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Tato Russo: ‘Metto in dubbio Pirandello’

1975
Tato Russo 'La ragione degli altri' ph. Tommaso Le Pera


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Intervista in esclusiva al geniale artista, in scena al Bellini con ‘La ragione degli altri’

Ha debuttato il 2 febbraio al Teatro Bellini di Napoli dove sarà in scena fino all’11 febbraio ‘La ragione degli altri’ da Luigi Pirandello, riscritto, diretto e interpretato da Tato Russo.
Il geniale Artista partenopeo ci ha abituati ad esperimenti teatrali di altissimo livello e anche stavolta ci rivolgiamo a lui per avere qualche notizia sullo spettacolo che, conclusa la parentesi partenopea, riprenderà la tournée direttamente ad ottobre prossimo.

Carismatico, profondo, intenso come e più di sempre, ci riceve nel camerino poco prima dell’inizio di una replica invitandoci ad assistere a quello che si confermerà essere il suo ennesimo trionfo.

Ed iniziamo subito a toglierci qualche curiosità sulla sua nuova pièce.

Dopo il capolavoro ‘Il fu Mattia Pascal’, una delle opere più celebri del premio Nobel per la letteratura, con ‘La ragione degli altri’ affronta uno dei testi meno noti del drammaturgo siciliano, racconto in parte autobiografico, soprattutto relativamente alla nuova paternità di Stefano, padre di Luigi, in seguito ad una relazione extraconiugale con un’ex fidanzata cui si è riavvicinato per prestarle aiuto dopo che è rimasta vedova. Perché ha scelto proprio questa commedia? Come l’ha adattata e diretta?

Innanzitutto ‘Il fu Mattia Pascal‘ merita un discorso a parte, dato che si trattava di un romanzo e non di una drammaturgia, da cui cominciava ad emergere il suo credo teatrale, che ho affrontato, come sa, per indagare sulla perenne ricerca di se stessi.

Con ‘La ragione degli altri’, invece, siamo di fronte ad un credo già compiuto, anche se è una commedia giovanile del 1895 ambientata negli anni ’20, dal quale io tento di sfuggire per consegnare lo spettacolo alla tragicità dei personaggi che rappresentano il suo caso.

La mia è una summa critica del suo teatro borghese e di quelle manie, oggi tutte superate, anche perché la società è profondamente cambiata. Si tratta di una provocazione, di una messa in dubbio e non di una messa in scena di questo specifico teatro di Pirandello in cui io abbandono tutta la parte iniziale, la para-filosofica, cui lui applica la teoria di Gorgia da Lentini sull’essere e l’apparire, per far crescere, invece, i personaggi per quello che sono.

Al contrario, considero dei capolavori la sua parte dei miti, per intenderci ‘La nuova colonia’ e ‘I giganti della montagna’, così come quella che riguarda il metateatro come ‘Questa sera si recita a soggetto’.

Non amo, appunto, il teatro borghese dei primi del Novecento a cui ricorre come escamotage per liberarsi del triangolo amoroso che, all’epoca, riempiva le sale europee, inventando una formula che è ancora più letale. Con i suoi pudori e i suoi racconti della Sicilia non smette mai di essere un provinciale e ricopre, con un velo di grottesco e di bigotto, vicende dolorose per giustificare situazioni di nessun senso, sfuggendo alla drammaticità vera delle storie che rappresenta, perché non ha il polso della tragedia.

Così facendo, limita l’esplosione della verità dei personaggi. Ad esempio, la tematica dell’incesto della figlia nei ‘Sei personaggi in cerca d’autore’ con lui diventa un grottesco, mentre con qualunque altro autore sarebbe assomigliata ad una tragedia greca.

Ho scelto ‘La ragione degli altri’ perché ritengo che come drammaturgia sia il suo testo più attuale, perché il vero interesse da tutelare è quello dei bambini, vittime dei giochi di potere dei grandi. Proprio perché è un’opera sbagliata, minore, che non viene rappresentata da anni, mi sono permesso di stravolgerla, tagliando una ventina di pagine, lavorandoci tanto da licenziare il copione n. 26, ma riuscendo ad farne scaturire tutto il suo pathos e la sua modernità.

Da una critica mossa all’Autore ne deriva anche un premio fatto alla sua produzione, un recupero determinato da altre tesi che si affrontano chiaramente nella messa in scena che viene affidata alla mia compagnia che, provando la commedia, ritrova tutte le debolezze del suo teatro cercando di escluderle.

Pare che il percorso sia stato compiuto bene perché tutti colgono il segno dello spettacolo che, a detta di qualcuno, è un capolavoro; facendo a meno della patina grottesca cui appartengono almeno 15 sue commedie, viene ad avere tutto un altro respiro, un respiro drammatico che avvicina, per certi versi, al teatro dell’assurdo, e per altri, al teatro di Ibsen, di Strindberg.

Qual è il punto di contatto con il teatro dell’assurdo se comunque lei dà evidenza alle emozioni, alle passioni, alle sensazioni dei personaggi?

È la situazione che si viene a creare, la prova dello spettacolo così come è costruita.
Ho trasportato la pièce in una sala prove alla maniera del metateatro dei ‘Sei personaggi in cerca d’autore’, di cui c’è una presa in giro, per dimostrare come tutta la sua prima produzione teatrale, appunto quella del teatro boulevardier ammantata di formule para-filosofiche per sfuggire alla moda del tempo e delle corna, non sia altro che uno schema fisso, una sorta di sketch ampliati a dismisura applicati ai tanti casi della vita nella sua terra e come per una sorta di pudicizia verso le passioni della vita, l’uso del grottesco penalizzi le storie vere.

A me tutto questo non piace, perché in teatro voglio le passioni, per questo ho eliminato tutti i ragionamenti a monte, facendo in modo che i personaggi arrivino alle loro ragioni vere, vivano di vita propria e siano “di carne”, con i loro tormenti reali assumendo un’evidenza drammatica molto più alta.

La mia stessa compagnia mette in scena la commedia ‘La ragione degli altri’; i personaggi sono gli attori reali che vengono nominati così come nella locandina. Ad esempio, la bimba, che nel testo di Pirandello si chiama Dina, nel mio viene chiamata con il nome vero, Carolina. Il tutto assume un sapore di verità e di scontro con la materia fornita che ci porta, naturalmente, verso un altro mondo, quel mondo che, alla fine, è quello dei personaggi veri che Pirandello ha incontrato nella sua Sicilia ma che non ha saputo far vivere per quello che erano.

Credo che sia tutto facilmente spiegabile assistendo alla rappresentazione. La mia impostazione appare così chiara che il riscontro degli spettatori è immediato: si commuovono appassionandosi alla storia e si divertono per le battute di questo regista un po’ folle, che in effetti sarei io, che conduce le prove e spiega al pubblico il perché dei vari tagli della drammaturgia originale, che invita tutti a spogliarsi delle loro maschere perché a teatro vivono le passioni, la carne viva, la verità.

La stessa scelta di un linguaggio molto calato nella realtà, a tratti scurrile, o di alcune espressioni in napoletano è funzionale a tutto questo discorso, per rafforzare la provocazione lanciata, ma sortisce anche una sorta di divertimento perché non dimentichiamoci che il suo è anche un teatro umoristico. Con il pretesto de ‘La ragione degli altri’, ne esce fuori una commedia nuova.

In quest’opera è molto forte il riferimento alla società contemporanea, al desiderio di maternità che spinge ad azioni che vanno oltre ogni logica sociale, alle odierne lotte per il riconoscimento dei figli. Se nel testo originale “la ragione degli altri” prevale su quella della figlia, nella sua versione, nonostante gli egoismi individuali, la piccola si ribella e scappa via, affermando, prima di tutto, se stessa. Come mai questa presa di coscienza così accentuata, per giunta da parte di una bambina di soli 5 anni? È forse un segno di speranza, di riscatto di ciò che può fare un animo puro o è un invito a non nascondersi dietro inutili ed anacronistici schemi mentali?

La scelta di un finale completamente diverso da quello previsto dall’Autore diventa naturale per il percorso proposto. Se nell’originale si parla solo delle singole ragioni degli altri, degli adulti, senza alcun accenno a quelle della figlia, qui, al contrario, l’epilogo della messa in scena viene trovato proprio da lei, che si rende conto di quello che sta vivendo e lo rifiuta.

Le sue ragioni, che fino a quel momento non sono state tutelate, esplodono ora con virulenza, per questo fugge via da tutto e da tutti. Di fronte al problema della tutela dei figli, dell’appartenenza, delle guerre tra ex amanti, occorre guardare bene ai diritti degli altri invece che ai propri.

Nel testo Leonardo, in quanto giornalista, appartiene alla “categoria d’oziosi che per professione spargono il malumore tra la gente”, gli intellettuali appunto. Secondo lei, che ruolo hanno, oggi, l’intellettuale e la Cultura?

Ho completamente dimenticato il testo originale, l’ho talmente rimaneggiato che non ricordo come inizia né come finisce. Credo di aver capito bene Pirandello, ho letto tutte le sue opere e poi l’ho dimenticato.

La Cultura è quello che ti resta dentro dopo che hai dimenticato tutto. Leggi tutto l’autore e capisci qual è la sua lingua, ti impadronisci del suo nocciolo, della sua substantia, del suo paradiso poetico: è quello che va riportato. Leggere tutto per dimenticare tutto: è una straordinaria tecnica per crescere.

Foto Tommaso Le Pera

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.