Dal 10 febbraio nelle sale della Campania ‘Agalma’ di Doriana Monaco
Dopo un lungo percorso di proiezioni e presentazioni in festival cinematografici nazionali e internazionali – Venezia, Minneapolis, Parigi, Tirana, Sao Paulo, tra gli altri – esce al cinema in Campania ‘Agalma – vita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli’ di Doriana Monaco con le voci narranti di Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni.
‘Agalma’ racconta la ‘vita segreta’ del grande edificio borbonico che ospita il Museo, custode dei tesori di Pompei ed Ercolano, della Magna Grecia e di molto altro: quotidianamente giungono visitatori da ogni parte del mondo, popolando quelle sale in cui, a Museo chiuso, le innumerevoli statue paiono prendere vita.
La regista Doriana Monaco, beneventana classe 1989 proviene da FILMaP – l’Atelier del cinema del reale in Ponticelli diretto da Leonardo Di Costanzo.
Il film è distribuito da Parallelo 41 con il contributo del Piano Cinema Regione Campania ed inizia così il suo percorso nelle sale dopo il non facile periodo dovuto alla pandemia con l’obiettivo di altre uscite nazionali: sarà intanto in programma dal 10 al 13 febbraio al Vittoria di Napoli, ore 16:00, dal 14 al 16 febbraio, ore 18:00,al Teatro Ricciardi di Capua (CE), dal 17 al 20 e dal 23 al 27 febbraio al Multicinema Duel di Caserta.
Giovedì 10, alla prima proiezione napoletana, interverranno la regista e il direttore del MANN, Paolo Giulierini.
L’ingresso al cinema Vittoria fino a domenica sarà scontato, €5,00, per tutti gli abbonati del MANNe per i possessori di un biglietto del Museo.
Prodotta da Antonella Di Nocera – Parallelo 41 Produzioni – e Lorenzo Cioffi – Ladoc – con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, l’opera è realizzata con il contributo di Regione Campania e la collaborazione di Film Commission Regione Campania.
Agalma – vita al Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Nell’illusoria immobilità del grande edificio borbonico che ospita il Museo Archeologico Nazionale, un vortice di attività offre nuovo respiro a statue, affreschi, mosaici e reperti di varia natura. Il film osserva ciò che accade ogni giorno negli ambienti del museo, soffermandosi sulla quotidianità dei lavoratori, alle prese con interventi delicatissimi che necessitano di cura e tempo, e manutenzione costante. Le opere che vivono e vibrano da secoli sono monitorate come corpi viventi.
Tutto ciò accade mentre giungono visitatori da ogni parte del mondo, popolando le numerose sale espositive sotto l’occhio apparentemente impassibile delle opere che sono protagoniste e spettatrici a loro volta del grande lavorio umano.
Tutto fa emergere il museo come grande organismo produttivo, che rivela la sua natura di cantiere materiale e intellettuale.
‘Agalma’ – dal greco ‘statua’, ‘immagine’ – coglie la bellezza del Museo non solo nellevidenza dei suoi incantevoli tesori di arte classica, ma anche nelle relazioni intime e invisibili che si realizzano al suo interno: il rapporto segreto e sempre nuovo che nasce tra i visitatori e le meraviglie dell’antichità greco-romana; il respiro appassionato di chi pianifica ogni giorno la vita del museo.
La regista Doriana Monaco e il suo ‘Agalma’
Prima di varcare la soglia del Museo archeologico avevo individuato come centro della mia ricerca la natura frammentaria delle opere classiche e, di conseguenza, del mondo antico.
Il film nasceva con l’intento di avvicinarmi il più possibile a quel mondo e a quelle opere, ponendo l’accento sul fatto che si trattasse per lo più di reperti ‘riemersi in superficie’, quasi mai integri, che nel corso dei secoli hanno subito continue metamorfosi fisiche e interpretative anche attraverso l’azione del restauro.
Il punto di partenza è stato dunque rendere visibili questi frammenti su corpi di statue, ceramiche, affreschi e mosaici.
Superfici irregolari, crepe, corrosioni, pezzi mancanti sono diventati segni specifici della narrazione. Con mia sorpresa quando sono approdata al museo lo scenario era tutt’altro che immobile, in virtù dei numerosi cambiamenti in corso che mi hanno catapultato in un universo dinamico.
Seguire la vita del museo per quasi tre anni mi ha dato l’opportunità di scoprire un universo altrimenti inaccessibile – penso al mondo sommerso dei depositi – e filmare momenti memorabili come lo spostamento della scultura dell’Atlante Farnese, il ritorno della statua di Zeus dal Getty Museum o l’allestimento della mostra sulla Magna Grecia nelle sale con i pavimenti costituiti dai mosaici di Pompei.
L’archeologia come materia viva, dunque, ecco uno dei temi del film. La necessità era quella di trovare una chiave che sovrapponesse lo sguardo archeologico a quello cinematografico, depurandolo dall’elemento divulgativo che spesso accompagna i documentari archeologici per affidare il più possibile il racconto a trame visive.
Un’altra traccia di riferimento è stata un fotogramma del film Viaggio in Italia di Roberto Rossellini in cui la protagonista Katherine, interpretata da Ingrid Bergman, si ritrova al cospetto della scultura colossale dell’Ercole Farnese.
La visita di Katherine/Bergman all’interno del Museo archeologico avviene, per usare le parole di Giuliana Bruno nel suo Atlante delle emozioni, “attraverso un contatto viscerale, quasi fisico, con sculture che arrivano a turbare il suo animo”.
A quello sguardo ho affidato il simbolo del percorso di scoperta e iniziazione. Ed è in qualche modo ciò che vorrei che lo spettatore provasse entrando in relazione con questi oggetti tramite “uno sguardo che si fa contatto”, vederli il più vicino possibile.
Un’ulteriore stratificazione è conferita dal testo in voice over che attraversa il film, costruito sul racconto in prima persona di alcune opere del museo, letto da Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni.
Nel mondo antico era consuetudine che le statue recassero iscrizioni in prima persona, di modo che fosse l’opera stessa a dire da chi era stata realizzata e per quale ragione. Ho mutuato così il linguaggio archeologico della descrizione dell’opera rielaborandolo a favore del racconto.
Zeus ci parla di un ritrovamento, Atlante di una metamorfosi, Hermes della sua condizione di frammento, le danzatrici del mito che si mette in scena, mentre i Tirannicidi sono spettatori a loro volta delle vicissitudini umane che si agitano nel museo.
‘Agalma’ è la relazione tra l’opera e chi la osserva e ne è osservato. Lo sguardo della statua diviene luogo di possibilità interpretative, punti di vista e nuove visioni che si riflettono nello sguardo del visitatore a sua volta intercettato dal cineocchio, rievocando il ruolo performativo che la cultura greco-romana riconosceva alle immagini.
Le parole dei produttori sull’idea e la realizzazione del progetto
‘Agalma’ è un documentario di osservazione e creazione che racconta dall’interno uno dei più importanti musei archeologici al mondo: il Museo archeologico nazionale di Napoli, luogo in continua tensione tra l’incanto del passato e le passioni del presente.
È stato un percorso di elaborazione lungo, partito con lo sviluppo concepito grazie al laboratorio FilmaP – Atelier di cinema del reale e continuato con un lavoro di studio e ricerca che ha previsto interviste, sopralluoghi, relazioni con le persone e con gli spazi oggetto del film.
La scrittura è proseguita durante le stesse riprese, i personaggi incontrati sul campo sono diventati soggetti del percorso narrativo, in relazione al momento e allo sviluppo della storia.
Questo processo ha consentito alla troupe minima – regista, aiuto, fonico – di instaurare una relazione intima con il museo fino, si può dire, a diventarne parte. Esito di questo lavoro è il Museo archeologico di Napoli come non l’abbiamo mai visto.
‘Agalma’ entra nel Mann per rivelarne, per la prima volta, la vita nel suo farsi, applicando un rigore estetico non comune nel cinema documentario. Si tratta di una proposta di sguardo unica che poteva nascere solo da occhi curiosi.
Artefice di ‘Agalma’ è non a caso un gruppo di lavoro giovane e appassionato, guidato da una regista esordiente, la beneventana Doriana Monaco, e seguito da una compagine produttiva solida formata da Parallelo 41 di Antonella Di Nocera – ‘Le cose belle’, ‘Il segreto’, ‘Rosa pietra stella’ – e da Ladoc di Lorenzo Cioffi – ‘Napolislam’, ‘La natura delle cose’, ‘La nostra strada’ -, specializzate nei contenuti indipendenti nel cinema del reale promuovendo giovani talenti.
‘Agalma’ è realizzato con il contributo della Regione Campania e in collaborazione con il Museo Archeologico di Napoli, sotto la guida di Paolo Giulierini, che ha mostrato da subito fiducia nel progetto e lo ha sostenuto garantendo alla troupe accesso totale al museo.
In questo senso, il film rappresenta un cerchio che si chiude perché unisce una produzione che è espressione del territorio con forti legami internazionali, il contributo della legge cinema regionale, la crescita e promozione dei talenti locali e la valorizzazione di un luogo fiore all’occhiello dell’offerta culturale campana.
Da quando abbiamo iniziato a girare, agli inizi del 2018, con la nomina del nuovo direttore, il MANN sta attraversando una fase di rinnovamento non solo nel restauro e nella riorganizzazione, ma anche nella costruzione di un nuovo modello di gestione, con l’idea del museo come un corpo vivente in tutte le sue forme e attività.
Ciò ha significato il confronto continuo, quasi quotidiano, con nuove prospettive di narrazione del film: i frammenti sono divenuti frammenti viventi più del previsto e hanno guidato l’immaginario per la crescita del film. Prova ne è la straordinaria riapertura della sezione Magna Grecia, avvenuta “sotto i nostri occhi” proprio nel luglio 2019, che si è fatta spazio nel racconto filmico.
Antonella Di Nocera e Lorenzo Cioffi
Il Direttore del MANN Paolo Giulierini parla di ‘Agalma’
Questo progetto mi ha subito entusiasmato. Chi lo ha realizzato ha vissuto questi straordinari anni al Mann dall’interno, con noi. Il lavoro è stato lungo, scrupoloso, e potrei dire assolutamente inedito dal punto di vista della narrazione.
Ed è per questo che abbiamo deciso non solo di aprire le porte del Museo ma anche di sostenere questa produzione e di accompagnarne il percorso.
Con ‘Agalma’ proviamo a raccontarci attraverso uno sguardo giovane ed entusiasta. Con l’ambizione di una operazione culturale di respiro internazionale
Autore Paco De Renzis
Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.