Alle soglie del tempo: riflessione sulla notte primordiale
L’istante del solstizio d’inverno configura un paradosso fenomenologico unico nella dialettica cosmica: è il momento in cui la temporalità sembra sospendersi, dove l’oscurità raggiunge la sua massima espansione e, simultaneamente, contiene già in sé il germe della propria negazione.
Non si tratta solo di un evento astronomico, ma di una soglia metafisica dove i confini tra essere e non-essere divengono straordinariamente porosi.
La dimensione iniziatica dell’ombra
L’oscurità non va intesa come mera assenza di luce, bensì come matrice generativa, come grembo ontologico dal quale ogni manifestazione scaturisce. In questa prospettiva, il buio diviene un dispositivo simbolico complesso: non è limite, ma possibilità; non è morte, ma potenziale di rigenerazione.
Le tradizioni esoteriche – dalle più antiche scuole iniziatiche alla Libera Muratoria – hanno sempre letto questo passaggio come un momento di trasformazione suprema.
Non un semplice mutamento ciclico, ma una vera e propria occasione metanoica dove la coscienza può compiere un salto qualitativo, sottraendosi alla gabbia del tempo ripetitivo.
Archeologia dei pattern: oltre la ripetizione inconsapevole
Il concetto di “pattern” acquista qui una profondità filosofica rilevante. Non si tratta semplicemente di schemi comportamentali, ma di strutture esistenziali che intrappolano l’essere umano in una spirale di ripetizione inconsapevole.
Il solstizio diviene allora un dispositivo di interruzione, un taglio epistemologico che consente di ri-configurare la propria genealogia interiore.
Il paradosso dei due Giovanni: dialettica dell’apparente contraddizione
La tradizione libero-muratoria celebra significativamente i due Giovanni – uno che ride e uno che piange – quale simbolo di una dialettica che supera la logica dualistica. Non più contrapposizione, ma complementarietà; non più conflitto, ma integrazione.
Giovanni Battista e Giovanni Evangelista rappresentano le due polarità di un medesimo movimento: morte e rinascita, contrazione e espansione, buio e luce. Sono le due facce di un medesimo processo metamorfico che attraversa la coscienza umana.
Fenomenologia dell’attesa: la promessa nascosta
In questo istante cosmico, l’attesa non è passività, ma possibilità. È il momento in cui ogni potenzialità diviene possibilità concreta. La notte più lunga non è una condanna, ma un grembo generativo dove già germina la promessa del nuovo sole.
Pratiche iniziatiche: la meditazione come soglia
L’iniziato è colui che sa abitare questa soglia. Non come spettatore passivo, ma come operatore ontologico capace di:
– Decostruire i pattern inconsapevoli, i cosiddetti “metalli” della Massoneria
– Ri-configurare la propria genealogia interiore
– Aprirsi al mistero della trasformazione
– Accogliere l’ignoto come spazio di rigenerazione
Verso una metafisica dell’istante
Il solstizio d’inverno non è dunque un punto, ma una dimensione. Non un momento, ma uno spazio di possibilità. È l’istante in cui la coscienza può sottrarsi al tempo ciclico, dove la morte iniziatica di un pattern, o spoliazione interiore, diviene la nascita di una nuova configurazione esistenziale.
La vera domanda non è cosa accadrà, ma cosa sceglieremo di generare nel grembo di questa notte cosmica dove nell’oscurità più profonda germina la luce più splendente.
Autore Raffaele Mazzei
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