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Cognizioni Misteriche tra Napoli e Parigi

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Cognizioni Misteriche tra Napoli e Parigi


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Dal 18 maggio al 3 giugno mostra all’Institut Français Napoli

Riceviamo e pubblichiamo.

Giovedì 18 maggio 2017, alle ore 18:00, sarà inaugurata la mostra ‘Cognizioni Misteriche tra Napoli e Parigi’, con opere recenti dell’artista francese Tatiana Chafcouloff e dell’artista napoletana Maria Pia Daidone, a cura di Maurizio Vitiello, all’Institut Français Napoli, Via Francesco Crispi, 86.

Questa mostra è un sincero contributo a far riemergere il fascino, i segreti, i misteri, le rispondenze alchemiche delle due città e del sangue dei suoi martiri, ma non solo.

Emblematiche sovrapposizioni rientrano nella coscienza e creano attese.
La conoscenza suprema è data dai versanti più disparati della cultura e nell’aggregazione visiva delle chiese e dei monasteri un circuito “altro” carica e calibra potenzialità di ricerca del sublime.

Tatiana Chafcouloff e Maria Pia Daidone, su piste parallele e con diverse tecniche operative, con le proprie opere propongono respiri simbolici e rilievi misterici, anche poco conosciuti per rilevarli dall’oblio.

Tatiana Chafcouloff e Maria Pia Daidone hanno lavorato a più stretto contatto definendo delle similitudini con la sola opera comune ‘San Gennaro e Saint Denis: analogie’, lavoro di ampio respiro e di elevata caratura segnica e metaforica.

Le artiste come ‘cercatrici d’anima’ riescono a rendere l’‘esprit’ del tempo passato, del proprio tempo e/o ad anticipare quello futuro.

Un ‘fil rouge’ attraversa Napoli e Parigi, città universali, che i ‘globetrotter della civiltà’ amano visitare.

Emerge oggi l’identità ‘glocal’ per chi opera per la tutela e la valorizzazione di identità, tradizioni e realtà locali, pur all’interno dell’orizzonte della globalizzazione.

Ritrovare l’identità è un corso che può avvenire anche per vie misteriche e per vie simboliche.

Oggi, Napoli e Parigi possono essere osservate e valutate dal ‘flâneur’, termine reso famoso dal poeta francese decadentista Charles Baudealaire, che indica il gentiluomo che s’aggira per le vie cittadine, provando emozioni nell’osservare il paesaggio.

Walter Benjamin adottò questo concetto dell’osservatore urbano sia come strumento analitico che come stile di vita e se ne avvale come un prodotto della vita moderna e della rivoluzione industriale.

Periodo:
18.05.2017 – 03.06.2017

Orari:
lunedì – venerdì: ore 09:00 – 20:00;
sabato: ore 08:30 – 19:00.

Contatti:
Institut Français Napoli
Via Francesco Crispi, 86
80121, Napoli
tel. +39 081-669665
fax +39 081-668415
secretariat@france-napoli.it
www.institutfrancais-napoli.com

Scheda della mostra ‘Cognizioni Misteriche tra Napoli e Parigi’
a cura di Maurizio Vitiello

Emblematiche sovrapposizioni rientrano nella coscienza e creano attese.
Questa mostra è un sincero contributo a far riemergere il fascino, i segreti, i misteri, le rispondenze alchemiche delle due città e del sangue dei suoi martiri, ma non solo.

Corrono in parallelo racconti su misteri, sangue e santi di Napoli e Parigi, tra cui i decapitati San Gennaro e St. Denis.

St. Denis, missionario nelle Gallie, primo Vescovo di Parigi e patrono di Francia, dopo la decapitazione riprese la testa e camminò fino al luogo dove fu eretta la chiesa in cui furono, in seguito, seppelliti tutti i re di Francia, dal X secolo al fatale 1789.

Napoli fu definita nel 1632 ‘Urbs sanguinum’ da un osservatore dell’epoca rimasto sorpreso di fronte alle tremila reliquie di martiri cristiani gelosamente custodite in città nel chiuso dei conventi o delle dimore private.

Sebbene il miracolo (?) dello scioglimento del sangue abbia finito con l’identificarsi con San Gennaro, tanti altri Santi compivano e tutt’ora compiono il prodigio, così definito dalla Chiesa.

Il sangue che si scioglie declina il suggello di devozione mistica, simbolo costante di una fede che si rinnova di anno in anno, perpetuata nel ricordo dei martiri.

Si scioglie il sangue di vari santi a Napoli:
da San Gennaro, Santa Patrizia, San Lorenzo, Santo Stefano, San Luigi Gonzaga, San Pantaleone, a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori…
insomma, si contano almeno una decina di casi.

Nella Chiesa del Gesù Vecchio il liquido di San Luigi Gonzaga (1568-1691) si scioglie nel giorno della ricorrenza del Santo, 21 giugno.
Il tessuto di San Giovanni Battista, custodito nella chiesa di San Gregorio Armeno, resta coagulato per tutto l’anno, salvo poi diventare liquido il 29 agosto, giorno della ricorrenza, per tutta la durata della messa. E quello di San Lorenzo, che pure si scioglie ogni anno, il 10 agosto.

Il miracolo più atteso è quello di San Gennaro, Vescovo di Benevento, decapitato a Pozzuoli all’inizio del IV secolo dagli inseguitori del governatore Dragonzio.

San Gennaro è il patrono principale di Napoli, nel cui Duomo sono custodite le sue ossa e due antichissime ampolle contenenti il presunto sangue del santo raccolto da una donna pia di nome Eusebia, subito dopo il martirio.

Queste ampolle vengono esposte alla venerazione dei fedeli tre volte l’anno: il sabato precedente la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre; giorni nevralgici per assistere al fenomeno della liquefazione, attestata per la prima volta già nel 1389.

Un analogo fenomeno si verifica a Pozzuoli, dove, nella Chiesa di San Gennaro, è custodita la lastra di marmo sulla quale si suppone che il prelato fosse stato decapitato.

Il cippo sarebbe ancora impregnato di sangue e c’è chi sostiene che quelle stesse tracce rosse diventino di colore più intenso e vibrante e trasuderebbero, in real time, con la più importante liquefazione del Duomo.

A Napoli si scioglie anche il sangue di una santa nobildonna, parente dell’imperatore Costantino, Santa Patrizia, originaria di Bisanzio.
Fu tumulata nel monastero di Caponapoli; nel 1864 le sue spoglie furono traslate nel Monastero di San Gregorio Armeno.

Il miracolo legato allo scioglimento del sangue si perpetua, ormai, da quasi 1200 anni!

Il miracolo avviene di norma ogni 25 agosto, ma non è raro che si verifichi anche di martedì mattina. Santa Patrizia è considerata la protettrice delle partorienti.

Nel Medioevo la natura e le sue immagini, soprattutto quelle di tipo zoomorfo, oltre a impressionare e a commuovere, hanno, anche il compito di insegnare a essere dei buoni cristiani, allorché il comportamento umano si percepisce in sintonia analogica con il comportamento degli animali.

Nei testi detti ‘bestiario’ vengono segnalati animali sia reali sia fantastici, come il grifone, la manticora, il drago o il minotauro.

Gli animali affollano le chiese e i monasteri, occupando gli apparati decorativi e le scene figurate, ma suscitano, anche, però, sdegno in alcuni prelati come Bernardo di Chiaravalle, che si scaglierà contro i mostri scolpiti nella pietra delle cattedrali cluniacensi.

I bestiari scolpiti sono opere di carattere didattico-allegorico-morale in cui sono descritte le proprietà di animali sia reali che fantastici; attraverso, quindi, le peculiarità è lecito riprendere e ricavare insegnamenti etici e religiosi, ma non mancano digressioni simboliche.

Tali specificità, reali o immaginarie, si riferiscono sia all’aspetto fisico dell’animale, sia al suo comportamento e alle sue abitudini, ai suoi rapporti con le altre specie, compresa quella umana.

I bestiari sono una sorta di ordinamento, osservazioni scientifico-razionali, di provenienza, prevalentemente, aristotelica, visioni filosofiche, credenze magiche, elementi derivati dalle Sacre Scritture e indicazioni frutto dell’esperienza diretta o fluidificate da leggende e racconti popolari.

Tatiana Chafcouloff e Maria Pia Daidone hanno lavorato a più stretto contatto definendo delle similitudini con la sola opera comune ‘San Gennaro e Saint Denis: analogie’, lavoro di ampio respiro e di elevata caratura segnica e simbolica.

Tatiana Chafcouloff con estrema eleganza predispone nella gestualità operativa l’uso della china. La china non cancella, non nasconde; la china “evita” gli errori; la china esalta la linea della continuità, perché non è previsto il ritorno, il ripensamento.

Il “giusto” concettuale, se metabolizzato con esatta partecipazione, fa scendere, scivolare, il savio e orgoglioso appunto mentale.

Il disegno spontaneo e corretto prende ritmo e quasi in una ‘trance’ operativa, da ‘chinacontinuum’, viaggia spedito.

Regolare su un foglio l’impatto della china è motivo eletto dell’artista, che sagoma composizioni interessanti, di calcolato rilievo e d’indubbio fascino.

Ravvede che ogni città presenta architetture per il tempo; monumenti, chiese, ponti, torri sono capisaldi dell’esoterismo e dell’alchimia e sfidano la storia.

La ‘Tour Eiffel’, simbolo della moderna Parigi, forse voto d’amore per una Amélie, regge il tempo ed è entrata nella storia di Parigi.

La conoscenza suprema è data dai versanti più disparati della cultura e nell’aggregazione visiva delle chiese e dei monasteri un circuito “altro” calibra potenzialità di ricerca del sublime.

L’egregia combinazione della Chafcouloff per la visione di ‘Notre-Dame’, in carboncino e china dorata, ricorda l’importanza di un luogo ecclesiastico vitale e della sua eredità.

Tra le sculture dei santi all’entrata di Notre-Dame ce n’è uno senza testa, è St. Denis, martire a Parigi.

Secondo la leggenda il santo fu decapitato e quando la testa toccò terra il corpo la raccolse e camminò per sei km a Montmartre reggendola in mano, lungo quella che si chiama rue des Martyrs.

Con ‘Incroci bizantini’ con fondo gesso e china dettaglia i sentieri della storia.

Con ‘L’Allée des Cygnes’, in china rossa, ci segnala il viale alberato di 890 metri in un territorio artificiale nello specchio d’acqua parigino, denominato l’Île aux Cygnes, al cui termine si trova una replica della Statua della Libertà.

L’altra opera ‘Le double oiseau du pére’ ci ricorda l’aquila bicipite che rimanda ai Templari e ‘La nascita di Parigi’/’La naissance de Paris’, china e oro, ai trascorsi romani e egizi.

I lavori in cartapesta di Tatiana Chafcouloff ‘Diavolo con le ali e la coda’ e ‘Uccello con lungo becco’ riverberano sporgenze e, così, specificano gli altri versanti luciferini.

Un’altra sua opera ‘Uovo bianco e oro’ motiva la determinazione geometrica dell’uovo affiliando idealmente, così, Parigi e Napoli; molti testi alchemici e di magia dicono che “uovo” è la definizione di ‘Athanor’, oggetto capace di trasformare ogni materia in metallo prezioso.

Comunque, i sentieri misterici sono principalmente nelle chiese.
Primo capolavoro di arte gotica e chiesa di un’abbazia potente, nonché luogo di pellegrinaggio estremamente importante nel Medioevo, la Basilica Cattedrale di Saint-Denis unisce il suo destino a quello della regalità, divenendo luogo di sepoltura dei re di Francia.

Essa accoglie oggi oltre settanta monumenti funerari scolpiti, tra cui quelli di Dagoberto, di Francesco I, di Caterina de’ Medici e di Luigi XVI.

Parigi è centro di pellegrinaggi misterici da quasi duemila anni; da quando cioè, Giuliano l’Apostata, nel 360 d.C., avrebbe costruito un tempio per fare della Lutetia dei Galli un luogo sacro a Iside, dea egizia della Terra e della Luna e, quindi, dispensatrice di Vita.

Da allora, è destino di questa città illuminare il mondo con le università o con il culto della ragione dei philosophe, con la pratica di nuove percezioni o, al limite, con una Rivoluzione.

La Chiesa di Saint-Sulpice ha una sacrestia che immetterebbe su arcani sotterranei; molti i simboli misterico-massonici dei fregi, delle statue o dei dipinti di Delacroix.

L’antica Abbazia di Saint-Germain-des-Prés è l’altra chiesa del mistero parigina; sorta nel 542, più volte distrutta e restaurata, ospita tra l’altro la tomba del filosofo Cartesio e splendide vetrate medievali.

In una cripta sarebbe celata la prova del collegamento fra i merovingi e Gesù di Nazareth; portali e volte vivono di gotico, romanico primitivo e fregi arcaici.

Da ricordare che nella Chapelle del Musée des Arts et Métiers si svolge la scena clou de ‘Il Pendolo di Foucault’, secondo romanzo di Umberto Eco, del 1988; un gruppo di amici inventa una controstoria esoterica dell’Occidente che passa dai Templari all’occultismo, alle grandi cattedrali.

Rimbalzano, così, notazioni sui percorsi alchemici rintracciabili anche con le statue di Notre-Dame.

A Notre-Dame convivono, eternamente scolpiti nel sasso, vescovi, santi, ma anche diavoli e mostri dalle curiose fattezze.

Nel lontano medioevo la religiosità andava sempre al passo con il mistero, con l’esoterismo, con la scienza e con l’alchimia: sulla facciata occidentale, il portale principale è dedicato al giudizio universale, ma, più defilato, un dettaglio dell’architrave mostra San Michele e Satana che pesano le anime mediante una bilancia retta, in perfetta collaborazione, da entrambi; a fianco, un altro diavolo, con l’espressione lubrica, si attarda in gesti sconvenienti.

Formano quest’ancestrale patrimonio una moltitudine di irsute chimere, di buffoni, di draghi, vampiri e tarasche, animali mostruosi che venivano portati in processione, durante la pentecoste, nel sud della Francia, in particolare a Tarascona.

Esoterismo e, contemporaneamente, umanità impregnano immagini originali, viventi, singolari, testimoni degli istinti dei nostri antenati, che hanno voluto tramandarci nella pietra indelebile il simbolismo dei vecchi alchimisti e sino a indicare Notre-Dame una vera e propria ‘Chiesa Filosofale’!

Il Generale De Gaulle, celebrandovi ufficialmente la liberazione dai nazisti il 26 agosto 1944, tenne a ribadire per sempre il legame tra la cattedrale di Notre-Dame, iniziata nel 1163, e la sua città.

Sulla sua facciata e nelle vetrate si trovano riferimenti biblici misti a simboli astrologici e alchemici; sembra documentato che gli alchimisti parigini si riunissero nel XV secolo una volta alla settimana, nel giorno di Saturno, nel portico a nord.

E in basso, sul pilastro centrale della facciata, tra altre rappresentazioni delle arti, spicca il medaglione dell’alchimia che abbraccia la scala della conoscenza e stringe due libri, uno aperto, l’altro chiuso: c’è un sapere per tutti e un altro riservato agli iniziati.

Da non dimenticare, però, il Café de la Paix di boulevard des Capucines, frequentato da Zola e Maupassant, ma, soprattutto, tra gli Anni ‘20 e ’40 del secolo scorso, da Georges IvanovicˇGurdjieff e dal suo allievo René Guénon, pensatori che, tra ipnotismo e danze sufi, musicologia e dottrina olistica, cercarono una ragione superiore al confine tra Oriente e Occidente.

Se Parigi sottintende Iside, matrice di cultura egizia, e s’avvale di geometrie sacre che trapassano i secoli, dalla croce dei templari alle sofisticate notazioni di un tempio massonico, la Cappella Sansevero registra l’apoteosi di una dimensione.

Alcune opere di Maria Pia Daidone, quattro sculture in cartapesta rendono immagini zoomorfe, ‘Drago giallo’ e ‘Uccello rosso’, e immagini antropomorfe, ‘Diavolo blu’ e ‘Testa verde’.

Altro aspetto che l’artista ha considerato in quest’esposizione è il ventaglio di singolarità zoomorfe delle Chiese di San Paolo Maggiore, San Domenico Maggiore con la Cappella Ronaldo Nobili, la Cappella Carafa con draghi e sirene, Santa Chiara…

La Daidone riprende, poi, motivi virgiliani costituendo la serie ‘Virgilio per Napoli’ con ‘Mosca d’oro’, ‘Sanguisuga d’oro’, ‘Cavallo di metallo’, ‘Cicala di rame’, ‘Vento’, ‘Pesce’, ‘Uovo filosofico’, che sostanziano alcune imprese del poeta latino a favore di Napoli… per liberare la città dagli sciami di mosche, per eliminare fastidiose sanguisughe, per guarire cavalli infermi, per liberare la città dal brutto canto…

‘Il giardino magico di Virgilio’ e ‘Le georgiche: scritti magici’ inquadrano la rete prodigiosa che fa da riscontro alla memoria del poeta-mago.

Altri riferimenti visivi, corroborati dalla lettura delle lettere del Principe di San Severo, sottolineano con l’opera ‘Raimondo di Sangro e il lume eterno’ un’attenzione massima nei confronti dell’esoterica Cappella Sansevero.

La Cappella è un libro di pietra e le lettere del Principe si integrano, mentre nel primo vengono indicate le tappe della via alchemica, nelle lettere viene adombrato il modo di raggiungerle.

Pare chiaro che il Principe e i suoi seguaci avessero come fine la possibilità di dare un senso alla Vita, e che tale senso si può dare solo superando il limite estremo della vita umana.

La Daidone con la serie ‘Valigie del mistero: sangue che si scioglie’ e la ‘Valigia del ricordo: immagini con anime del purgatorio in rosso’ riesce a smistare una rinnovata attenzione su misteri del sangue, che a Napoli si ripetono nelle edicole votive, che imprimono una religiosità corrente marcando il senso di una comunità nella sponda della ‘street corner society’.

La Daidone ha realizzato un’opera particolare intitolata il ‘Mantello’.
Ha protagonista il rame, per la duttilità e le valenze simboliche; il rame antico metallo usato da sempre risulta simbolo di un’energia vivificante, che pervade ogni ciclicità.

Baleni infiammano la dimensione spirituale e fondono in un sapiente gioco increspate tensioni, tra passato e presente.
Una dimensione simbolica e metaforica del femminile si salda legando mitologia e contemporaneità.

Le metabolizzate, significative, leggère tessere di rame s’interpolano come elementi preziosi, perché segnico-simbolici di interpretazione e di comunicazione sociale.

La ‘texture’ di ogni riquadro ramato è un sottile ricalco arricciato, increspato, mosso, sbalzato, ondulato su cui scivolano motivi ritmati e strette pressioni, mentre i bordi si solleticano e si sfiorano, limitati e ristretti, in una raffinata disposizione, che assicura una maglia, abbigliata lusinga, o un accurato mantello, appropriato richiamo per un fantasmatico corpo.

Il mantello di tessere di rame, qui in scena, dopo essere stato nella ‘Sala del Trono’ alla Reggia di Caserta, a marzo 2017, sembrerebbe tendere verso la pronuncia di un’overdose estetica, ma, a ben guardare, risulta, poi, essere cortina di un’essenza calamitante, dall’indubbio influsso e fascino pervasivo, che prende l’animo e la mente in modo completo.

Un ‘fil rouge’ attraversa Napoli e Parigi, città universali, che i ‘globetrotter della civiltà’ amano visitare.

Emerge oggi l’identità glocal per chi opera per la tutela e la valorizzazione di identità, tradizioni e realtà locali, pur all’interno dell’orizzonte della globalizzazione.

Ritrovare l’identità è un corso che può avvenire anche per vie misteriche.

Oggi Napoli e Parigi possono essere osservate e valutate dal flâneur, termine reso famoso dal poeta francese decadentista Charles Baudealaire, che indica il gentiluomo che vaga per le vie cittadine, provando emozioni nell’osservare il paesaggio.

Walter Benjamin adottò questo concetto dell’osservatore urbano sia come strumento analitico che come stile di vita e se ne avvale come un prodotto della vita moderna e della rivoluzione industriale.

In conclusione, due utili riferimenti:

Parigi è come un oceano. Gettateci una sonda e non ne conoscerete mai la profondità
Honoré de Balzac

Quando Cocteau arriva a Napoli, nel 1917, scrive a Picasso per invitarlo a raggiungerlo, ma il pittore risponde:

Sto bene a Roma, e poi c’è il Papa.

Immediata parte la replica del poeta all’amico pittore:

Sì è vero, a Roma c’è il Papa, ma a Napoli c’è Dio.

Scorrono Napoli e Parigi nelle vene del mondo.

Per approfondimenti:

Scheda biografica di Tatiana Chafcouloff

Elenco opere di Tatiana Chafcouloff per Grenoble

Scheda biografica di Maria Pia Daidone

Elenco opere di Maria Paidone per Grenoble

Foto Attilio Santarelli e Luciano Basagni

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