Il pianista e compositore campano ci racconta lo spettacolo in tournée dall’ottobre 2018 con il cantante lirico ed attore brillante Luca De Lorenzo
Il 19 gennaio, ore 18:00, presso il Cinema Teatro Posillipo di Napoli andrà in scena l’originale spettacolo ‘A ciascuno il duo’, uno show musicale comico che ripercorre la storia della musica del passato, riarrangiando arie celebri secondo il gusto del groove, una burla educata tra aneddoti biografici e cenni storico – musicali.
Protagonisti il pianista e compositore Ivan Dalia e il cantante lirico ed attore brillante Luca De Lorenzo, arcinoti al pubblico televisivo per la loro partecipazione, rispettivamente, a Italia’s got Talent 2016 e Be Quiet, talent show di Rai2.
Il duo, che vanta un curriculum di tutto rispetto e studi classici al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, si ritrova sul palco per un’esibizione che punta tutto sull’ironia per divulgare la lirica in modo nuovo e fruibile per le masse, interagendo con il pubblico che diventa così parte attiva della rappresentazione.
Un’operazione intelligente, a scopo ludico e formativo, per guardare da un’ottica insolita i capolavori dei geniali compositori dei secoli scorsi e raccontarli a chi, in genere, sa poco o niente del Belcanto.
Incuriositi da questa formula così particolare e soprattutto dal commento entusiasta di un premurosissimo amico, un Artista immenso che li ha definiti straordinari, decidiamo di approfondire contattando Ivan Dalia, diplomato in pianoforte nel 2011 e in composizione nel 2016, con il massimo dei voti, con significative esperienze all’estero, soprattutto Europa e USA.
Una lunga telefonata, la nostra, interrotta più volte da risate e considerazioni personali autoironiche, che vanno oltre l’intervista in senso stretto, alla fine della quale permane una sensazione piacevolissima, quella che si ha solo dopo aver parlato con menti geniali che, nonostante i successi oltreoceano, restano persone veraci, nel senso più nobile del termine, senza montarsi affatto la testa.
Ivan, com’è nata l’idea di ‘A ciascuno il duo’?
Quasi due anni fa fui contattato da Bologna per un concerto lirico che avrei dovuto tenere con un baritono, cosa del tutto nuova per me. Pensai subito a Luca De Lorenzo, di un anno più giovane di me, diplomato in canto lirico a San Pietro a Majella e laureato in Scenografia all’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Avevamo 40 minuti a disposizione per coprire i quali mi venne in mente di raccontare aneddoti simpatici sulla vita di grandi musicisti, intrattenendo così gli spettatori. L’esperimento funzionò e ne fummo talmente soddisfatti da decidere di perfezionalo fino a farlo diventare quello che è adesso: carino, frizzante, leggero. Il senso è raccontare l’opera come se fosse una lezione, ma non in modo didattico, piuttosto ironico e simpatico.
Siamo molto contenti dei risultati che stiamo ottenendo. Il nostro è un modo diverso di rappresentare l’opera così che sia più fruibile per chi non ascolta la musica classica. La nostra conquista è appunto far avvicinare il pubblico più restio, quello non di nicchia, chi normalmente non segue questo genere. Il nostro target è misto, ci sono sia giovani più alternativi che adulti dalla cinquantina in poi. Forse solo quando lo scorso aprile ci siamo esibiti al Cimarosa di Aversa (CE) c’erano davvero cultori di lirica.
Il programma dello spettacolo è variegato: ‘Le femmine d’Italia’ da ‘Italiana in Algeri’ e ‘Miei rampolli femminini’ dalla ‘Cenerentola’ di Rossini; ‘Sempre in contrasti’ dalla ‘Serva padrona’ di Pergolesi; ‘Serenata di Pulcinella’ di Cimarosa; ‘L’aria del pediluvio’ dal ‘Cappello di paglia di Firenze’ di Nino Rota. Poi farò dei pezzi da solo, delle danze riarrangiate sempre tratte dalle opere liriche: ‘Intermezzo di cavalleria rusticana’ di Pietro Mascagni, ‘La danza delle ore’ di Amilcare Ponchielli e ‘Bolero’ dalla ‘Carmen’ di Bizet.
Il prossimo appuntamento sarà il 19 gennaio al Cinema Teatro Posillipo, un posto bellissimo con organizzazione impeccabile.
Mi parli del tuo sodalizio artistico con Luca De Lorenzo?
Veniamo da due mondi uguali, dato che abbiamo studiato la musica classica, ma anche diversi, lavorativi ed esperienziali. Mentre io ho proseguito con jazz ed altra musica, lui continua a cantare l’opera lirica. Due universi che si incontrano e si scontrano ed è proprio quello che serve per dar vita al nostro racconto, teatrale, a tratti surreale, simpatico, comico, desacralizzando l’arte perché, in genere, io mi muovo sempre con un piede nell’ironia, che ritengo una buona chiave per affrontare anche il quotidiano.
Le persone prendono spesso tutto troppo sul serio, quando, invece, l’unica cosa seria è la morte e tutto rapportato ad essa va ridimensionato.
Il fatto di aver entrambi partecipato a talent show televisivi può influenzare il pubblico ad approcciarsi alla lirica, abbattendo così le barriere?
Un pochino sì, ma non è detto che chi ci segue in TV o su YouTube poi sia veramente interessato a vederci dal vivo. È sempre un dilemma per me, non riesco mai a capire bene le logiche che determinano il consenso sul web, come mai in tanti ci seguano sui social complimentandosi con noi, senza però non venire ai concerti. Sono “i misteri della fede”.
Sei anche e soprattutto un improvvisatore, segui la scia del momento, restituisci alla platea le emozioni che ti dona. Come vivi l’improvvisazione e cosa significa per te?
Ho sempre improvvisato, fin da adolescente, quando mi stufavo di imparare a memoria la musica classica finivo con l’improvvisare, cosa che mi piace moltissimo.
Poi ho iniziato a farlo anche dal vivo e, alla fine, è diventata un’abitudine, forse proprio per il fatto che si tratta di un elemento che ormai fa parte di me.
Con il tempo mi sono allontanato dalla musica classica, questo, infatti è l’unico progetto che porto avanti che la riguarda, mi sono dedicato alla tradizionale, etnica, new jazz, funk, reggae; di tutto insomma.
E, soprattutto, scrivo musica, che per me è la cosa più importante.
Il processo è stato appunto prima il piano, poi l’improvvisazione e, infine, la scrittura.
Adesso a cosa ti stai dedicando?
Sto appunto partecipando ad un po’ di concorsi internazionali di scrittura, tra cui il PRYO International Composition Contest di Seattle dove sono arrivato terzo, e ora sto scrivendo un quartetto d’archi per prender parte ad un altro concorso. Quando scrivo musica classica contemporanea la uso proprio per partecipare ai concorsi. Ho composto anche musiche per video, cortometraggi, mediometraggi, mentre, purtroppo, ho scritto poco per il teatro, la voglia c’è, ma le cose sono sempre più complicate di quello che può sembrare. L’importante è provarci e riprovarci.
Soprattutto quando parli di improvvisazione mi dai l’impressione di utilizzare molto l’intuizione, sbaglio?
Assolutamente sì. Per l’improvvisazione ci vuole innanzitutto intuito, ma anche creatività e variazione.
Su cosa fissi la tua attenzione quando improvvisi?
Penso al tema. Bisogna improvvisare su qualcosa, altrimenti ci si perde. Stravinskij diceva di porsi tanti paletti grazie ai quali poteva poi immaginare molte cose. Per assurdo, più limiti dai ad un essere umano e più deve immaginare. Io gioco molto sul tema, che cerco di variare il più possibile. Invece, poi, ci sono dei momenti in cui suono e basta.
Per quanto riguarda questo spettacolo quanta improvvisazione c’è, se c’è?
Diciamo che c’è in metà spettacolo, sul parlato e su due arie.
Progetti futuri?
Con ‘A ciascuno il duo’ saremo di nuovo in scena il 4 febbraio a Sala Assoli a Napoli, il 7 febbraio all’Associazione Musicale Tito Gobbi di Roma, il 5 marzo al Teatro del Sale di Firenze e il 6 marzo alla Sala comunale di Chieri (TO).
Di certo poi lo porteremo a New York. Inoltre, sto lavorando su un evento a Roma con due jazzisti. Mi piace molto viaggiare, fare il mio lavoro ed è bello potermi esibire all’estero.
Quale messaggio vuoi lanciare con il tuo lavoro?
Io credo che in genere l’Arte classica non debba essere un monumento da guardare, ma un pretesto per fare altro, come avvicinare il popolo alla musica classica in modo da poter accostare più persone alla bellezza. Bisogna divulgare più la bellezza che il business, se tutto rimane sempre solo commercio, si perde l’essenza delle cose. Se ci fai caso in TV si vedono sempre o stragi e sofferenze o futilità ed idiozie, quando, invece, si dovrebbe sensibilizzare e guidare il popolo.
Mi ricordo di mia nonna, morta ultraottantenne, che pur di origini contadine, conosceva a memoria le arie più famose delle opere liriche perché negli anni trenta, in radio e in televisione, si trasmettevano programmi culturali a scopo educativo. Insomma, gente umile, con pochi soldi, che zappava la terra, ma cantava l’Aida.
Oggi, invece, con le tecnologie più evolute e gli smartphone ascoltiamo musica pessima, che magari non dovrebbe proprio essere prodotta. C’è qualcosa che non va…
Il sistema decide quello che il popolo deve pensare, io, invece, voglio fare le mie scelte in piena autonomia, usando la mia testa e vorrei che tutti facessero altrettanto. Ovviamente, per lavorare, ti devi saper adattare al mercato ed offrirgli ciò che chiede, lo faceva già a suo tempo Beethoven, ma bisogna fermarsi ad un certo punto.
Ecco, credo sia fondamentale trovarsi il proprio mondo, evitando, invece, di stare troppo nel mondo, altrimenti si diventa assuefatti.
Autore Lorenza Iuliano
Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.