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‘Contrasti del ‘900’ chiude ‘La Musica racconta Picasso’

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‘Contrasti del ‘900’


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Splendida esecuzione del Maestro Vizioli di due capolavori di Ravel e Strawinskj

Ieri, 6 giugno, ore 17:30, presso la Sala della Culla del Museo di Capodimonte di Napoli con il concerto ‘Contrasti del ‘900’, eseguito dall’Orchestra San Pietro a Majella, diretta dal Maestro Francesco Vizioli, si è conclusa, con enorme successo, la rassegna La Musica racconta Picasso, ideata in concomitanza della mostra Picasso e Napoli: Parade, da Elsa Evangelista e Sylvain Bellenger, direttori del Conservatorio di Musica San Pietro a Majella di Napoli e del Real Bosco e Museo di Capodimonte.

La rassegna, ricordiamo, comprensiva di quattro appuntamenti, è stata inaugurata lo scorso 24 aprile dallo stesso Vizioli con il concerto Pulcinella Suitedi Strawinskj, per proseguire poi il 7 maggio con ‘Vita popolare napoletana nei quadri di Picasso – Fantasia Napoletana – Totò Fantasy’ di Mario Ciervo, eseguita dall’Orchestra San Pietro a Majella diretta da Mario Ciervo, e il 21 maggio con ‘Napoli suona la Spagna’, Musiche di De Falla, Poulenc, Satie, Elsa Evangelista, Francesco Trincone, chitarra.

Il programma di ‘Contrasti del ‘900’, incentrato sui compositori Maurice Ravel ed Igor Strawinskj, ha visto l’esecuzione, rispettivamente, dell’Introduzione e allegro per arpa, flauto, clarinetto e quartetto d’archi con Lucia Di Sapio, arpa, Antonio Troncone, flauto, Francesco Filisdeo, clarinetto, Antonio Colica e Giuseppe Giuda, violini, Antonio Urciuolo, viola, Raffaele Sorrentino, violoncello – e L’histoire du soldat con Antonio Colica, violino, Francesco Filisdeo, clarinetto, Fabio Marone, fagotto, Raffaele Alfano, tromba – Vincenzo Vuolo, trombone, Laura Mastronimico, percussioni, Antonio Di Costanzo, contrabbasso, Maria Luisa Bigai, voce recitante.

A presentare il concerto, da perfetto padrone di casa, è il Direttore Bellenger, che sottolinea come la mostra ‘Picasso e Napoli: Parade’, visitabile fino al 10 luglio, stia riscuotendo un enorme successo, con già più di 100.000 visitatori.

Esposizione nata appunto per illustrare il celebre viaggio di Picasso e Strawinskj nella città partenopea esattamente un secolo fa.

Date le dimensioni del sipario, 17 metri di altezza e 10 di larghezza, conservato al Centre George Pompidou di Parigi, ed il trasporto epico di cui ha necessitato per il suo arrivo a Capodimonte lo scorso 31 marzo, due camion, una gru, ganci, funi e fasce, si comprende facilmente come venga esposto solo di rado e, probabilmente, per la prossima mostra occorrerà aspettare almeno una quindicina di anni.

Il Direttore del Museo rimarca la chiave di lettura del concerto conclusivo della rassegna musicale: l’introduzione alla modernità attraverso la destrutturazione delle regole e la rottura della tecnica per arrivare ad un risultato assolutamente originale.

Tocca al direttore d’orchestra illustrare, con dovizia di particolari, i vari passaggi che si alterneranno durante l’esecuzione, in modo che anche l’orecchio meno allenato possa cogliere i riferimenti, lasciarsi cullare dai suoni più diversi ed abbandonarsi alle suggestioni melodiche.

Anche stavolta, l’interpretazione che Vizioli regala all’ipnotizzato pubblico è assolutamente incantevole.

La storia della composizione dell’Introduzione e allegro è nota.

La Érard di Parigi, ditta costruttrice di pianoforti e arpe, nel 1905 commissiona a Ravel un pezzo che possa mettere in risalto le caratteristiche dell’ultimo modello di arpa realizzato, la diatonica, che andrà poi a costituire l’arpa moderna.

Ravel compone, così, una delle opere più originali e belle del repertorio cameristico, distinta in Introduzione ed Allegro, settimino che dedicherà ad Albert Blondel.

L’Introduzione, con esordio pacato, vede inizialmente protagonisti flauto, clarinetto e quartetto d’archi, su cui si inseriscono le esecuzioni dell’arpa. Segue una cadenza che dà spazio all’assolo dell’arpa che porta alla raffinata trama musicale dell’Allegro, a coronamento magico dell’intero pezzo.

Momenti di una dolcezza e delicatezza inaudite si contrappongono opportunamente a suoni vibranti, forti, che si fanno via via quasi impercettibili fino a scendere nel profondo e toccare le corde dell’animo, per poi evocare nuovamente immagini oniriche personalissime.

È una indescrivibile commistione di elementi ossimorici ed un ciclico passaggio dall’io al mondo esterno.

Il pubblico è letteralmente estasiato ed applaude compiaciuto.

Si passa al secondo brano.

L’histoire du soldat, opera da camera di Strawinskj del 1918 su libretto in francese di Charles-Ferdinand Ramuz, ha un affascinante intreccio teatrale che include balletti, qui non rappresentati, musica da camera e un racconto ispirato al mito di Faust.

Data l’assenza del canto, non può definirsi opera vera e propria; voce narrante e dialogo parlato fra il Diavolo e il Soldato, mentre la musica non appare affatto come interludio tra i diversi passaggi, piuttosto, ne accentua gli episodi più rilevanti.

L’utilizzo dei diversi strumenti assicura la più vasta gamma nelle tre principali qualità di timbro, così come i riferimenti musicali sono egualmente cosmopoliti nella strumentazione.

L’anno successivo Strawinskj trarrà da quest’opera due suite, una da concerto, con lo stesso organico strumentale privato delle parti vocali, e un’altra per violino, clarinetto e pianoforte.

A tratti sibilante, ironica, sferzante, fiabesca, atemporale eppure eterna, grazie anche all’impeccabile apporto attoriale di Maria Luisa Bigai, che “fa apparire” sul palco i vari personaggi cui dà voce, l’esecuzione è assolutamente perfetta.

Anche stavolta i presenti si abbandonano ad un lungo, interminabile, liberatorio applauso.

Il Maestro Vizioli, comprensibilmente spossato, ma soddisfatto del risultato, ci dedica dei minuti preziosi per un’impressione a caldo, spiegandoci che i punti di contatto tra questo concerto e il precedente, ‘Pulcinella Suite’, sono da ricercarsi nella contaminazione.

In un importantissimo saggio, il grande musicologo Mario Bortolotti, genio della musica italiana del ‘900, sottolinea come nei primi prolifici decenni del secolo scorso questi geni assoluti del panorama artistico internazionale, Debussy, Picasso, Cocteau, Strawinskj, così come altri musicisti, pittori ed intellettuali si confrontassero di continuo, “rubandosi” reciprocamente le idee, affinché le diverse influenze culturali dessero nuovi impulsi al loro estro.

L’Introduzione e allegro di Ravel è la dimostrazione acustica di come i contorni sfumati dell’impressionismo pittorico siano spesso traslati nel linguaggio musicale.

C’è una connessione assolutamente pertinente e non affatto casuale di opposizione di materiali.

Le difficoltà di questo brano non sono ritmiche, dato che è orecchiabile, ma di venature cromatiche da ricercare e ricreare continuamente.

Durante le prove ci siamo accorti che è pieno di accordi e scale legate al jazz.

Esempio concreto di come elementi più disparati possano essere elaborati, acquisiti, assimilati e riproposti in maniera individuale a seconda del compositore.

Un altro aspetto tecnico divertente è il contrasto tra impressionismo e cubismo, tra colori delicati che sfociano l’uno nell’altro e linee assolutamente nette e rigide, disegnate quasi in maniera schizofrenica.

Tra i due brani ci sono circa 10 anni di differenza, uno spazio temporale relativamente breve ma che segna due mondi opposti.

Per questo motivo ho diretto Ravel senza bacchetta, cercando di tracciare idealmente delle nuvole, per enfatizzare momenti quasi allucinogeni, senza preoccuparmi troppo dell’insieme e della nitidezza dei contorni, per evidenziare un particolare modo di concertare e realizzare con il gesto il brano musicale.

L’Histoire du soldat è uno dei pezzi del ‘900 più difficili da eseguire, se sbagli una frazione di secondo rovini l’intero concerto che passa da sfaccettature dure e taglienti dello Strawinskj più acido a nuance eteree.

Come direttore devi cambiare spesso gesto, come musicista devi modificare il modo di attacco del suono, come attore devi continuamente variare ruoli.

Solo veri Professionisti riescono ad eseguirlo in maniera impeccabile.

Abbiamo utilizzato la traduzione in italiano di Roberto De Simone che si è occupato anche di fiabe popolari. Trovo che la sua versione si sposi benissimo alla musica e che tratti l’opera allo stregua di una favola, inserendo delle situazioni in rima.
Tra l’altro, la rima ha un che di musicale al suo interno.

La musica di Strawinskj è un cubismo astratto, assolutamente ingestibile da un punto di vista formale; sembra solo apparentemente un susseguirsi di elementi, invece, dietro, c’è una struttura poderosa: poliritmica, polistilismo, politonalità.

Una sovrapposizione continua e perenne di linguaggi.

Il violino suona sempre; è un continuo feedback tra direttore e violinista, io sento sempre dai suoi accenti e il mio gesto è coordinato con il suo suono, se non ci fosse un buon violinista questo pezzo non sarebbe realizzabile.

L’attrice Maria Luisa Bigai, con cui sono entrato molto in sintonia, carica a dovere la parte fiabesca, come si trattasse di una filastrocca; è stata straordinaria nell’alternare i registri, scandire a dovere ogni sillaba, dare enfasi e voce ai personaggi che si avvicendano, l’uno insinuante, l’altro ingenuo, risultando assolutamente credibile in ogni ruolo.

In Strawinskj c’è anche un amore fortissimo per l’impressionismo e, ogni tanto, questa sua ammirazione fa capolino nelle sue opere.

È per questo che il musicologo Mario Bortolotto fa opportunamente lunghe dissertazioni sul rapporto tra il Maestro russo e l’impressionismo musicale.

L’interprete deve prestare attenzione a spigoli, nettezza degli attacchi, cercare di riprodurre in musica quello che è il Picasso cubista, ma, in alcuni momenti, può lasciare le redini ad una indeterminatezza dei margini.

Il risultato è molto divertente sia per l’orecchio che percepisce quest’armonia dissonante, che per l’occhio che si sofferma sul direttore mentre disegna figure dai bordi indeterminati.

Nonostante l’ensemble sia piccola si raggiunge un livello di decibel notevole.

Tra l’altro, sono piacevolmente stressato ogni volta che dirigo a Napoli perché, come oggi, nel pubblico c’è sempre qualche allievo del corso di direzione d’orchestra che conosce perfettamente i brani, le loro trappole e come queste difficoltà vadano risolte.

Da docente sono molto severo e pretendendo la perfezione dell’esecuzione, per cui, quando invece sono i miei studenti a fare da uditori mi sento, comprensibilmente, sotto osservazione.

È un concerto variegato e prestando attenzione ai deliziosi contrasti, si possono ‘vedere’ oltre che sentire il cubismo e l’impressionismo musicale.

Le contaminazioni tra arte figurativa e vari settori dello scibile umano sono molto più frequenti di quello che si pensi e mi divertono moltissimo.

È possibile accostare qualunque tipo di addentellato all’arte musicale, dai quattro elementi alla cultura, all’architettura, alla pittura, alla scultura.

La musica può contribuire a fare da attrattore verso altre discipline, scopo, in fondo, dell’intera rassegna musicale a Capodimonte.

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.