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Il calcolo dei tempi

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Time Scale: Life of Brahma


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Se ora ritorniamo ai calcoli effettuati per stabilire la durata dei vari periodi ciclici, Yuga, Maha-Yuga, Manvantara, Kalpa, risulta evidente che, quando dai princìpi generali della dottrina si passa al tentativo di definire questi periodi in termini di tempo ordinario e di stabilire le cifre esatte di questa cronologia cosmica, si incontrano non poche difficoltà e ci si rende conto che fra i vari testi esistono notevoli discordanze e contraddizioni.
Secondo René Guénon questa confusione sarebbe stata introdotta volutamente allo scopo di evitare che chiunque possa giungere a penetrare i segreti della dottrina dei Cicli Cosmici, e a conoscere l’avvenire, determinando gli esatti punti di partenza e la vera durata dei vari cicli e sotto-cicli; alcuni dati sarebbero stati quindi alterati a bella posta e le cifre iperboliche che risultano dai calcoli cui abbiamo accennato non dovrebbero essere considerate in rapporto ad un’ordinaria concezione cronologica dei cicli.

Se le cifre calcolate relativamente alla tradizione indiana sembrano eccessive, le cronologie redatte in base al testo biblico appaiono assurde per il motivo opposto, nel momento in cui, interpretando alla lettera i dati forniti dal Testo sacro, viene affermato che la Creazione dell’Uomo ha avuto luogo appena quattromila anni prima dell’Era cristiana e che l’intero ciclo dell’umanità durerebbe solo seimila anni.

Naturalmente, anche le cifre bibliche vanno interpretate in chiave simbolica e in rapporto ai Cicli Cosmici: i Giorni della Creazione possono essere infatti considerati come dei grandi periodi, corrispondenti alle fasi di un Kalpa, nel corso del quale viene creato un Universo, e si compie il suo destino. Per quanto riguarda il calcolo dei tempi, non mancano le indicazioni secondo le quali un Giorno corrisponde in realtà a mille anni, e quando Giuseppe Flavio in ‘Antichità Giudaiche I, 4’, dice che questi sei Millenni formano dieci Grandi Anni di sei Secoli, la sua affermazione può essere intesa in rapporto ai Grandi Anni, formati, appunto, da sei periodi di 2.160 anni.

I dati tramandati vanno dunque considerati indicativi e simbolici, il che non significa che non abbiano valore in rapporto ad un effettivo calcolo del tempo, ma piuttosto che il loro vero significato è da scoprire, in primo luogo comprendendo il senso complessivo dello schema tracciato e quindi tenendo conto dei rapporti fra le durate dei cicli e dei sotto-cicli.

Per quanto riguarda il calcolo dei tempi relativi al nostro ciclo, Guénon afferma che il numero 4.320 è il solo che si deve prendere in considerazione come cifra-chiave del Manvantara, la cui effettiva durata dovrà essere quindi stabilita in rapporto a tale cifra. Pertanto, se la durata del Manvantara, che Guénon fa coincidere col Maha-Yuga, è data dal numero 4.320, quelle dei suoi quattro Yuga saranno date dai numeri 1.728, 1.296, 864, 432.

Orbene, tutte queste cifre, che derivano dalla moltiplicazione degli anni dei vari Yuga per 360, durata di un anno cosmico, sono in rapporto con la divisione del cerchio, che normalmente si effettua per multipli di 3, laddove il sistema decimale è più adatto alle misurazioni lineari, il che le rende naturalmente idonee alla misurazione del tempo sulla circonferenza, che è la forma geometrica più adatta a misurare i cicli temporali.

Infatti, l’uomo, dal suo punto di vista geocentrico, ha sempre fatto riferimento, per misurare il tempo, alle orbite circolari o ellittiche tracciate dei corpi celesti: ha considerato i giorni e li ha divisi in ore in rapporto al percorso giornaliero del sole ed ha calcolato i mesi e le settimane in base alle fasi lunari, mentre, osservando il ciclico ritorno del sole nelle stesse posizioni della fascia zodiacale, ha potuto determinare la durata dell’anno e dividerlo in quattro stagioni.

La fascia zodiacale, che circonda la terra con le sue dodici costellazioni, non è solo il grande orologio cosmico che consente di calcolare le ore, i giorni, i mesi e gli anni, in rapporto alla posizione che al suo interno occupano di volta in volta i due luminari, perché è su di essa che i sapienti hanno anche imparato a determinare i grandi periodi secolari e millenari ai quali si riferisce la dottrina dei Cicli Cosmici.

La misurazione di questi periodi o cicli non è affatto arbitraria, ma si basa sul fatto che l’asse terrestre si sposta, in modo lento ma costante, con un movimento paragonato a quello di una trottola, compiendo una rotazione completa, la cui durata è stata calcolata in 25.920 anni, al termine dei quali l’inclinazione dell’asse polare ritorna all’orientamento originario.

Durante questo periodo la posizione del polo celeste traccia il cosiddetto circolo di Precessione dei Poli, sul quale va cercata la stella che, di volta in volta, assolve la funzione di stella polare. La stella polare di 3.000 anni fa non era infatti la stessa di ora e non si trovava nella costellazione dell’Orsa Maggiore, bensì in quella del Dragone, mentre fra circa 14.000 anni la nuova stella polare sarà Vega. Contemporaneamente, e sempre in rapporto allo spostamento del suo asse, la posizione della Terra cambia anche rispetto all’eclittica, cioè al moto apparente del sole all’interno della fascia zodiacale, determinando la Precessione degli Equinozi, ovvero lo spostamento retrogrado dei solstizi e degli equinozi, e, in particolare, del cosiddetto Punto Vernale, o Punto Gamma, che segna l’Equinozio di Primavera e che si fa convenzionalmente coincidere con il Grado Zero dell’Ariete.

Come ben sa chi si interessa di Astrologia, in seguito a questo spostamento è venuta meno la corrispondenza fra i Segni zodiacali e la reale posizione delle costellazioni di cui portano il nome, per cui, anche si si continua a dire che all’Equinozio di Primavera il Sole entra in Ariete, in realtà la costellazione che all’alba spunta all’orizzonte insieme all’astro, è quella dei Pesci e, ben presto, sarà quella dell’Acquario: da ciò sono derivate le recenti definizioni di Era dei Pesci o dell’Acquario attribuite ai periodi bimillenari nel corso dei quali la posizione del Punto Vernale coincide con ognuna di queste costellazioni.

Questi mutamenti della posizione terrestre rispetto all’universo stellare si svolgono secondo tempi e ritmi uniformi e misurabili e il loro numero-chiave è 72: occorrono infatti 72 anni perché l’orientamento dell’asse terrestre si sposti di un grado, ed analogamente, il Punto Vernale percorra un grado dell’eclittica zodiacale.

Nella tradizione esoterica non mancano altri riferimenti al numero 72, come nel caso dei 72 Nomi di Dio della Cabala o dei 72 Geni del libro di Magia delle Clavicole di Salomone: in questi casi, però, il 72 è stato considerato in rapporto alla divisione della circonferenza in 72 quinari, porzioni di 5 gradi; lo stesso numero è del resto anche collegato alla magica figura del pentagono stellato, detto anche Pentagramma a Pentalfa, che, come è noto, divide la circonferenza in cinque parti di 72°.

Pertanto, 72 anni corrispondono sul piano cosmico ad un giorno, mentre 2.160 anni, pari a 72×30, rappresentano un mese durante il quale il Punto Vernale attraversa, con moto retrogrado, i 30 gradi di un Segno e al termine del quale l’Equinozio primaverile passa nella costellazione zodiacale che precede. Un Anno Cosmico, infine, durerà 25.920 anni, pari a 2.160×12 e a 72×360, allo scadere dei quali sia il Punto Vernale che il Polo celeste avranno terminato il loro giro di 360° e si potrà dire compiuto un ciclo precessionale completo.

È facile rilevare, a questo punto, che le cifre relative allo spostamento dell’asse terrestre coincidono con quelle tradizionalmente adottate nell’ambito della dottrina dei Cicli Cosmici: tanto il numero 4.320, che Guénon collega al Manvantara, quanto gli altri, applicati ai quattro Yuga, altro non sono, infatti, che multipli di 72 e sottomultipli di 25.920.

Questo collegamento, che difficilmente si potrebbe ritenere frutto di una coincidenza casuale, rivela che la Precessione degli Equinozi non fu affatto, come si ritiene, una scoperta di Ipparco, ma era un fenomeno già noto ai sapienti da epoche ben più remote. Ricordiamo, a tal proposito, che già Eraclito, vissuto nel V secolo a.C., aveva parlato di un Grande Anno, o Anno Divino, composto da 10.800 anni solari, e che Platone, nel ‘Timeo’, aveva esposto la teoria di un Grande Anno, o Anno Perfetto, al termine del quale tutte le sfere celesti sarebbero ritornate al punto di partenza. Il Grande Anno platonico al quale veniva attribuita grande importanza più ancora che all’intero ciclo precessionale di 25.920 anni ne rappresenta, in realtà, la metà e Cicerone, calcolandone la durata in 12.954 anni, si era avvicinato di molto alla cifra esatta, 12.960 anni, che costituisce la somma di sei periodi di 2.160 anni.

Possiamo ritrovare le cifre indicative dei Cicli Cosmici anche in altre tradizioni, a dimostrazione dell’ampia diffusione delle conoscenze relative al calcolo dei tempi cosmici: Beroso, sacerdote e storico babilonese (IV-III sec. a.C.), riferisce che prima del leggendario diluvio di Sitnapistim, vi furono dieci Re, o dieci dinastie, che regnarono per 120 periodi, Sari, di 3.600 anni l’uno, per un totale di 432.000 anni.

A distanza di secoli, la stessa cifra, 432.000, ricompare in Nord-Europa, nell’Edda, per indicare il numero dei guerrieri che alla fine dei tempi usciranno, 800 da ognuna delle 540 porte dal Walhall, il paradiso degli eroi, per affrontare lo scontro finale contro il lupo Fenrir, simbolo delle tenebrose forze del male e della dissoluzione.

Ricordiamo anche che 72 furono i congiurati che aiutarono Seth ad eliminare Osiride, richiudendolo in un sarcofago che venne buttato nel fiume. E non sembra che sia un caso se un’antica opera della Biblioteca Imperiale cinese, secondo quanto hanno riferito alcuni missionari Gesuiti, era composta proprio da 4.320 volumi nei quali era contenuto tutto lo scibile e vi era anche descritto il terribile cataclisma che aveva colpito il genere umano, inondando la Terra, quando gli uomini si erano ribellati agli Dei.

Gli stessi misteriosi numeri dell’Apocalisse possono avere una chiave di lettura meno oscura se vengono collegati ai numeri cosmici: gli Anziani che cantano le lodi del Signore intorno al suo Trono sono 24, come le ore del giorno, e possono rappresentare un Kalpa, un Giorno divino completo; le 7 Lampade che circondano il Trono e simboleggiano i 7 Spiriti di Dio, appaiono come le sue emanazioni, paragonabili ai Manu dei 7 Manvantara, mentre le altre serie settenarie, 7 Sigilli, 7 Trombe, 7 Coppe, possono essere riferite alle divisioni del Manvantara in cicli minori, cui vanno anche riferite le 7 teste e le 10 corna del Dragone.

Il numero degli Eletti, 144.000, che viene raggiunto al compimento dei tempi, è pari al doppio di 72 moltiplicato per 1.000 e corrisponde ad un terzo di 432.000, il numero-chiave che rappresenta il compimento dell’intero ciclo; inoltre, essendo 144 il quadrato di 12, la cifra evoca la struttura quadrata della Gerusalemme Celeste.

Tutto il XII Capitolo, la Visione della Donna e del Drago, va interpretato in chiave astronomica e la cifra 1260, ripetutamente citata, oltre che come 1260 giorni, anche come “un tempo, due tempi, mezzo tempo” o 42 mesi, ci fornisce un preciso riferimento all’Anno di 360 giorni (1260/3,5=360) e un’allusione al compimento del Grande Anno di 12.960 anni. Infine, il numero della Bestia, il famigerato 666, può rivelare la sua vera natura cosmica e temporale con una semplice operazione.

Anche se non ci soffermeremo ulteriormente sul tema dell’Apocalisse, queste notazioni dovrebbero essere sufficienti per comprendere che la Rivelazione annunciata dal titolo del testo riguarda, in larga misura, proprio il segreto dei Cicli Cosmici. E di un segreto si tratta effettivamente, di una conoscenza raramente esposta nei testi e, per lo più, in forma allusiva e simbolica, ma le cui tracce e testimonianze si trovano, comunque, come abbiamo visto, nelle più diverse tradizioni, evidenziate dalla ricorrente presenza delle stesse cifre cosmiche.

Autore Sigfrido Höbel

Sigfrido Höbel nato ad Arona (NO) il 30/09/1944 da padre tedesco vive a Napoli conservando un forte legame con la Germania. Attualmente in pensione, ha insegnato materie artistiche nei Licei Scientifici e nella Scuola Media, compiendo studi e ricerche sull'Arte e pubblicando diversi testi dedicati alle discipline artistiche, ma anche alle testimonianze artistiche e culturali presenti a Napoli e nell'Italia Meridionale. Nello stesso tempo si è dedicato allo studio delle tradizioni iniziatiche e delle dottrine esoteriche, interessandosi, in particolare, ai linguaggi simbolici e alla loro presenza nei miti, nella letteratura, nell'arte e nell'iconografia tradizionale. È autore di rilievo della tradizione esoterica napoletana.