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Il Senso Alimentare – II Grado

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Il Senso Alimentare


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Qui la singolarità conta meno della pluralità. Il viaggio deve essere fatto in compagnia. E si incentra sul dominare e non sul reprimere. Conta il dono del cuore.

Nella ricezione delle varie forme di energia – gustativa, olfattiva, luminosa, sonora, tattile, ecc. – da parte del mondo fisico, costruiamo un’elaborazione dell’informazione che è definita sensazione e comprende sia l’attività di recezione operata dai nostri organi di senso sia la trasduzione di alcuni tipi di energia in impulsi nervosi per la trasmissione dell’informazione.
Quando il segnale nervoso raggiunge la corteccia cerebrale, l’informazione viene elaborata e si realizza il processo di percezione che attraverso il suo etimo (per – mezzo e capere – raccogliere) è un atto ricevente che sintetizza dati sensoriali in significati.

Il nostro cervello crea l’esperienza del corpo, nello spazio e nel tempo, raccogliendo i dati che provengono da tutti i sensi. Ma in programmazione neurolinguistica si dice che la mappa non è il territorio: ognuno di noi costruisce cartine diverse della medesima zona, come pure mappe diverse istante per istante, in relazione al nostro grado di interesse e attenzione, alle occorrenze e alle spinte motivazionali, al proprio vissuto.

Il gusto, per tutti, è il diritto a trasformare in piacere il proprio sostentamento quotidiano.
Carlo Petrini

Assaporare la vita riporta al desiderio di conoscere, di sapere com’è fatta, facendone esperienza, accogliendola dentro di sé.

Quante volte ci capita di fare analogie sensoriali per esprimere valorizzazioni relazionali? Vi è mai capitato di dire o sentir dire “quella persona è un po’ insipida o dolce o acida’, ecc.?

Il pericolo maggiore che possa temere l’umanità non è una catastrofe che venga dal di fuori, non è la fame né la peste; è invece quella malattia spirituale – la più terribile, perché il più direttamente umano dei flagelli – che è la perdita del gusto di vivere.
Pierre Teilhard de Chardin

Il gusto e retrogusto si devono ai nostri recettori, che sono le gemme gustative presenti nelle papille sulla lingua, sul palato e sulle guance, oltre che in alcune zone della faringe e dell’epiglottide. Il gusto deriva dalla percezione sinergica dei gusti fondamentali: amaro, aspro, dolce, salato e l’umami.

Riguardo quest’ultimo, Anthelme Brillat-Savarin, nel suo trattato ‘La Fisiologia del Gusto’, assegna il nome di ‘osmazoma’ ad una sostanza non ancora identificata descrivendola come ‘sapore del brodo’. Un sapore identificato solo un secolo fa come prodotto da un amminoacido, il glutammato, attraverso la cottura lenta o la fermentazione.

Alcune recenti ricerche suggeriscono, infine, l’esistenza di ulteriori gusti basilari associati al fritto e al grasso, l’oleogusto, il sesto. A mio parere anche le sensazioni trigeminali sono importantissime: come il piccante, il cooling e il tingling.

Poi, tutt’a un tratto il ricordo è apparso davanti a me: era quello del pezzetto di madeleine che la domenica mattina a Combray, quando andavo a dirle buongiorno nella sua camera da letto, zia Leonie mi offriva dopo averlo intinto nel suo infuso di tè o di tiglio.
Marcel Proust

Combinati con i segnali olfattivi e poi quelli retronasali, che riescono distinguere più di 10.000 odori differenti, si comprende come il mix di aromi emanati da una pietanza sia fondamentale per il nostro discernimento.

Il naso è strettamente legato alla nostra memoria, ma anche investigativamente alla capacità intuitiva. Come investigatore, non solo Culinario, il fiuto sopraffino, la perspicacia, è un elemento imprescindibile.

I recettori nel naso contribuiscono a decidere se l’alimento è buono o ributtante. Il risultato è già cablato nel cervello, e questo indica preferenze universali. Tutto ciò che ingeriamo è prima annusato. Esistono classificazioni di aromi che si dividono in quelli fruttati, floreali, vegetali, balsamici, speziati, minerali, eterei, ecc…

Gli aromi come null’altro stimolano e aumentano l’appetito: pensate alla reazione di Maillard, nella carne arrostita, nei pani o dolci sfornati, nel caffè, mandole o nocciole tostati.

L’olfatto è come se fosse il gusto dissolto, mentalizzato, inteso nella sua essenza.

In questo mondo non vediamo le cose come sono. Le vediamo come siamo, perché ciò che vediamo dipende principalmente da ciò che stiamo cercando.
John Lubbock

‘Gli occhi sono lo specchio dell’anima’, ma solo per chi ha sensibilità sufficiente per riuscire davvero a comprendere i riflessi e le sfumature emotive più intime di quegli occhi. È il senso che rispetto agli altri è più vicino alla mente. Analogia fortunata la forma dell’occhio con il Sole, il simbolo più evidente di energia e luce.

L’abbiamo già detto anche nei discorsi di tavola e cucina di questa rubrica: ‘Anche l’occhio vuole la sua parte’ e le comunicazioni avvengono, volontarie e non, in relazione in entrambi i sensi di marcia. Così come abbiamo bisogno di vedere Bellezza, non solo estetica, così è possibile crearla ed è possibile parlare con gli occhi e perfino baciare con lo sguardo.
Tutto è cibo per il nostro appagamento fisico e psichico.
Tutto ciò che mangiamo, prima lo guardiamo e crea aspettativa. L’aspetto a partire dalla preistoria è stato decisivo per individuare alimenti sicuri e corretti da mangiare, quindi ai nostri giorni la presentazione dei piatti e il colore delle preparazioni riescono a indurre al nostro cervello il riempimento di spazi vuoti, che finisce a determinare che un dolce ha il sapore di limone se solo è colorato di giallo o di arancia se lo stesso dolce è arancione.
Dunque, vige una corrispondenza, dettata atavicamente da esperienze millenarie.

Crediamo di rilevare la realtà intorno a noi, ma le forme e i colori sono una simulazione ricostruttiva della vista, e della mente.

Chi sa ascoltare la verità non è da meno di colui che la sa esprimere.
Kahlil Gibran

I suoni della preparazione poi hanno un fascino attraente: il pippiare del ragù, il coltello sul tagliere, lo scrocchiare che fa il pane, il gorgoglio della moka, bottiglia di vino che si stappa e lo sfrigolio di soffritto con lo strepito del vino che si imbatte con il fondo caldo del tegame ed evapora.

Una mente distratta non può percepire in modo conscio.
Avete mai ascoltato anche quel ‘crunch’ nel masticare qualcosa di estremamente croccante? Non fa sgorgare una sorta di appagamento ancestrale e primitivo?
Per motivazioni preistoriche, inconsciamente il rumore è associato ad un benessere legato alla sopravvivenza, tanto che mangiamo di meno se ascoltano il suono della masticazione.

Al contrario, con quelli morbidi o di scarsa consistenza, la sensazione di appagamento è effimera e rendono poco efficiente il controllo dell’appetito.

Come diceva Jannacci, ‘bisogna avere orecchio’ e io specificherei: ritmo.

Anche per degustare ci vuole orecchio: non basta essere bravi ad individuare profumi e caratteristiche gustative, i cibi vanno anche ascoltati e seguiti a tempo nelle loro variazioni sonore, proprio come in un’orchestra.

Il tatto viene prima della vista, prima delle parole. È il primo linguaggio, e l’ultimo, e dice sempre la verità.
Margaret Atwood

Richiama la capacità di esperienza e conoscenza per sapersi destreggiare la metafora di ‘avere le mani in pasta’.

Avete idea di qual è la sensazione di lavorare manualmente per far diventare liscio, vellutato e soffice l’impasto? E la meraviglia di toccarlo una volta cresciuto per l’azione vitale dei microorganismi del lievito? E una volta cotto poi…

Anche in bocca sono importanti sono le sensazioni tattili e termiche: immaginate la consistenza che riescono a dare in bocca alcune pietanze come un soffice soufflé con una texture leggera e cremosa o la croccantezza e friabilità delle gallette di mais rosso.

Le pietanze studiate con la combinazione di texture ottengono spesso una preferenza mediante il contrasto in bocca.

Il ‘tatto intimo’ coinvolge labbra, lingua, palato e denti e questi ultimi, come richiami esterni della nostra interna natura ossea, vengono classificati come una delle parti più vitali di un individuo (Rudolf Steiner).

Afferrare e mordere è un atto volitivo, che imprime un marchio proprio e masticare per mangiare è l’atto che ci permette di portare dentro un cibo e conquistarlo.

‘Avere mordente’, ‘essere incisivi’, ‘non demordere’, ecc. emana energia che spinge ad esprimere le proprie potenzialità e significa entrare nella vita e viverla, senza tirarsi indietro e vedere l’effetto che fa.

Fra le facoltà sensibili, la vista è in rapporto diretto con lo spazio, e l’udito col tempo: gli elementi del simbolo visivo si esprimono in simultaneità, quelli del simbolo sonoro in successione.
René Guenon

Al passaggio alla camera superiore, ‘dal greco allo scirocco’, in un percorso che non è più lineare, a precisi e leviganti colpi, i cinque sensi ci rammentano subito che è fondamentale la conoscenza di sé stessi. Gli stimoli sensoriali sono basilari per il nostro equilibrio psicofisico.

Se questi stimoli fossero assenti, non si riuscirebbe a definire il proprio sé.
Alimentare Watson!
In questo grado bisogna affinare l’intuito, perché porta alla comprensione dei simboli, e i 5 sensi sono porte spirituali e possono anche essere letti come livelli di comprensione:

Il significato profano è come il tatto delle cose, oscuro e materiale; quello allegorico come il gusto, che è un tatto intimo, ancora più materiale; quello morale come l’olfatto, che è il gusto dissolto, mentalizzato, inteso nella sua essenza e nell’accezione di chi lo ha dato; lo spirituale come l’udito… soltanto nel significato divino, che in quanto uomini [comuni, N.d.A.], non possiamo cogliere, si raggiunge la pienezza della conoscenza, ormai senza tatto, senza olfatto, senza… [gusto, senza udito, con il quinto senso] che è rappresentato dalla vista.
Fernando Pessoa

D’ora in avanti dovrete alimentare una conoscenza più sottile: alla Forza dell’intelletto dovrete aggiungere la Bellezza dell’Immaginazione, perché possa suscitarsi in voi l’Intuizione che trascende il Raziocinio.

Regolando con misura le proprie azioni poi e aprendosi a compasso al nuovo non razionale, si impara a marchiare la propria Pietra, che bisogna necessariamente elevare per realizzare un rapporto costruttivo e, senza nemmeno rendersi conto di aver realizzato un capolavoro, sistemarla nel giusto modo e nella giusta posizione della costruzione, dopo averla presentata ai Sovraintendenti.

Il passaggio essenziale è quello che conduce dal saper fare a saper essere, dopodiché pure gli strumenti a un certo punto potranno non servire più, diventando esempio, diventando Luce, una volta superate le dualità e una volta intuito l’infinito effetto dell’infinita causa.

Ai Compagni d’Arte viene chiesto di farsi riconoscere attraverso una parola che simboleggia l’abbondanza del raccolto, e ci rammenta che la nostra libertà di costruire si regge sull’umile lavoro dei contadini, ed attraverso il nostro lavoro dobbiamo dimostrarci degni di essere sgravati dal compito di produrre cibo, per erigere un tempio per il beneficio di tutti.

Il grano è la chiave della civiltà: se avessimo continuato a vagare, cacciare e raccogliere, non avremmo mai imparato a costruire.
Robert Lomas

A mio parere il passaggio di stato della nostra anima è rinchiuso anche nell’educazione alimentare, finalizzata anche per questo tramite fondamentale della vita a spiritualizzare la materia e materializzare lo spirito.

Albedo! ‘Opera al bianco’.

Il percorso dove ci porterà?

Stay tuned! Restate sintonizzati e direi anche sincronizzati!

Autore Investigatore Culinario

Investigatore Culinario. Ingegnere dedito da trent'anni alle investigazioni private e all’intelligence, da sempre amante della lettura, che si diletta talvolta a scrivere. Attratto dall'esoterismo e dai significati nascosti, ha una spiccata passione anche per la cucina e, nel corso di molti anni, ha fatto una profonda ricerca per rintracciare qualità nelle materie prime e nei prodotti, andando a scoprire anche persone e luoghi laddove potesse essere riscontrata quella genuina passione e poter degustare bontà e ingegni culinari.