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Addio Europa

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Addio Europa


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Non ci sarà pace in Europa finché gli stati continueranno a basarsi sulle rispettive sovranità nazionali.
Jean Monnet

Il mondo sta crollando, forse si rialzerà, ma nulla sarà uguale a prima; è delirante tra guerre e pandemie, mentre il suo più ‘antico continente’ scivola in un nuovo oblio.

In un periodo di grande confusione e incertezza, il Vecchio Continente si trova al centro di molte e gravi turbolenze su vari fronti. Non ci resta che provare a costruire qualcosa di nuovo. Dobbiamo ripensare all’Europa.

Siamo i primi europei posti davanti all’obbligo di riconsiderare interamente la nostra identità attraverso un ritorno alle nostre fonti più autentiche. È un’Antichità vivente, che abbiamo il compito di reinventare. Un mito creatore.

Questo non può avvenire soltanto con scritti e parole. Lo sforzo intenso di rifondare deve essere reso autentico da atti che abbiano un valore sacrificale e fondatore.

Si esiste e si trasmette nella vita come nella morte. Bisogna essere anti-universalista perché il cosmopolitismo delle società consumistiche vuole dire annientare le altre culture e le altre civiltà in favore di una pretesa cultura mondiale dei diritti dell’uomo, che sono solo i diritti del mercato; e perché imprigionagli occidentali in un etnocentrismo negante le altre culture.

Dominique Venner è stato uno scrittore, uno storico e un uomo di destra, della destra francese, che non è uguale a quella italiana. L’ex combattente d’Algeria, poi cospiratore antigollista e agitatore politico, trasformatosi, infine, in storico militante, ha delineato, con piglio, le vicende della nostra vecchia Europa. Non si è mai accontento, però, di una scontata versione cronologica di fatti più o meno noti.

Egli si prefisso di farci uscire dall’impasse odierno, che ci ha portati fuori dalla Storia. Di conseguenza, il nucleo della sua analisi si è appuntato su un certo modo di vedere il mondo, quel politicamente corretto che è l’antitesi della solarità espressa in passato dall’Europa ancestrale, omerica, romana, cavalleresca.

A darcene conto basta questo passo incendiario:

Concentrando tutto il sacro in un solo Dio esteriore alla creazione, perseguitando gli antichi culti reputati idolatri, il cristianesimo fece dell’antica Europa una tabula rasa.

Preparata dalla desacralizzazione cristiana della natura, veniva aperta la strada alla ragione calcolatrice, alla volontà di potenza delle scienze e della tecnica, alla religione del Progresso, sostituto profano della Provvidenza.

Nel cuore degli uomini come lui c’è sempre stata l’Europa: l’Europa come creazione unica e irripetibile dell’uomo, fondata sul cristianesimo, sul diritto romano e sulla forza delle stirpi germaniche. Lo prendo ad esempio perché fu un visionario del suo tempo: un pensatore che anticipò di molto la straziante fine del nostro Occidente.

Gli uomini come Venner hanno assistito, negli ultimi decenni, allo sgretolarsi dei fondamenti culturali, sociali, etnici e antropologici di questo miracolo che era l’Europa.

Fu lui a rintracciare nel genius loci del continente anche una predisposizione prometeica innata di chi

cammina sulle orme dei suoi antenati greci che, aprendo la via del pensiero razionale, avevano permesso all’uomo di affrancarsi dalle superstizioni e di prendere possesso del mondo attraverso la conoscenza delle sue leggi

(…) Se l’Europa è la patria degli scienziati, degli esploratori e dei costruttori, è pur sempre anche quella degli artisti, dei poeti e dei santi.

La particolarità dell’Europa è di non aver mai opposto il pensiero all’azione.

Insegnamento da tenere a mente, perché a negare il valore della conoscenza scientifica si rischia di ritrovarsi monchi di un elemento imprescindibile di ciò che ci è stato tramandato e di dare adito a potenziali degenerazioni, che nulla hanno a che vedere con l’eredità di europei che avremmo il dovere di far vivere in ciascuno di noi.

Inoltre, l’Europa, nella sua unità, ha gettato la palla agli Stati nazionali e  l’europeismo si è affidato al nazionalismo.

Perché la costruzione politica europea si è inceppata sulle sue contraddizioni irrisolte: sul dogma neoliberista della cosiddetta concorrenza non falsata, che ha esaltato l’antagonismo permanente degli interessi e ha rinsaldato le posizioni dominanti, con enormi costi sociali; sulla divisione dei poteri tra istituti comunitari e Stati membri, che ha consentito a ciascuna parte di invocare la propria irresponsabilità e ha scatenato, al tempo stesso, reazioni, appunto, nazionalistiche; sulla questione delle frontiere esterne, già rese fluide dalla compresenza di organismi e aree che includono alcuni Stati e non altri, dallo spazio Schengen all’eurozona e adesso diventate il luogo dell’impossibile demarcazione tra Nord e Sud, dove si decidono le sorti di masse crescenti di migranti, esseri umani senza Stato che reclamano il loro ‘diritto ad avere dei diritti’.

Sembra che all’Europa resti soltanto uno pseudo-federalismo oligarchico e una moneta unica strumento dei mercati finanziari, mentre dovunque riprendono vigore un malinteso sovranismo e chiusure identitarie a tinte populiste e xenofobe.

Vi è, va detto anche, un radicale cambiamento nella composizione etnica, culturale e religiosa dell’Europa che l’immigrazione già comporta e può, a maggior ragione, comportare in futuro.

Secondo cifre al riguardo che emergono da seri studi, come quello, fonte il Guardian, condotto in Svezia, secondo il quale la percentuale della popolazione musulmana nel 2050 salirebbe in quel Paese all’11% se l’immigrazione cessasse oggi del tutto, al 21% se registrasse un afflusso regolare e al 31% se continuasse al ritmo attuale.

Inoltre, il naufragio del multiculturalismo, solennemente annunciato dalle parole stesse di Angela Merkel:

Il tentativo di costruire una società multiculturale e di vivere fianco a fianco in armonia è fallito, miseramente fallito.

Infine, l’illusione, coltivata soprattutto dalle élite liberali, di affidare l’integrazione a quella che si definisce cieca fede nella «società dei consumi» e che sarebbe forse più opportuno chiamare cieca fede nel libero mercato è letteralmente stata un suicidio.

Una risposta alla crisi delle democrazie liberali, che l’immigrazione e il fallimento del multiculturalismo svelano, è quella che caratterizza l’intera ondata neocon che attraversa l’Europa odierna e che accomuna conservatori atei come lui e conservatori credenti: recuperare le radici cristiane del nostro continente.

Per chi non soltanto non nega, ma trova un bene prezioso la fusione di popoli e genti diverse questa risposta, tuttavia, non può che erigere nuove barriere e rivelarsi così ugualmente illusoria.

È chiaro, però, che la battaglia contro la possibile barbarie in agguato non può riposare sulla cieca fede nell’avanzata inarrestabile del progresso umano, ma esige la ricerca di una nuova civiltà e di un rinnovato senso della comunità umana.

Oggi più che mai l’idea di un’Europa unita non appare avere alcuna consistenza. Una coesione politica obbedisce a ben altre leggi che a quella della circolazione delle merci, attività considerata nell’intenzione dei cosiddetti padri fondatori come il primo passo per la costruzione dell’Europa politica.

L’Europa, mancando di una forza o di un’idea ispiratrice, è oggi un corpo senza anima, una carrozzeria senza motore, una carrozza senza cocchiere con la frusta.

Il fatto è che l’idea di Europa sembra accamparsi sotto la bandiera di una inafferrabile vaghezza: un ideale, un sogno, un’estensione di territori estensibili a non finire. Fuori dalla storia, l’Europa semplicemente non esiste.

La vecchia Europa: non rivivrà più. Ma La nuova Europa avrà più possibilità?
François René de Chateaubriand

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.