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Non era un’epoca ben definita; né una sequenza scandita: si trattava di un momento, un singolo momento, al di là del tempo e dello spazio fisico.

Un bambino saltellava su un pavimento a scacchi neri e bianchi; aveva dei calzoncini corti scuri e una maglietta stinta. Saltellava e saltellava ancora, senza rendersi conto di dove, quel gioco, all’apparenza innocuo e infantile, lo stesse conducendo. Arrivò innanzi ad una cornice nera, due volte più grande di lui, affissa ad una parete grigia: conteneva uno specchio.

Il bambino fu incuriosito dalla strana collocazione di quello specchio, su quella parete grigia, che nemmeno ricordava ci fosse mai stata in quel punto: vi si avvicinò.
Pian panino, il suo nasino all’insù, sfiorò la superficie dello specchio e, immediatamente, l’oggetto si illuminò; poi, all’interno di sé, mostrò un lungo corridoio al termine del quale si intravedeva una “luce“.

Il bimbo si voltò indietro; nulla di quanto riflesso nello specchio, si trovava nella realtà fisica alle sue spalle. Volse lo sguardo nuovamente alla cornice specchiata e, nel mirarla, udì una voce:

Vuoi entrare?

Il bambino sobbalzò all’indietro e, nel farlo, scorse un uomo, di cui prima non aveva avuto affatto contezza, alla sua destra, vestito in abito scuro, con tanto di cappello altrettanto tenebroso, che indossava scarpe e guanti bianchi; dal bavero della giacca, si scorgeva una camicia dello stesso colore degli accessori, appena descritti. Del volto di quell’uomo, il bimbo, oramai consapevole dell’anomalia dello specchio e di quella strana presenza, scorgeva soltanto il mento pronunciato e il sogghigno delle sue labbra incolori: null’altro.

– Si, ehm, mi piacerebbe entrare, ma… non ne sono sicuro…

– Fai bene a non esserne sicuro: ogni scelta va fatta con maturità e consapevolezza, non te l’hanno insegnato questo?

Il bimbo restava in silenzio. L’uomo oscuro, parlò.

– Adesso ti spiego cos’è l’inferno!
Mi trovavo sotto il segno dello scorpione, quando uno sguardo mi derubò della mia anima, cedendomi al proibito senso, per mezzo di occhi ingannevoli che mi costrinsero a raccogliere l’ultimo raggio di luna. Da allora, brucio nelle fiamme del desiderio; e il fumo della seta nel camino non è paragonabile al rogo del mio vuoto interiore. Fui svuotato di ogni mia virtù e pagai con la dannazione il tributo di quella scelta!

– Chi sei tu?

La domanda innocente del bimbo fu il preludio di una demoniaca risata; poi, però, l’uomo gli si avvicinò, si abbassò sino a giungere l’altezza del capo del fanciullo e gli mostrò il suo volto: era pallido, scarno, e nei suoi occhi non c’erano pupille umane, bensì fiamme di fuoco vivo e perpetuo. Nonostante la visione infernale di quello sguardo, il bambino non si intimorì.

– Io sono te!

– Me? E come fai ad essere me? Io sono soltanto un bambino.

– Adesso lo sei: ma quando l’inganno del tempo avrà travolto le tue carni e il tuo pensiero nella sua morsa atavica, tu ritroverai me e l’inferno che vivo.

– Ma io non voglio diventare te! Non voglio vivere il tuo inferno! Ci deve essere un modo per sfuggire a tutto questo?

– Un tempo mi definirono serafico e santo; qualche anno terreno più tardi mi paragonarono ad un misto di poesia e malvagità: e tutto questo, soltanto perché ho creduto di amare, capisci, soltanto per questo!

– Ma l’amore è una cosa buona, non è malvagio!

– L’amore può essere anche oscuro e trascinarti giù, nei meandri sudici delle sue fughe; come quelle del pavimento a scacchi dove si trovano adesso i nostri piedi. Anch’io ci giocavo prima, saltellavo allo stesso modo, alla tua età; ma poi il gioco è mutato e son cambiato inevitabilmente anch’io.

– Ma io non voglio cambiare! Io voglio essere sempre così!

– Non puoi opporti al cambiamento, esso fa parte della natura dell’uomo e del suo divenire.

– Ma io non voglio essere come te!

– Io ho la conoscenza, bambino.

– Tu sei dolore!

– E cosa credi che sia la conoscenza, se non dolore?

– Ma non può essere soltanto dolore? Non voglio crederci!

– E allora, muta! Cambia ogni cosa di quest’infausto destino e poni fine al mio tormento!

– Ma come?

– Come? Semplice, uccidimi!

– Ucciderti? No, non lo farei mai, e poi, ucciderei me…

L’uomo, si ricompose in uno scatto, nella posizione originaria; oramai infastidito da quella conversazione, proferì queste parole:

– Non esistono altre soluzioni. A te la scelta!

Il bimbo, savio come lo spirito di un infante appena venuto alla luce, sul cui volto è ancora impresso il sigillum dei, guardò l’uomo con occhi misericordiosi, e gli disse:

Esiste sempre una soluzione alla morte ed è la vita. Io non ti ucciderò, ma lascerò che il tuo dolore malvagio venga spazzato via dall’Amore Originario, quello a cui tu, io, ho voltato le spalle anni or sono…

L’uomo chinò il capo verso di lui; i suoi occhi fiammeggianti cedettero il testimone alla vera luce spirituale e, in un non tempo, si dissolse, come polvere di brace, assieme al suo specchio stregato.

Il bimbo si ritrovò uomo: la sua non era la pelle di un fanciullo, bensì quella di un uomo avanti nel tempo; e la luce che portava negli occhi, era quella di un essere consapevole. Non saltellava più: ma cominciò a percorrere adagio la scacchiera in bianco e nero, sotto i suoi piedi.

Ora poteva: finalmente aveva avuto il coraggio di guardarsi “dentro“!

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Autore Antonio Masullo

Antonio Masullo, giornalista pubblicista, avvocato penalista ed esperto in telecomunicazioni, vive e lavora a Napoli. Autore di quattro romanzi, "Solo di passaggio", "Namastè", "Il diario di Alma" e "Shoah - La cintura del Male".