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Me piace ‘o presepio – Parte seconda

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L’albero di Natale è bello solo quando è finito e quando si possono accendere le luci, il presepe invece no, il presepe è bello quando lo fai o addirittura quando lo pensi.
Luciano De Crescenzo


La nascita divina avviene in una notte fortemente stellata definita ‘santa’ che, come ben sappiamo, è la notte del solstizio, il momento di massima espressione del buio da cui prenderà vita la luce.

Psicologicamente questo può essere assimilato al momento in cui dalle forze del caos dell’inconscio prende vita la coscienza, che, pian piano, organizzerà e ordinerà le forze oscure, portandole ad un livello differenziato.

Anche in natura i semi germogliano al buio, il che significa che il buio è il tempo della fecondazione e della futura nascita di tutte le cose.

I neonati nascono immersi nell’inconscio prima che inizi la formazione dell’Io che li renderà coscienti di sé e poi del mondo.

Tuttavia, anche durante la vita di ogni individuo, ogni volta che la coscienza dovrà integrare qualcosa dell’inconscio, l’immagine interiore è quella del buio, che non è disperazione, ma anticipo di perdono e di riflessione, della disgregazione e dell’indifferenziazione a cui farà seguito una nuova organizzazione psichica, che amplierà la consapevolezza con contenuti prima impensabili.

La notte santa rappresenta, quindi, un passaggio archetipico colmo di disorientamento ma in cui sono già presenti i semi (stelle) di ciò che si costellerà nella nuova forma che l’individuo prenderà.

Ogni comunità arricchisce il presepe con simboli e figure che riflettono le proprie tradizioni, i costumi e la storia. Questo ne fa una forma d’arte popolare, che evolve con il tempo, mantenendo, però, un legame profondo con le radici culturali e sociali della comunità. Come abbiamo scritto nel precedente articolo.

Il legame spirituale trae la sua origine nell’apparizione del Cristo, inteso soprattutto come evento cosmico: la prima manifestazione della vita nella natura ed il principio di tutto ciò che esiste.

Nel corso dell’anno il sole passa per i quattro punti cardinali: equinozio di primavera, solstizio d’estate, equinozio d’autunno, solstizio d’inverno. Nel corso di questi quattro periodi, nella natura avvengono grandi trasformazioni, circolano potenti energie che influenzano la terra e tutti gli esseri che la popolano.

La nascita del Cristo, sé superiore, inscena un avvenimento che si ripete ogni anno nell’universo – per alcuni è già nato, per altri nascerà fra poco, per altri non nascerà che fra qualche secolo -, ma che si può verificare metaforicamente dentro di noi in ogni istante della nostra esistenza.

Da secoli si ripete questa storia senza capirla, perché il simbolismo universale è andato perso, purtroppo questo mi viene da pensare se spingo lo sguardo oltre i contenuti abissali e virtuali oggi predominanti.

Per esempio, Giuseppe e Maria sono due simboli della vita interiore: il padre Giuseppe è l’intelletto, lo spirito dell’uomo, il principio maschile; la madre Maria è il cuore, l’anima, il principio femminile.

Quando il cuore e l’anima sono purificati lo Spirito Santo, l’Anima Universale, sotto forma di fuoco, amore divino, viene a fecondare l’anima ed il cuore dell’essere umano e nasce il figlio.

La stalla e la mangiatoia riproducono le povertà dell’anima e le difficoltà che l’uomo incontra per raggiungere la spiritualità.

E che cos’è la stella? È l’uomo stesso. Un pentagramma vivente, che deve esistere in duplice forma; ciò che è in alto è come in basso e ciò che è in basso è come ciò che è in alto.

Quando l’uomo ha sviluppato in pienezza le cinque virtù – amore, saggezza, verità, giustizia, bontà – un altro pentagramma, la stella luminosa, lo rappresenta sui piani sottili.

Quella stella che brilla sopra la stalla rappresenta, appunto, la luce cristica che ogni essere può far brillare dentro di sé.

Anche i grandi capi religiosi, Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, sentono che non sono ancora giunti a quel grado di spiritualità che credevano, per cui vanno ad apprendere, ad inchinarsi ed a portare in dono oro, incenso e mirra: l’oro significa che Gesù ère, dato che il colore giallo è il simbolo della saggezza; l’incenso che è un sacerdote, poiché fa riferimento al campo religioso, al cuore e all’amore; la mirra il simbolo dell’immortalità, la si utilizzava, infatti, per imbalsamare i corpi e per preservarli dalla decomposizione.

I Re Magi hanno quindi portato dei doni che hanno un legame con i tre mondi: pensiero, sentimento e corpo fisico.

In quella stalla vi erano solo il bue e l’asinello. Perché?

La stalla indica il corpo fisico ed il bue allo stesso modo del toro, anticamente è stato sempre considerato come il principio generativo; in Egitto, per esempio, il bue Apis era il simbolo della fertilità e della fecondità.

L’asino, invece, esprime la personalità, la natura inferiore dell’uomo. Questi due animali erano là per servire Gesù.

Quando l’uomo comincia a compiere su di sé un lavoro per la sua evoluzione, entra in conflitto con la sua personalità e con la sua sensualità. L’iniziato è appunto colui che è riuscito a dominare queste due energie ed a metterle a suo servizio, ma non le reprime, in quanto sono energie straordinariamente utili se messe all’opera sotto il giusto controllo.

Il Natale, dunque, ci ricorda che il significato dell’esistenza umana è quello di risvegliare il sé inferiore al cospetto dell’anima e ciò avviene, all’inizio, mediante l’arte di vivere. Si tratta di un processo che comporta prove ed errori, spesso attraverso l’esperienza della sofferenza come illusione che, infine, conduce verso la verità immanente.

Ciò è ottenuto gradualmente tramite un riorientamento dei desideri e, in una fase successiva, l’identificazione con il sé superiore. Sono molti gli individui che consapevolmente orientano la propria vita verso le finalità più alte: alcuni si stanno preparando, altri stanno già operando per raggiungere queste finalità. Sono persone che si sintonizzano sempre più con la propria anima e si allontanano da una realtà personale ed egoistica.

Ed ora tre dei personaggi più importanti abbandonano il piano fisico: il Bambino Gesù salomonico, il saggio Giuseppe, padre iniziato e veggente, che ha accolto e protetto nei suoi primi anni l’individualità di Zaratustra, e Maria, la giovane madre del Bambino Gesù natanico. Di quest’ultima Steiner dice, che portò con sé, nei mondi spirituali, l’intero prezioso corpo eterico del Gesù salomonico.

Poco tempo dopo, muore anche Giuseppe, padre del Gesù natanico, il quale aveva accolto presso di sé l’altra Maria con tutti i suoi figli.

Dell’eletta schiera che formava la Sacra Famiglia rimangono solo due individualità: Gesù e la Madre, Maria, colei che ha accolto l’omaggio dei Re Magi e che ritroviamo ai piedi della croce, quando ilFiglio l’affida al suo discepolo Giovanni.

Dal mondo spirituale Maria rimane sempre unita ai suoi; al Battesimo nel Giordano un altro grande evento si compie, la verginità dell’anima di Maria si estende e rende vergine anche l’altra Madre, rimasta sulla Terra.

Qui ci si avvicina al massimo mistero della vita e nel fulcro della storia dell’umanità, si intravede il rapporto fra lo Spirito che vuole avvicinarsi e l’umanità che si prepara ad accoglierlo. Questo è un rapporto animico: la verginità che rende possibile un fatto così straordinario è una facoltà dell’anima, non uno stato fisico.

Giuseppe rappresenta il principio maschile e simboleggia il lavoro umano necessario all’ascesi spirituale, lo spirito del sole, il padre nei cieli, il vero spirito monadico.

I colori del suo vestito sono giallo ocra e marrone: il primo è il colore del sole e rimanda alla natura spirituale, il secondo è il colore della terra e del legno, e fa riferimento alla natura umana.

Maria, il principio femminile, allude all’energia spirituale che discende nella coscienza. Il suo nome proviene originariamente dall’egiziano e significa amare, Myryam. Si riferisce, intimamente, alla madre Terra, la vera Vergine Maria, ma, contrariamente a quanto si crede, non indica la luna, bensì la grande Madre Terra in cui viviamo.

I colori del suo vestito sono bianco e azzurro cupo o blu: il primo è il colore della luce spirituale ed il secondo dell’energia vitale del nostro pianeta, che, infatti, è chiamato pianeta blu. Nel simbolismo celtico Giuseppe è raffigurato dalla Lancia e Maria dalla Coppa.

Ma torniamo al simbolismo del presepe. L’acqua è figura della salvezza cui attingere e della sorgente che sgorga da sotto la soglia del Tempio, secondo la visione di Ezechiele (cf. Ez 47,1-12), allora porre un ruscello nel presepe, meglio se sgorga dalla ‘roccia’ della grotta, è un gesto semplice, che vale, però, tutta una professione di fede ed indirizza il nostro desiderio verso quella sorgente che, da sola, è in grado di dare vita.

Allo stesso modo, il fuoco posto vicino al Bambinello richiama il roveto, che brucia senza consumarsi, così come la natura divina, il fuoco, arde nella natura umana, senza però distruggerla; è il fuoco della Misericordia divina, che purifica e scongiura il fuoco divoratore dell’Inferno.

C’è poi un pozzo, ovvero un canale di comunicazione tra le viscere della terra e il cielo, una realtà che congiunge il basso e l’alto e unisce tre elementi della creazione – l’acqua, la terra, l’aria – presso il quale nella Bibbia si stringono amicizie e si sugellano fidanzamenti e matrimoni.

Dunque, il pozzo indica, innanzitutto, Gesù stesso, che nella natura umana e divina unifica e collega in Sé Cielo, terra ed inferi: disceso dal Cielo, venuto sulla terra, sprofondato negli inferi e di nuovo asceso alla destra del Padre.

Allo stesso modo il ponticello allude a Cristo quale ‘pontefice’ tra Dio e gli uomini.

Ed ecco i pastori, che si riferiscono al cammino nei tre livelli evolutivi.

Il pastore giovane con agnello è il discepolo in prova, che si avvicina alla prima iniziazione; porta sulle spalle, ovvero il suo karma, un agnello, simbolo dell’era di Aries che sta ormai per terminare per lasciare il posto alla nuova era di Pisces, in cui non si sacrificherà più il montone, quale espiazione del propri peccati, il karma, ma sarà il proprio ego ad essere sacrificato al Cristo, per poter giungere alla nuova nascita nella grotta del cuore.

Il pastore di media età, ovvero, il discepolo accettato, che si avvicina alla seconda iniziazione, il quale ha sconfitto il suo ego ed ha quindi ottenuto la nuova ‘veste’, ossia un corpo emotivo purificato dai desideri.

Infine, il pastore anziano, ovvero l’iniziato, che ha raggiunto la terza iniziazione, il quale offre il latte della sua capra alla sua monade e si prepara alla successiva iniziazione, sulla croce della grande rinuncia, la quarta iniziazione.

Per concludere, le pecore che rappresentano l’umanità ordinaria, ovvero il popolo di Dio nella sua fase evolutiva media.

A finire, un passaggio sui Magi: essi derivano dal Vangelo di Matteo e dal Vangelo armeno dell’infanzia, considerato apocrifo. In particolare, quest’ultimo fornisce informazioni sul numero e il nome dei sapienti orientali, i tre sacerdoti persiani Melkon, Gaspar e Balthasar, anche se non manca chi vede in essi un persiano, recante in dono oro, un arabo meridionale con l’incenso e un etiope, con la mirra.

I Re Magi entrano nel presepe sia incarnando le ambientazioni esotiche sia come simbolo delle tre popolazioni del mondo allora conosciuto, ovvero Europa, Asia e Africa.

Dovevano essere certamente astrologi babilonesi, che studiavano le stelle ed interpretavano i sogni, savi membri della casta sacerdotale persiana ed incarnano i sapienti e i saggi di tutto il mondo, che vengono a Cristo per rendergli omaggio e portargli i propri doni.

Tutto quanto l’umanità ha raccolto in scienza ed esperienza sfocia nell’adorazione del Bimbo divino. Chi segue il suo sapere fino in fondo giungerà a Dio.

Nella Bibbia si dice che i Magi sono capaci anche di interpretare le stelle, quelle che si trovano in cielo, ma anche quelle che sorgono nei nostri cuori. Se comprendi rettamente le stelle del tuo destino, ovunque nella tua vita sentirai sopra di te la mano di Dio che ti protegge e ti guida.

Egli stesso ti prenderà per mano sulle confuse strade della tua esistenza, per condurti, attraverso momenti magici e di disillusione, alla stella che riluce sopra il Bimbo divino. Anche se, nell’oscurità della tua notte, tu spesso non vedi più la stella, se ti senti abbandonato nel tuo cammino, certamente Lui ti condurrà alla meta.

Quest’anno faccio il più bel Presepio di tutti gli altri anni. Pastorella, o’ terzo piano, mi ha incontrato per le scale e mi ha detto che lo fa pure lui il Presepio.
Mi ha detto: “facciamo la gara”.
Sta fresco… Lo voglio far rimanere a bocca aperta. Ho fatto pure i
disegni, i progetti…
Eduardo De Filippo – Natale in casa Cupiello

Buon Natale a tutti.

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.