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‘Eracle’: muscoli lievi come una nuvola

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'Eracle' ph. Teatro Stabile Napoli


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Sensibilità, muscoli e sofferenza: la visione di un Eracle al femminile

Indagherò che faccia ha il potere.
È vero che è una cosa cui ambiscono solo gli uomini? È una prerogativa maschile, legata a muscoli e arroganza o può avere a che fare con la fragilità?

Ecco la sfida della regista palermitana Emma Dante, che ponendosi questa domanda, ha sfoggiato al Teatro Grande di Pompei (NA), su iniziativa del Teatro Stabile Napoli, una versione di Eracle fuori dagli schemi, pur senza abbandonare i canoni recitativi della tragedia euripidea.

Se nell’antica Grecia gli attori uomini dovevano interpretare anche le parti femminili, nella Pompei del 21 luglio 2018 è avvenuto l’esatto contrario: tutti i personaggi della tragedia sono rappresentati da attrici, tra cui lo stesso Eracle, Mariagiulia Colace, viene dipinto come un eroe a tutto tondo, in cui convivono potenza e fragilità.

Ci ritroviamo dunque di fronte ad una sorta di dicotomia freudiana in cui le metà solare e lunare trasudano dallo stesso corpo?

Molto di più: si tratta di un esperimento psicologico, oltre che teatrale, che pone lo spettatore in uno stato di singolare empatia. L’eroe-eroina torna vittorioso dalla sua ultima impresa, ma trova il suo regno usurpato e la sua famiglia cacciata da palazzo, in procinto di essere sterminata. Eracle pone subito rimedio uccidendo l’usurpatore, ma dando anche inizio al vero dramma della pazzia: la dea Era invia le sue messaggere sulla Terra per insidiare in Eracle una feroce follia. L’eroe, preda delle allucinazioni, uccide moglie e figli ed una volta tornato alla lucidità accetta l’esilio assieme al suo amico Teseo.

Dichiara Emma Dante:

Mi interessa cercare la femminilità, la fragilità, dentro un corpo maschile muscoloso e arrogante. L’eroe greco ostenta la sua forza, si mette a tu per tu con gli dei, esalta la sua potenza con l’ambizione di diventare un dio, sempre nel suo cuore, nella sua mente c’è la competizione col dio.

La donna aspetta, subisce, si sacrifica, sacrifica i figli, va in esilio o negli inferi, compie viaggi solitari e terribili, spesso prendendo su di sé le colpe dei padri e dei mariti. Cosa succede se la femmina incarna l’eroe, rappresentando la sua potenza e la sua fragilità, con l’armonia nei fianchi e la durezza nello sguardo? Cosa succede se il maschio-eroe del mito diventa bianco e lieve come una nuvola?

L’ego dell’eroe viene zittito dalla orrenda tredicesima impresa ed il fardello portato da questo singolare maschio, padre, marito e madre diventa oltremodo umano e violentemente assimilabile.

A questo punto potremmo dire che l’eroe semi-dio abbia trovato finalmente un volto umano, non più nascosto e sepolto sotto la fitta coltre di muscoli. La stessa umanità che d’altronde è possibile percepire osservando una scenografia minimale, giocata con più elementi e sul cui sfondo lascia intravedere una versione contemporanea dei Lares, costituita da una miriade di “fotografie di famiglia”.

Di grande impatto anche i costumi ed il coro degli anziani, unico elemento maschile della messa in opera, forse per sottolineare che la contemporaneità è donna, in ogni suo aspetto, relegando l’uomo in una dimensione di passato remoto.

Foto Ballarino, Carnera, Centaro da Teatro Stabile Napoli 

'Eracle' Teatro Grande di Pompei (NA) ph Dario David
‘Eracle’ – Teatro Grande di Pompei (NA) ph Dario David
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Autore Dario David

Dario David, naturalista e antropologo, classe '79. Ha lavorato nel settore elettromedicale diagnostico, contribuendo a farlo andare in crisi. Si occupa di e-commerce e dark-marketing.