Ingredienti
400 grammi di semola di grano duro
120 di farina 00
7 grammi di lievito di birra
Olio EVO q.b.
Liquore all’anice q.b.
Semi di finocchio q.b.
Semi d’anice q.b.
Sale q.b.
Zucchero semolato q.b.
Procedimento
Con l’inizio di dicembre siamo in pieno clima natalizio, quindi si comincia a pensare a dolci e ricette che possano essere preparati non solo per cenoni vari, ma anche in altre occasioni.
Una di queste è l’Immacolata, che solitamente era il momento in cui si preparava l’albero o il presepe.
Questa è appunto una ricetta semplice e gustosa dell’8 dicembre, preparata in Puglia, in particolare a Gravina, che vanta una tradizione culinaria solida ed originale.
Innanzitutto, facciamo scaldare l’acqua. Ce ne servono orientativamente 200 ml, che corrispondono ad un bicchiere di plastica riempito fino all’orlo.
Non deve bollire, anzi, deve essere solo tiepida, al punto di poterci sciogliere il lievito facilmente. Anche in questo caso possiamo andare ad occhio, come si diceva una volta, 7 grammi sono all’incirca un quarto di panetto, che di solito pesa 25 grammi.
In una ciotola abbastanza capiente mescoliamo le farine e facciamo una fonte, versando al centro la metà di acqua e lievito e un paio di cucchiai di olio EVO e, al lato della ciotola, un paio di pizzichi di sale.
Lavoriamo con delicatezza a mano, incorporando piano piano i semi di anice e di finocchio, un pizzico di zucchero e il liquore all’anice; anche una sambuca va benissimo.
Il risultato dovrà essere un impasto omogeneo, morbido e liscio, magari completandolo su un piano leggermente infarinato per avere più spazio.
Rimettiamo tutto nella ciotola, che copriamo e facciamo lievitare fino a che non sia più o meno raddoppiato il volume. Una volta si usavano plaid per coprire, ma se è un luogo caldo e riparato va benissimo anche uno strofinaccio robusto.
Quando la lievitazione sarà completata, infariniamo un piano di lavoro e stendiamo il nostro impasto con un matterello.
Non deve essere troppo sottile, diciamo che l’ideale è un mezzo centimetro di spessore, fino ad ottenere una specie di rettangolo.
Arrotoliamo partendo dal lato più largo, formando un cilindro abbastanza stretto, poi lo chiudiamo sovrapponendo gli estremi e sigillando con le dita bagnate, dobbiamo dare la classica forma del tarallo, con il bordo aperto sotto.
Pratichiamo, poi, dei taglietti sulla superficie, sia per favorire la lievitazione che per dare la forma tradizionale. Ci possiamo servire di un coltello affilato o di una lametta.
Mettiamo in una teglia da forno e lo facciamo lievitare un’altra mezzoretta nel forno spento, poi facciamo cuocere in forno statico preriscaldato per quaranta minuti circa, fino a che il tarallo non prenda il classico colore dorato.
Qualcuno usa mettere un pentolino con dell’acqua nel forno il primo quarto d’ora per creare un po’ di vapore.
Le varianti, come al solito sono numerose.
Possiamo usare del miele invece dello zucchero o del liquore dolce al limone o all’arancia al posto di quello all’anice.
Va tagliato dopo che si è raffreddato, mi raccomando!
Da mangiare anche come sostitutivo del pane, ma, di solito, viene farcito con salumi o formaggi.
Buon appetito!
Autore Carolina Barra
Carolina Barra, impiegata in pensione, profonda conoscitrice del cibo in tutte le sue declinazioni, adora cimentarsi nei piatti tipici della tradizione e scoprirne i trucchi per poterli tramandare.