivo Garrani era però amico e collega dei miei docenti della scuola di teatro e mi parlavano spesso di Lui. La mia infanzia e la mia maturità sono state accompagnate da molti lavori in cui era presente questo straordinario Artista, così come Nando Gazzolo, Arnoldo Foà, Paolo Stoppa, Rina Morelli, Salvo Randone, Gianni Santuccio, Ferruccio De Ceresa e Tutti i Grandi nomi del Teatro, faremmo notte a citarli tutti, che hanno fatto la storia dello Spettacolo Italiano. Poi lo incontrai nuovamente nella serialità a cui UPAS prese il posto, ovvero “In nome della famiglia”, dove invece conobbi Nina Soldano.
Quando entrai in UPAS già da circa un anno interpretava Costantino Poggi, il padre di Renato.
Il ricordo che ho di lui è quello di un Grande Professionista, sempre critico, con le battute a memoria, preparatissimo. La grande preparazione è il segreto per poter suonare al meglio il proprio strumento perché se ne sono esplorate le sfumature e si è, quindi, già creata una selezione sulla performance, sul tipo di calibro da trovare.L’unica cosa che patisco della televisione, ammesso, ovviamente, si abbia più tempo, è la possibilità sul luogo in cui incontri il Regista, i Colleghi e Tutto lo Staff Tecnico di provare di più.
Il teatro, in questo, è facilitante perché anche lo spettacolo con meno risorse economiche può essere allestito in venti/trenta giorni di “Prove”. Quando poi c’erano le meravigliose tournée che duravano un bel po’ si rodava e si oliava la macchina e si andava avanti per sei, sette mesi.
Da un Professionista come Ivo Garrani e da tutta la sua generazione ho appreso questa grande scrupolosità, il rispetto per l’Autore e, quindi, rispetto anche nei confronti della Scrittura, troppo spesso mutilata, ma, dietro questa austerità, ho scoperto una persona divertente, ironica che aveva un Mondo di interessanti Aneddoti da raccontare.Un Grande Professionista, un Grande Attore, un Grande Uomo, perché solo un Grande può aver cavalcato la Radio, il Cinema del Dopoguerra, il Doppiaggio, il Teatro, la Televisione, dalla sua nascita, la Fiction fino alle lavorazioni televisive seriali.
È stato veramente un Grande, purtroppo poco celebrato e poco ricordato, ma quelli come me, e siamo tanti, e soprattutto un certo tipo di pubblico, non lo dimenticano.
Autore Lorenza Iuliano
Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.