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Farfariello

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Farfariello


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Partito da Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno, all’inizio del ventesimo secolo conquistò il popolo americano inventando uno slang composto da un maccheronico italoamericano

Farfarello è un diavolo che ha molte presenze nella letteratura italiana. Dante lo inserisce nell’Inferno, una figura comica protagonista di un episodio grottesco.

Spesso Alighieri descrive i diavoli in modo buffo, quasi a stemperare il clima tragico che si respira nel regno di Lucifero, basti pensare a quelli che si gettano gli escrementi l’uno con l’altro o a quelli che scorreggiano.

Oltre che nell’opera dantesca, Farfariello compare anche nelle Operette Morali di Leopardi e nella poesia Ninna Nanna della guerra di Trilussa, portata in musica da Claudio Baglioni; è citato anche da Sciascia in Il giorno della civetta e, infine, compare in una canzone classica napoletana Lo guarracino per indicare che il personaggio in questione andò in tutte le furie:

Quanno lo ‘ntise lo poveriello se lo pigliaje Farfariello.

Farfariello fu soprattutto il nome d’arte scelto da Eduardo Migliaccio, un perfetto Carneade per molti ma che conquistò il pubblico statunitense grazie alla sua verve di macchiettista e di cantante.

Nato da una famiglia borghese a Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno, il 14 aprile 1882, dopo gli studi di ragioneria, per contrastare la passione per il mondo teatrale, la famiglia lo spedì ad Hazleton, in Pennsylvania, negli Stati Uniti, dove ottenne un impiego in banca, anche se spesso ricopriva il ruolo di scrivano per i suoi compaesani analfabeti.

Tuttavia, l’emigrazione non sortì l’effetto sperato, anzi, egli quasi subito abbandonò la carriera di bancario e si dedicò totalmente allo spettacolo.

Gli inizi non furono facili e sperimentò in prima persona le problematiche di vivere in un Paese straniero e la non conoscenza della lingua, ma la sua abnegazione prevalse sulle difficoltà e nel 1912 debuttò in un Café Chantant di New York e, in breve tempo, divenne la star del teatro comico newyorkese.

Autore, cantante e macchiettista, trasse il suo pseudonimo dal titolo di un suo brano, Farfariello.

Abile e veloce nei travestimenti, grazie soprattutto alle sue irriverenti macchiette in lingua napoletana, ottenne un clamoroso e crescente successo sui palcoscenici americani,

Fu inventore di un nuovo slang, l’Italglish, una lingua mista tra l’americano ed il napoletano, che mandava in delirio il pubblico.

Il suo cavallo di battaglia era il ‘cafone’ alle prese con la vita della metropoli, ironizzando sugli eccessi del mondo estremamente moderno americano e delle fisime di coloro che si erano arricchiti negli States, definiti i sagliute, cioè saliti nella scala delle classi sociali.

La sua fonte di ispirazione era da ricercare nel mondo migratorio, grazie anche al suo ruolo di scrivano per i connazionali analfabeti che inviavano lettere ai familiari in Italia piene di speranze e di tragedie.

Proprio quest’attività gli aveva permesso di conoscere le loro disavventure la solitudine e la speranza di un domani migliore, ma anche il loro slang, fatto di storpiature della lingua inglese in un italiano, come la parola lavoro, giobba, dall’inglese job.

Nel 1922 interpretò The movie actor, un cortometraggio ad episodi che in modo satirico metteva in scena la difficile vita degli immigrati negli USA.

Si inizia con la difficoltà degli attori italoamericani a farsi assumere dagli impresari newyorchesi, seguiti da altri personaggi, delle vere e proprie macchiette, quali una donna, un gangster di Little Italy e un operaio appena sbarcato in America, che inscenava una filippica sulla situazione degli immigrati e sull’uso della lingua inglese, a cui preferisce quella italiana.

A Farfariello vanno riconosciuti due meriti.

Il primo è quello di aver aperto la strada a tanti artisti di origine italiana. Grazie al suo successo, molte case discografiche guardarono con attenzione i cantanti italiani per la loro creatività, consentendo, in futuro, l’affermazione di altri personaggi di rilievo.

Inoltre, attraverso la deformazione della lingua inglese, riuscì a dare voce al popolo degli italo-americani che aveva perso la propria identità linguistica, perché chiuso nell’isolamento dell’incomunicabilità verbale e dall’impossibilità di condividere i propri valori, le proprie tradizioni e la propria identità culturale.

Nel 1936 si esibì a Napoli e mandò in visibilio pubblico e critica.

Ritornò definitivamente in America diventando uno dei massimi interpreti della canzone napoletana, incidendo un gran numero di dischi pubblicati dalla Victor.

La sua fama porterà, nel 1940, Vittorio Emanuele III a nominarlo Cavaliere.

Morì nel 1946, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.