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TrentaTram Festival, programma III settimana

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'La regola di Elia'


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Dal 25 al 27 maggio al TRAM di Napoli

Riceviamo e pubblichiamo dall’Ufficio Stampa di Hermes Comunicazione.

Il Festival TrentaTram nasce per promuovere le giovani compagnie che si distinguono per l’originalità e la cura delle loro proposte. Dal 10 al 27 maggio 2018 il TRAM di Napoli ospita 11 spettacoli, selezionati sul territorio nazionale con bando pubblico, portati in scena da attori e registi rigorosamente under 30. Ma, per sostenere la nuova drammaturgia, anche i testi degli spettacoli saranno tutti originali e scritti da giovani autori.

Il direttore artistico del TRAM, Mirko Di Martino, dichiara:

Il teatro del futuro è nelle mani delle giovani compagnie teatrali: l’innovazione, il gioco un po’ folle, la sperimentazione, appartengono innanzitutto agli attori, ai registi e agli autori che oggi hanno meno di trent’anni. Tuttavia, non è facile per loro trovare spazio nel ristretto e asfittico mondo del teatro italiano.

Abbiamo ideato il Festival TrentaTram per rimediare a questa carenza gravissima: cercheremo di dare visibilità ai giovani, di sostenerli e incoraggiarli nel loro percorso di crescita.

A valutare gli spettacoli in concorso ci saranno due giurie, una composta da esperti del settore e l’altra da spettatori: la compagnia vincitrice potrà portare in scena il proprio spettacolo nella stagione 2018/19 del TRAM. Ci saranno, inoltre, premi e riconoscimenti per le diverse categorie artistiche.

I biglietti per il Festival potranno essere acquistati a prezzi molto contenuti; solo €10,00, con la possibilità di acquistare online a €8,00 e risparmiare ulteriormente con le diverse Card.

Programma terza ed ultima settima

25 maggio 2018, ore 21:00

‘La regola di Elia’
con Antonio Magliaro, Gianni D’Amato
testo e regia Antonio Magliaro
compagnia Le Ombre

All’interno di un aeroporto un Parlamentare Europeo, Giosuè Signorini, incontra un uomo semplice, che ha lasciato la scuola a 16 anni per iniziare subito a lavorare in un cantiere edile, Elia Di Giacomo. A causa dei ritardi dei rispettivi voli, i 2 inizieranno a conoscersi e a discutere del momento che i cittadini Italiani ed Europei stanno vivendo.

‘La regola di Elia’ è una riflessione sul mondo che ci circonda, sui temi come la cultura, l’Immigrazione e l’Europa, in una chiave leggera data dalla distanza dei mondi dei due protagonisti. Lo spettatore non troverà all’interno dello spettacolo nessuna risposta, ma in compenso avrà la percezione che tutte le informazioni che ogni giorno riceve dai mezzi di comunicazione devono essere soggette a riflessioni più profonde e mai scontate.
Questo è quello che Elia di Giacomo cercherà di spiegare con il suo buffo modo di fare al politico Giosuè Signorini, in un continuo cambio di emozioni sarà sempre più evidente che Elia non è solo un uomo semplice, ma forse è semplicemente la coscienza di Giosuè, quella coscienza che tutti noi, presi dalla frenesia della vita stiamo soffocando.

26 maggio 2018, ore 21:00
‘Bagarìa’
di e con Francesco Rivieccio
regia di Vittorio Passaro

Cosa hanno in comune un ex architetto, scarpe rotte, un vecchio cappotto, un giovane chitarrista, una coperta ed il Purgatorio? Può sembrare, con questo elenco, solo confusione… ma bagarìa, come direbbero in parlesia i musicisti napoletani. In fondo è così: hanno in comune “Bagarìa”, un soprannome che rispecchia la doppia esistenza di un uomo, le due facce della medaglia di un’esistenza invisibile, ma che un tempo era sotto gli occhi di molti. Nasce così una trama che si sviluppa nel ricordo di ciò che si è stati e nella speranza di cosa ancora dovrà aspettarci. Esorcizzare la morte, dialogare con essa e con il mondo ultraterreno, è da sempre per il popolo napoletano una questione di vita o di morte. Un primordiale bisogno che fa da tramite tra i due mondi.

Ma quando poi si muore? Cosa succede? Questo è quello che si è sempre chiesto Bagarìa, un senzatetto di sessantadue anni, napoletano. Morto per il troppo freddo, ora la sua anima si ritrova affianco alla sua salma avvolta in una vecchia coperta. L’anima di Bagarìa ha l’età a lui più cara, ventitré anni. Quando si muore, la prima “cosa” da scegliere è l’età che la propria anima desidera per trascorrere l’eternità e il nostro protagonista ha scelto quella appartenente al periodo più felice, più “normale” della sua vita. Ora Bagarìa, o meglio la sua anima, si trova in un immaginario Purgatorio: può, quindi, vedere quello che succede sulla terra, vedere la sua salma, ma non può partecipare alla “vita”.
Sta scontando un periodo di pena prima di affrontare l’incontro con Dio. Nessuno lo ha mai creduto e veniva respinto anche nelle chiese dove cercava riparo… ma ora che finalmente si trova davanti al Creatore può raccontare la sua storia, sicuro che tutti lo crederanno, visto che “vivrà” nel mondo della Verità. Ognuno ha la sua storia, la propria strada da percorrere…

Note di regia
“Chi ha detto che la fine non abbia un inizio e quanti, invece, sono convinti che l’inizio non possa cominciare proprio con la fine?!”
Questo l’incipit del nostro spettacolo e proprio con questo concetto parte il soggiorno di Bagarìa in un luogo privo di tempo e spazio, dove finalmente si può discutere, dialogare con la persona con cui meno lo facciamo in vita: se stessi.

Due universi paralleli, divisi solo da una fila di bottiglie, anime perdute o più semplicemente messaggi dal passato, che separano fisicamente l’anima dal corpo, ma che lasciano comunque la possibilità di comunicazione tra di loro, dove con la morte di uno comincia la vita dell’altro.
Un senza tetto, un anima, un clown, o più semplicemente un uomo, un micro mondo se vogliamo che prova a racchiudere in se la vita di chiunque o più semplicemente di nessuno, del “nulla”, e chi meglio di Bagarìa. Così tra una canzone, giornate passate in spiaggia, libri della vita, depliant, risate e tempeste, in un antipurgatorio a cinque stelle lusso ma dove il servizio lascia a desiderare colpa di una di un angelo poco cortese, il nostro Bagarìa ripercorrerà tutta la sua vita verso la speranza di una migliore, finalmente, o più semplicemente, di una chitarra!

27 maggio 2018, ore 18:00
‘Specchio rotto’
scritto e diretto da Sharon Amato
coreografie Marialuisa Bosso
musiche Ivan Caso
video Luca Ciriello
con Gaetano Balzano, Anna Bocchino, Clara Bocchino, Angela Bertamino, Antonia Cerullo, Annabella Marotta, Teresa Raiano, Umberto Salvato, Beatrice Vento

Ics è un soggetto narcisista, ossessivo, maniacale, un “outsider” che sceglie di chiudersi nella sua stanza perché non riesce ad allinearsi alla realtà sociale. La sua condizione depressiva e di isolamento viene alimentata negli anni dall’aspirazione di un obiettivo che chiama la Grande Opera. Lui scrive un blog dove sfoga i suoi deliri critici, crede di possedere una capacità analitica che regge sui suoi ideali di società civile e che gli giustifica l’isolamento perché tutto quello che c’è fuori non funziona come lui vorrebbe. Il suo sogno è quello di cercare attraverso le parole qualcuno che lo riconosca come emancipato, illuminato e che lo segua decidendo di fondare una piccola comunità, una sorta di isola sana, dove la cultura i buoni principi morali ed etici possano far riconoscere i suoi abitanti come veri cittadini di una polis. Compie un gesto plateale dove dichiara a tutta la comunità del web il suo isolamento. Secondo i criteri della spettacolarizzazione del dolore altrui, Ics si ritrova ad essere molto seguito dal web e famoso, tanto da suscitare l’interesse di qualche personaggio che siede su poltrone importanti.

Il dolore di Ics, quindi si amplifica in questo ultimo giorno di reclusione perché riflette sul suo fallimento, in fondo la grande Opera era l’unico motivo che gli dava ancora una speranza. Crede di aver provato in tutti i modi, a lui conosciuti, di raggiungere una soluzione.
Ma si renderà conto da solo, infine, che stava sbagliando l’approccio all’idea di felicità.
Dopo aver parlato con il suo demone in un’allucinazione, capisce che uscire è l’unica via, che è inutile identificarsi con gli obiettivi da raggiungere, piuttosto accettare che nulla è permanente, ma che le trasformazioni che avvengono sul piano interiore hanno bisogno di esprimersi in quell’esterno, che seppure misconosciuto, esiste e quindi è.

La parabola di Ics è quindi l’odissea di tanti anni fondati su un’idea di “perfezione”, la cui metafora viene rappresentata dai tanti origami, seppure tutti della stessa forma, che negli anni ha ricavato dalle lettere a lui scritte. Ics è l’emblema della mancanza di ascolto e di relazioni umane, di labirintici dilemmi che tornando su se stessi si ripiegano, finché non si appiglia al coraggio di uscire ed accettare il misterioso gioco dell’esistenza