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Vicky Cristina Barcelona, l’intricata psicologia femminile

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Quando si comincia a parlare di un’opera di Woody Allen diventa essenziale collocarla a livello geografico.

Il geniale cineasta, prima di tornare a girare nell’amata New York, si è messo in gioco con tre pellicole girate a Londra e ha dato una svolta narrativa soprattutto nelle non commedie, fossero esse più o meno riuscite; ‘Match Point’ è stato una rivelazione con le atmosfere noir e la trama decisamente realistica e imprevedibile, mentre ‘Cassandra’s dream (Sogni e delitti)’ si è distinto per l’atipicità dello schema con cui viene messo in scena un giallo classico; entrambe le storie evidenziano la chiara influenza dostoevskijana.

Nell’unico divertissement girato in terra britannica, Allen si è ritagliato anche un ruolo d’attore, ma in Scoop’ quello che pare chiaro è che si sia voluto prendere una pausa dopo aver girato ‘Match Point’ e prima di cominciare ‘Cassandra’s dream’, anche perché il regista non riesce a stare troppi mesi senza lavorare.

Dalla Londra che suscita situazioni delittuose e complotti criminosi, Woody si è spostato in terra spagnola, dopo essere stato letteralmente rapito dalla bellezza di Barcellona; e la caliente Catalogna gli ha subito ispirato una storia intricata di passioni, sessualità e discutibile moralità.

La bruna Vicky, fidanzata in attesa di maritarsi, e la bionda Cristina, temporaneamente delusa dall’amore, sono due amiche americane in vacanza a Barcellona.

Il loro viaggio viene subito sconvolto dall’incontro con il pittore Juan Antonio, bello e fin troppo possibile nel senso libertino del termine.

Il primo approccio avviene senza mezzi termini, tanto che alla proposta indecente dell’artista iberico, gita ad Oviedo con triangolo sessuale come chiosa, le amiche reagiscono in modo diverso, con Vicky offesa e decisa a non dare spago all’uomo e Cristina affascinata e desiderosa di cadere quanto prima tra le sue braccia.

Dalla decisione che prenderanno le due, chi per un motivo chi per un altro, scaturirà il susseguirsi di eventi che coinvolgeranno non solo i tre protagonisti, ma anche una quarta persona fin lì semplicemente citata e la cui presenza continuava ad aleggiare in ogni scena: Maria Helena è la moglie, separata, di Juan Antonio, passionale, psichicamente instabile e geniale artista polivalente.

La sua entrata in scena stravolge quello che dopo i turbolenti avvenimenti amorosi pareva essere diventato il naturale corso degli eventi; invece, è grazie a lei che ognuno dei personaggi ripensa alle proprie emozioni e alle proprie scelte mettendo a nudo la coscienza e tornando, più volte, su quei passi ora forzati, ora fin troppo istintivi.

La capacità analitica di Woody Allen rende affascinante ‘Vicky Cristina Barcelona’, in cui è proprio la sceneggiatura, di pari passo con una magnifica fotografia di una delle città più belle del mondo, a non far scadere la storia in un semplice atto di voyeurismo e banalità già sentite sui rapporti tra uomini e donne.

L’imprevedibilità della vita, con le scelte tutt’altro che scontate, mette in evidenza da un lato la fragilità di ogni essere umano e dall’altro l’impossibilità di controllare le emozioni e gli stati d’animo quando non si è soddisfatti; forse il regista vuole sottolineare con questa storia soprattutto il fatto che, al giorno d’oggi, è sempre più difficile trovare persone realmente appagate.

Ancora una volta, Allen non può fare a meno di quella che negli ultimi anni è divenuta la sua musa ispiratrice, la seducente Scarlett Johansson, anche se dell’intero cast è quella più sottotono, forse anche per l’anomalo personaggio impersonato.

Cristina è una ragazza alla ricerca del grande amore e, nel frattempo, non si preclude avventure che la portino a considerare le diverse sfumature del sesso altrui, eppure, è quella che nei vari intrighi della vicenda risulta comportarsi in maniera più coerente con il suo modo di pensare e soprattutto stando sempre attenta alle emozioni delle persone che le stanno vicino.

I due attori iberici, Javier Bardem e Penelope Cruz, danno alla vicenda esattamente quello che era stato chiesto loro.

Il premio Oscar per ‘Non è un paese per vecchi’ ricorda gli insegnamenti dei maestri connazionali Luna e Almódovar per interpretare il pittore macho, e rimbalza dal tono dimesso, ma sicuro del latin lover mediterraneo a quello istintivo e sanguigno dell’uomo messo alle strette dai propri sentimenti.

Penelope Cruz, giustamente premiata con l’Oscar, è davvero brava nella sua isterica Maria Helena e colora questo ruolo con tonalità differenti ad ogni scena, dando sempre e comunque l’impressione di governare il personaggio senza farsene travolgere, cosa che troppe volte avviene al cospetto di maschere così forti e, soprattutto, cambia registro alla storia nel momento in cui compare divenendo indispensabile al ritmo di essa fino alla fine.

La meno conosciuta tra le attrici di ‘Vicky Cristina Barcelona’ è quella che personalmente ho trovato più sorprendente: Rebecca Hall forse è la vera protagonista del film, perché la sua Vicky parte come totem morale della vicenda per poi divenire scheggia incontrollabile in balia delle proprie emozioni e passioni.

La sua ambigua seriosità la rende addirittura più bella e sensuale delle altre donne della storia, non solo per lo spettatore, ma anche per il personaggio del pittore che non può fare a meno di sedurla rimanendone segnato; anche questo penso sia stato un preciso intento di Woody Allen che ha voluto le disinibite Cruz e Johansson a fare da contraltare alla timida Hall, mostrando, durante il film, quanto l’apparenza possa incredibilmente fuorviare.          

Ancora una volta, il regista newyorkese prende in contropiede fan e critica e gira un film che non ci si aspettava, gliene va dato merito principalmente perché con una sceneggiatura del genere si è voluto mettere di nuovo in discussione beccandosi non poche critiche e dovendo digerire molti malumori del pubblico a lui più affezionato.

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Autore Paco De Renzis

Nato tra le braccia di Partenope e cresciuto alle falde del Vesuvio, inguaribile cinefilo dalla tenera età… per "colpa" delle visioni premature de 'Il Padrino' e della 'Trilogia del Dollaro' di Sergio Leone. Indole e animo partenopeo lo rendono fiero conterraneo di Totò e Troisi come di Francesco Rosi e Paolo Sorrentino. L’unico film che ancora detiene il record per averlo fatto addormentare al cinema è 'Il Signore degli Anelli', ma Tolkien comparendogli in sogno lo ha già perdonato dicendogli che per sua fortuna lui è morto molto tempo prima di vederlo. Da quando scrive della Settima Arte ha come missione la diffusione dei film del passato e "spingere" la gente ad andare al Cinema stimolandone la curiosità attraverso i suoi articoli… ma visto i dati sconfortanti degli incassi negli ultimi anni pare il suo impegno stia avendo esattamente l’effetto contrario. Incurante della povertà dei botteghini, vagamente preoccupato per le sue tasche vuote, imperterrito continua la missione da giornalista pubblicista.