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La Vigilia di Natale a Napoli

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Cena della Vigilia di Natale a Napoli


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A Napoli c’è un solo modo per celebrare la Vigilia di Natale: riunirsi con la propria famiglia e consumare tutti insieme la cena

Tra sei giorni è Natale e lo stress aumenta esponenzialmente tra la corsa per acquistare i regali, i negozi pieni, le strade intasate e, soprattutto, decidere cosa cucinare la sera della vigilia, anche se il menu è immutabile.
A Napoli, infatti, il giorno della vigilia, che nonostante sia lavorativo è considerato ‘mezza festa’, ci si scambia gli auguri con amici e parenti, si acquistano gli ultimi regali da porre sotto l’albero e ci si ferma a mangiare una pizza fritta o a portafoglio per placare lo stomaco in attesa della cena.

Nel primo pomeriggio la città si svuota e tutti sono a casa, a tavola, ad attendere la nascita di Gesù, con un’abbondante cena a base di pesce.

Vi voglio raccontare una Vigilia di Natale, della fine degli anni Settanta del secolo scorso, attraverso i miei ricordi di bambino di dieci anni.

Le scuole sono chiuse, quindi si potrebbe dormire fino a tardi, e invece no. Oggi è un giorno speciale, la casa dei nonni si riempirà di parenti e bisogna preparare da mangiare, sincerarsi che le sedie e le stoviglie siano in numero sufficiente per tutti i commensali.

In forno cuociono già le pizze con la scarola che, a mezzogiorno, serviranno da spuntino, poiché il pranzo inizierà verso le diciotto. Ovviamente, nel forno ci sono anche pizze con il pomodoro nel ‘ruoto’ e qualche altro stuzzichino, da sgranocchiare a colazione.

Le donne di casa, con il grembiule per non sporcarsi il vestito, si muovono all’impazzata nella cucina e nella dispensa, come api in un alveare. Stranamente, ognuna sa quale sia il suo compito, con la nonna seduta in poltrona a dirigere le operazioni culinarie.

Improvvisamente scoppia il panico…

Il capitone è scappato dalla tinozza dove era stato deposto giorni addietro in attesa della sua sorte e non si trova più. Subito una squadra di ricerca si mette in caccia e come una muta di cani lo stana; per il poverino è la fine della libertà e della sua vita.

Per evitare una ulteriore fuga perché ‘o capitone è fetente, lo si giustizia subito e, mentre viene fatto a pezzi e infarinato per essere fritto, sussulta ancora, con la soddisfazione della nonna che afferma:

Che Natale sarebbe se manca ‘o capitone e poi comprarlo ora costerebbe il triplo di tre giorni fa.

Intanto, per ingannare l’attesa del pranzo, con gli amici, facciamo un giro per le strade di Napoli, per comprare ‘e botte, i trick track e le minerve, così chiamate perché si strofinavano sulla confezione di fiammiferi e, una volta lanciate, esplodevano. Naturalmente, vi erano anche le ‘stelletelle’, ovvero un bastoncino di zolfo destinato ai più piccini.

Pian pianino si avvicinava l’ora di mettersi a tavola, ovviamente la puntualità era d’obbligo, anticiparsi un po’ era la giusta occasione per salutare gli zii e i cugini che vedevi solo nei giorni delle feste comandate.

Intanto, le donne avevano tolto i grembiuli, segno che ci si sta per sedere a tavola.  L’ordine delle sedute segue una cerchia gerarchica. Il nonno a capotavola, visibilmente emozionato nel vedere riunita la famiglia, e con il tovagliolo incastrato nella camicia per non sporcarsi.

Apriamo un inciso, per chi aveva vissuto il periodo della seconda guerra mondiale e la mancanza di derrate alimentare, mostrare l’abito unto di olio era la dimostrazione di aver pranzato e quasi un vanto.

Alla destra del nonno siedono, in ordine di anzianità, i figli, i generi e i nipoti più grandi, mentre alla sua sinistra, poiché erano più vicine alla cucina e devono servire a tavola, la moglie, le figlie, le nuore e le nipoti più grandi. Ai più piccoli è riservato un tavolo poco distante dagli adulti.

Dopo un brindisi e un breve discorso del patriarca, si inizia con l’antipasto, la pizza di scarola avanzata a pranzo, le alici marinate e una porzione di insalata di polpo.

Immancabile la raccomandazione della nonna:

‘Non mangiate il pane e non bevete la Coca Cola altrimenti non mangerete niente.

Arriva la prima portata, spaghetti con le vongole, che le cuoche preparano in due modi, secondo i gusti, totalmente in bianco o macchiato con qualche pomodorino.

Terminata la prima portata e i vari bis, passa almeno mezz’ora prima che arrivi in tavola la seconda. Come da tradizione del pasto domenicale, lo ‘spassa tiempo’, composto da frutta secca, come nocciole, pistacchi, fichi secchi, noci e mandorle, accompagna la conversazione dei conviviali, incentrata sul calcio e sulla politica.

Noi ragazzi, invece, siamo intenti a discutere se sia più forte Goldrake, Mazinga o Jeeg Robot.

Si passa ai secondi. Pesce al forno cotto in cartoccio, di solito orata o spigola, oppure all’acqua pazza, cioè cotto in padella con aglio, prezzemolo, pomodorino e innaffiato con vino bianco in cartoccio.

Dopo una breve pausa, per permettere alle donne di friggere il pesce e servirlo caldo per non perdere la croccantezza, arrivano in tavola totani, gamberetti, calamari, il baccalà e sua maestà il capitone, che, per chi non lo digerisce fritto, viene servito umido.

Altri protagonisti del pranzo della vigilia sono l’insalata di rinforzo, composta da cavolo bollito, acciughe, olive e papaccelle, peperoni dolci a forma ovale e i broccoli di Natale, serviti con il limone dopo averli fatti sbollentare e soffritti in padella con aglio, olio e peperoncino.

Dopo la frutta, a base di agrumi, facendo attenzione a conservare e sminuzzare le bucce – capirete a breve il perché – arrivano i dolci, tutti rigorosamente fatti in casa per onorare la tradizione partenopea, seguendo ricette ancestrali, ed esattamente struffoli, roccocò, susamielli, mustacciuoli e la cassata napoletana, che si differenzia da quella siciliana per la ricotta di mucca e non di pecora.

Da notare che mio nonno, tradizionalista, ha bandito panettone e pandoro.

Per digerire il pasto, liquore fatto in casa, come finocchietto, limoncello o nocino.

Ed ecco che i bambini e le donne iniziano a giocare a tombola, con le bucce dei mandarini o i fagioli per segnare i numeri.

Se il tabellone lo porta zia Gilda, cioè è lei ad estrarre i numeri dal contenitore, è un vero tormento, poiché invece di comunicare i numeri estratti come 28, 15 o 56, ne annuncia il  significato nella Smorfia, la disgrazia, 17, la musica, 55, la paura, 90. Il più delle volte compone una vera e propria filastrocca.

Gli uomini, invece, si ritirano in un’altra stanza per giocare a carte, di solito sette e mezzo o stoppa, un gioco basato sulla primiera della scopa.

A mezzanotte tutti nel salone per scambiarsi gli auguri e per deporre il bambino nella mangiatoia sul presepe.

Alla fine della serata, la divisione degli avanzi, tutti a casa, per una piccola pausa per ricominciare, dopo poche ore, con il pranzo di Natale.

Questo è il ricordo di un giorno di vigilia vissuto da un bambino sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, che sicuramente avrà riportato alla memoria qualcosa di molto simile a chi ha superato il mezzo secolo di vita.

Un Sereno Natale di pace amore a voi e ai vostri cari.

 

Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.