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Ipocriti, imbecilli e utilitaristi

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Umberto Eco


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Una “libera” tassonomia dei difensori ad oltranza della libertà di espressione

In un precedente articolo avevamo citato una dichiarazione di Eco:

I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli.

Affermazione tacciata quantomeno di snobismo intellettuale quando è stata pronunciata, accolta con scetticismo le numerose volte che è stata citata, la nostra compresa; vuoi perché in disaccordo con l’affermazione in sé, vuoi perché se ne contesta l’uso, che secondo alcuni potrebbe andare oltre le intenzioni dello scrittore; visto che non vediamo margini per possibili decodifiche errate o aberranti preferiamo tralasciare questo ultimo ordine di critiche.

In effetti, quello che ai più sfugge è la portata sociologica del passaggio che abbiamo riportato.

Purtroppo, molti ignorano l’importante apporto che il nostro, da semiologo, ha dato agli studi nel campo delle comunicazioni di massa, tanto da diventare uno degli autori italiani più citati in assoluto dalla comunità scientifica internazionale.

Ancora purtroppo molti “imbecilli” lo ricordano per ‘Il nome della rosa’; ovviamente il film, troppo faticoso leggere il libro, e magari la stessa trasposizione cinematografica sarà sembrata noiosa.

Il riferimento era più ampio e non escludeva la diffusione delle fake news. Nella stessa lectio magistralis, tenuta in occasione del conferimento della laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” da parte dell’Università di Torino aggiunse:

La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore.
Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità.

Invitando i giornali:

a filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno.

E ancora:

I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno.

Di contro, tanti editorialisti, presunti o blasonati, ma soprattutto tanti “imbecilli”, hanno preferito ribattere sostenendo che bisogna ascoltare tutti, anche lo scemo del villaggio, che tutti possono dare un contributo, che bisognerebbe innanzitutto capire chi si possa fregiare della qualifica di intellettuale; che lo fosse Eco, non ci sembra questione da dover argomentare, anche per i motivi già addotti.

Qualcuno si spinge sino ad accuse di attentato alla libertà.

Eco non voleva cedere lo scettro di sacerdote della verità.

A pochi sarà venuto in mente che l’intenzione potesse essere proprio quella di difendere la verità.

Perché capita questo? I motivi possono essere svariati.

I detrattori possono rientrare, a nostro parere, in tassonomie ben precise; deformazione professionale, indubbiamente. Purtroppo, gli studi sociologici ci rendono naturale individuare delle categorie, che sia ben chiaro, sono ben lungi dall’essere esaustive e rappresentano comunque una semplificazione della realtà verso un idealtipo inteso nell’accezione weberiana del termine.

La prima categoria è quella degli ipocriti, costituita da coloro che hanno posizione “falsa” rispetto alla libertà, da difendere in modo indistinto, senza nessun tipo di riflessione, che tacciano, appunto di snobismo chi si azzarda a sostenere che i pareri competenti valgano più di quelli di un analfabeta funzionale. Che possono anche appellarsi alle libertà fondamentali dell’uomo; sulla questione ci sarebbe tanto da dire, in parte lo abbiamo già fatto in un precedente articolo, ma ci riserviamo di tornarci quando affronteremo la spinosa questione del suffragio universale.

Ma, si tratta di un atteggiamento di pura facciata, sicuramente gli ipocriti si infurierebbero se la loro opinione venisse messa sullo stesso piano di quella dello scemo del villaggio. Si indignerebbero. Ma sotto sotto, in modo molto intimo, nelle manifestazioni pubbliche deve comunque prevalere la sfera del politically correct.

Ci sono poi gli “imbecilli”, che ovviamente non si riconoscono in tale condizione, e si scagliano contro le “caste della verità”. Possono rientrarvi a pieno titolo coloro che contestano il parere dei “professoroni”, per i quali stranamente studi e titoli accademici sono qualcosa di cui vergognarsi, che non perdono occasione di ribadire come la loro esperienza di vita valga molto di più di qualsiasi titolo, fa niente che non sappiano la differenza tra “è” terza persona singolare del presente indicativo del verbo essere ed “e” congiunzione, o distribuiscano le “h” a casaccio in quello che scrivono. Hanno una forte probabilità di ricadere sotto l’effetto Dunning-Kruger, su cui ci siamo già soffermati in un altro articolo.

Infine, troviamo gli utilitaristi, che difendono gli imbecilli perché hanno convenienza a farlo, perché magari su di questi costituiscono una base elettorale. Si tratta, dunque, di un comportamento assolutamente interessato. Hanno bisogno degli scemi del villaggio per diffondere le loro post verità e per catalizzare il consenso politico. La tragedia è che oggi le presunte dinamiche democratiche si fondano sempre di più sul rapporto parassitario che unisce utilitaristi e imbecilli. Ma questo sarà argomento di riflessione futura.

Autore Pietro Riccio

Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.