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Mica tanto Sbandati…

1822
Barbara Napolitano, Gigi e Ross


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Gigi e Ross eredi moderni della metatelevisione di Arbore e dell’ironia dissacrante della Gialappa’s

In un panorama televisivo che offre veramente poche novità, fatto di trasmissioni gridate, di gossip e di vuote ecolalie, è un piacere potersi rilassare a guardare qualcosa di qualità, la cui cifra sostanziale è l’ironia.

La satira tv in genere finisce puntualmente per appiattirsi su battute politiche trite e ritrite, regolarmente superata dalla politica reale, che negli ultimi decenni ha l’unico merito di battere comici e critici sullo stesso campo del paradosso.

È la televisione in generale che si avvolge su se stessa, con una ripetizione acefala di meccanismi ripetitivi che nulla hanno a che fare con la formula vincente della serialità, sullo stampo di quella statunitense, tanto per intenderci.

Di tormentoni e format replicati allo spasimo sono pieni i palinsesti, tanto che non ci si spiega se il successo di popolarità e di ascolti sia figlio di un drastico crollo della qualità dei consumi culturali di massa o generata da una assoluta mancanza di alternative.

Dal marasma collettivo non si salva nessuno, non è un discorso che può essere limitato alle reti di stato o ai network commerciali.

Per questo, quando ci si imbatte, in una trasmissione come Sbandati, che martedì 19 settembre alle 23:30 ha iniziato la seconda stagione, non si può che essere piacevolmente stupiti, insomma rilassarsi un po’.

Correva l’anno 1985 quando sempre Rai 2 lancia Quelli della notte, creatura del prolifico e geniale binomio Arbore – Porcelli. In un caleidoscopio di personaggi surreali, veniva fatta a fettine un certo tipo di televisione, emergente in quegli anni e che avrebbe fatto da incubatore ad altri generi tuttora imperanti, ci riferiamo al talk show che, prima ancora delle Web Community, dava voce ad opinionisti improbabili e a fenomeni da baraccone.

Bisogna poi arrivare al 1988, per assistere ad un’altra gemma della premiata ditta Arbore – Porcelli, ci riferiamo ovviamente ad Indietro tutta, che stavolta nel tritacarne trascina altri generi, come il quiz, o almeno la sua degenerazione, ma in generale quello che stava diventando stabilmente l’humus di coltura di della televisione che caratterizza gli ultimi anni ’80.

Gli esempi di brani memorabili si sprecano, per motivi affettivi ed emozionali ci piace ricordare la presenza del compianto Massimo Troisi che, per un paradossale errore di buste si trova a farsi convincere da Nino Frassica e dallo stesso Arbore di essere Rossano Brazzi, perché la Tv non può sbagliare.

Dell’89, è la formula del Mai dire… della Gialappa’s Band, che culmina nel 1991 con Mai dire TV, quando nel mirino finiscono soprattutto le TV locali, che proprio in quegli anni si stavano affermando come fenomeno di tendenza; con una verve ed una potenza evocativa che nel corso dei mesi va però ad affievolirsi, fino a banalizzarsi.

Da allora quello che ci resta è il vuoto, con tentativi di imitazione che finiscono con il diventare essi stessi trash, complice anche un’evoluzione sociale che muta profondamente il mondo delle comunicazioni di massa, con l’avvento di internet prima e dei social dopo, che orizzontalizzano uno scenario prima verticale e verticistico, che porteranno Umberto Eco ad affermare, nel 2015, che

i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli.

Ma è la società che diventa profondamente più complessa, anche in Italia, seppure in ritardo, si giunge a quella che Baumann ha definito come società liquida, con griglie di lettura che vengono prepotentemente superate da un mutamento sociale che procede a ritmi vertiginosi, ad una velocità senza precedenti.

I personaggi grotteschi di Arbore e della Gialappa’s, che solo qualche decennio prima sembravano frutto di una fervida immaginazione, subiscono un processo di reificazione, invadono in modo prepotente la scena dei media.

Con il risultato che lo stesso mezzo televisivo oggi è contaminato da altri canali, non più e non solo quelli tradizionali, come il cinema e la radio, ma quelli a larga base dei social, perde la sua centralità, viene assorbito e rielaborato dalla rete, che fagocita tutto per rivomitarlo in nuove forme.

Per questo motivo ci sembra immensamente più difficile, oggi, provare ad inserirsi nel solco già tracciato tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, quando tutto sembra essere stato già detto e già fatto.

Anche qui potremmo sciorinare una lista infinita di esempi, ma non è quello che ci interessa fare.

Sbandati, con Gigi e Ross, per la regia di Barbara Napolitano, ricorda per stile narrativo e contenuti quella metatelevisione, rinnovando dinamiche che sembravano smarrite, e le vivifica attraverso un’originalità pienamente immersa nel contesto culturale e comunicativo dei nostri giorni.

Anche la fascia oraria è la stessa: l’inizio parossistico, volutamente gridato, esagerato, ricalca pienamente i toni esasperati di tanta programmazione.

Gigi e Ross sono perfettamente a loro agio nel rimarcare vizi e difetti dei palinsesti, stavolta quelli globali, con i programmi anche di paesi lontani ormai alla portata di tutti.

Se la Gialappa’s infieriva nei confronti delle emittenti locali, Sbandati non risparmia nemmeno la CNN; tantomeno ci si impastoia in una satira faziosa, nel mirino finiscono anche programmi della stessa mamma Rai.

Le chiavi sono molteplici, si gioca su più tavoli; le analisi che sbeffeggiano impietosamente il reality o il quiz del momento, si alternano a versioni caricaturate di altri format, non solo italiani.

A fare da filo conduttore è un talk show in cui vengono coinvolti personaggi volutamente improbabili, tra i quali si mescola anche una divertita Alba Parietti, ospite che regge perfettamente il gioco, che si inserisce senza fatica in meccanismi già collaudati dalla scorsa stagione e perfezionati nel nuovo corso.

Il linguaggio, anche quello contaminato, è quello dei social, dei blogger, di certa fiction, complessivamente di una cultura di massa che ha sdoganato volgarità ed ignoranza, dove paradossalmente è proprio l’assenza di senso ad essere oscena.

Sbandati va anche oltre: il messaggio non è veicolato solo da dialoghi e situazioni, da filmati e parodie; si gioca pure con metatesti e metalinguaggi. La regia di Barbara Napolitano segue questo clima, talvolta anche rischiando un po’, pur di reggere e seguire i ritmi forsennati e travolgenti di Gigi e Ross; una regia che si diverte alla ricerca di inquadrature surreali, accompagnata dalla gestione dal racconto luci che, per esempio, nel siparietto “funerale” della Parietti, scelgono di sottolineare l’atmosfera in maniera caricaturale, lo stesso dicasi per tutto il sottofondo sonoro che trova il motivo più divertente in un ‘O sole mio in cinese che segue tutti i collegamenti di Pozzuoli Express, altra parodia di talent di successo.

In questo racconto sono incluse le riprese con le camere a spalla, che mettono definitivamente a nudo il retroscena, riprese nelle quali leggiamo chiara l’intenzione di citare l’Arbore di indietro tutta, che portava come protagonista le consolle di regia in scena, completando l’opera di dissezione del mezzo televisivo. La televisione è un gioco, non prendiamoci troppo sul serio, sembra questo il sano leitmotiv della serata.

Avremo comunque modo nei prossimi giorni di approfondire questa lettura di Sbandati, interpellando la viva voce dei protagonisti del Programma…
Intanto buona la prima!

Foto Pagina web ufficiale di Sbandati

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.