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Agorà, l’omaggio di Amenabar al libero pensiero laico

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Agorà


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Il film che in Italia non volevano far vedere

Quando un film non trova distribuzione è sempre un peccato perché un’opera artistica per essere giudicata andrebbe vista e, per essere vista, è necessario venga divulgata e, nel caso di una pellicola, significa far sì che arrivi nelle sale.

Esistono opere di esordienti che vengono girate ma non ritenute commerciabili e quindi mai distribuite, ma esistono anche film che vengono visti in tutto il mondo tranne che in un dato paese per censure politiche come quelle delle dittature, censure religiose come nelle teocrazie, ma a volte basta l’ostracismo di poteri forti, anzi fortissimi, che reputano scomodo l’argomento trattato e quindi creano il vuoto a livello commerciale attorno al prodotto artistico in questione.

Il film di Alejandro Amenabar, Agorà, è uscito nelle sale cinematografiche di tutto il mondo nel 2009, ma in Italia solo dopo due anni di petizioni e battaglie ha trovato un distributore, la Mikado, che si è assunto l’onere economico e la responsabilità morale di farlo vedere al pubblico del Belpaese. Ma perché il film di uno dei registi più apprezzati della cinematografia moderna ha trovato tante difficoltà ad arrivare in Italia?

La storia di Ipazia raccontata per il grande schermo

La storia raccontata è quella della filosofa, matematica ed astronoma Ipazia; siamo nel IV secolo dopo Cristo e con l’avvento al potere dell’imperatore Teodosio i divieti nei confronti delle religioni monoteiste, su tutte quella cristiana, vengono eliminati dando simbolicamente accesso all’Agorà a qualsiasi tipo di credente.

Alessandria d’Egitto, a quel tempo, era un vero e proprio santuario della scienza e della cultura grazie al suo Serapeo, la Biblioteca in cui venivano custoditi testi filosofici e scientifici dell’antichità.

Figlia del direttore del Serapeo è Ipazia, la cui missione è insegnare ai giovani tutti, senza distinzione di appartenenza sociale o religiosa, i fondamenti filosofici e iniziarli alla conoscenza dell’astronomia. Alla donna è stato inculcato fin da piccola il culto della scienza che l’ha resa indipendente e lontana da qualsiasi forma di devozione teologica; se per il paganesimo questa condizione femminile di sapienza e indipendenza è sempre andata bene, per la religione cristiana pare essere intollerabile che una donna possa discutere con gli uomini al pari livello e addirittura porre questioni sulla vita sociale e divulgare insegnamenti filosofici e astronomici, oltretutto considerandosi non credente.

Nel frattempo all’Agorà cominciano i confronti tra pagani e cristiani non limitandosi a scontri concettuali. La situazione ad Alessandria precipita quando il numero di cristiani sale vertiginosamente, vuoi per il diffondersi della parola di Gesù Cristo tra gli umili e gli schiavi, vuoi perché alcuni pagani, compresi i senatori, hanno deciso di convertirsi per compiacere l’imperatore; e i Parabolani, che dovrebbero essere divulgatori della Bibbia, cominciano ad usare violenza verso i non cristiani per sottometterli al loro credo o, nel caso dei giudei, per soggiogare e cacciare dal paese quelli che considerano gli assassini del loro Dio.

Dopo la presa e la conseguente distruzione del Serapeo da parte dei cristiani non solo vengono puniti quelli che rifiutano la conversione ma si costringe gli stessi credenti moderati ad accettare l’imposizione di regole integraliste, quali la sottomissione della donna, conseguenti ad una rilettura quanto mai ambigua della parola di Dio; nell’impossibilità di rinnegare la sua scienza e la sua indipendenza, convinta nel confermare come unico suo credo la filosofia, Ipazia verrà uccisa dai Parabolani dopo essere stata additata come strega e puttana.

Un kolossal cinematografico come inno del libero pensiero laico

Non è difficile scoprire il motivo per cui i cattolici italiani, sostenuti dal clero vaticano, hanno osteggiato l’uscita del film e invitato a boicottarlo una volta arrivato nelle sale, ovviamente come una meteora per meno di dieci giorni: i cristiani rappresentati nella storia in questione vengono dipinti come fondamentalisti che da vittime si trasformano in carnefici che non accettano l’ateismo o una religione diversa dalla loro; eppure è un dato storico, una situazione venutasi realmente a creare in quel passaggio di poteri all’imperatore cristiano Teodosio che inizialmente era riuscito a ristabilire un’uguaglianza tale da far uscire dalla clandestinità e dall’illegalità tutti i credenti in religioni monoteiste.

Una volta scoperta la ragione che rende indigesto Agorà ad una parte di cattolici, resta comunque incomprensibile l’ostracismo perpetrato per far si che addirittura fosse impedita la distribuzione del film: comportamenti come questo non hanno senso sia perché non è evitando che li si racconti al cinema che si possono tener nascosti determinati avvenimenti storici, seppur oscuri e scomodi, e poi perché non penso che chi vedrà il film cambierà la propria opinione sul cristianesimo, ma avrà materiale per riflettere sulla storia di questa religione e per farsi un’idea sui cambiamenti che nei secoli ci sono stati nella società e nei rapporti tra Stato e Chiesa e tra Chiesa e Scienza.

Alejandro Amenabar è uno dei registi più interessanti e originali della cinematografia recente: gli esordi indipendenti con Tesis e Apri gli occhi sono state vere e proprie folgorazioni che dalla Spagna si sono diffuse oltreoceano facendo innamorare i produttori americani di questo cineasta, che però non ha cambiato modo di fare cinema nonostante le aspettative e gli investimenti avessero aumentato le sue responsabilità; e così dal cilindro ha tirato fuori un thriller atipico e straordinario come The others con una star come Nicole Kidman totalmente al servizio di una pellicola impressionante.

Se potevano esserci ancora dubbi su Amenabar il ritorno in patria avvenuto con Mare dentro ha convinto anche i più scettici della bravura di questo regista giunto alla consacrazione trattando un argomento scottante come l’eutanasia, e vincendo l’Oscar come miglior film straniero.

Con Agorà ha cambiato ancora genere, raccontando un periodo storico spinoso e controverso e mettendosi per la prima volta alla prova con una messinscena imperiosa ricostruendo sulle spiagge di Malta la città di Alessandria: ripagato in pieno dalla scelta come protagonista di Rachel Weisz che interpreta Ipazia con grazia e fiera tenacia, Amenabar rende simboliche molte delle scene e il modo di riprenderle, si sofferma sui concetti espressi da ognuno dei personaggi non tralasciando le sensazioni nascoste e le sofferenze esibite per colpa delle violenze fisiche e morali.

Agorà è un film sontuoso, un kolossal la cui forza sta nella morale: la storia di Ipazia è una lezione di tolleranza per la società contemporanea che, attraverso il passato, può imparare a non ripetere gli stessi errori e a ricercare un’evoluzione costante per il vivere civile tra persone che non la pensano allo stesso modo e non per questo devono vedere nell’altro un pericolo per la propria esistenza.

Autore Paco De Renzis

Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.