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Leonarda Cianciulli, la Saponificatrice di Correggio

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Leonarda Cianciulli


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È passata alla storia per aver ammazzato tre donne e averne utilizzato le membra per produrre del sapone

Una storia drammatica avvenuta nella bassa Pianura Padana, a Correggio, in provincia di Reggio Emilia, tra il 1939 e il 1941, che vide protagonista una serial killer in gonnella, Leonarda Cianciulli, nata a Montella, in provincia di Avellino, nel 1894, che si trasferì in Emilia per seguire suo marito.
Sulla vicenda ci sono molte ombre e tutto ciò che si sa, anche i dettagli degli omicidi, è estratto dal suo memoriale, ‘Confessioni di un’anima amareggiata’, un faldone di oltre 700 pagine, che molti ritengono non autentico, anche perché Leonarda si era fermata alla terza elementare, consuetudine delle ragazze dell’epoca.

Altri sostengono che quest’autobiografia sia tutta farina degli avvocati difensori per limitare la pena alla loro assistita.

Versioni contrastanti anche sulla sua infanzia.

Secondo alcuni nacque in seguito ad una violenza subita dalla madre, Serafina Marzano, appena quattordicenne, ad opera di un tizio conosciuto durante il viaggio di ritorno da Firenze, dove frequentava un collegio di suore. Dopo un matrimonio riparatore finito male, sposerà, in seconde nozze, Mariano Cianciulli, un allevatore di bestiame di Montella, paesino dell’Alta Irpinia rinomato per le castagne. Secondo un’altra fonte, invece, era l’ultima di sei figli e, quindi, discendente legittima della coppia.

L’adolescenza fu abbastanza tribolata, sia per crisi epilettiche, che per una certa propensione a cacciarsi nei guai, tanto che venne accusata di truffa e violenza, per i cui reati sconterà in seguito la pena.

A 23 anni, contro il parere della famiglia, che la aveva promessa ad un cugino, convolò a nozze con un impiegato del Catasto, Raffaele Pansardi, originario di Lauria, in provincia di Potenza, dal quale ebbe 12 figli, di cui 8 morirono prematuramente.

In seguito, Leonarda attribuirà questi decessi alla presunta maledizione della madre alla vigilia delle nozze. Fatto sta che tali lutti condizionarono il suo stato mentale e la spinsero a rivolgersi ad una maga per sciogliere il maleficio.

Leonarda era considerata dai compaesani lucani come una donna di facili costumi ribelle all’autorità maritale. Le sue principali occupazioni erano la millanteria e la truffa, tanto che fu condannata a dieci mesi e quindici giorni, da scontare nel carcere di Lagonegro, e dovette pagare una multa 350 lire per aver raggirato una contadina del posto da cui si era fatta consegnare denari ed oggetti del valore di diverse migliaia di lire, cifra molto alta per quei tempi.

La coppia cambiò più volte residenza, Lauria, Lacedonia (AV) e, infine, dopo il terremoto del Vulture, si trasferì a Correggio. Il marito continuò a lavorare come impiegato all’Ufficio del Catasto e iniziò a bere in maniera smodata.

Il modesto stipendio di 850 lire al mese non bastava a sbarcare il lunario, per cui la moglie, con il risarcimento per le vittime del sisma, avviò sia un commercio di abiti e mobili che un servizio di chiromanzia e astrologia.

In Emilia, Leonarda era stimata e benvoluta da tutti, ritenuta madre esemplare e fervente fascista, anche se era vista come un tantino eccentrica.

Nel 1939 fu abbandonata dal marito ed iniziò ad intrattenere rapporti con tre donne sole e non più giovani, che diventeranno le tre vittime della sua pazzia.

Lo scoppiò della guerra provocò grande apprensione in lei, poiché il suo amato primogenito che frequentava la facoltà di Lettere a Milano, correva seriamente il rischio di partire per il fronte; per evitarlo, ricorse alla magia, decidendo di compiere sacrifici umani in cambio della sua incolumità.

In paese cominciò a diffondersi la voce della sparizione di tre donne e subito i sospetti caddero sulla Cianciulli, l’unica ad averle frequentate tutte e tre, che respinse tali accuse e, per le minacce e i toni di sfida nei confronti degli inquirenti, venne arrestata.

Va detto che la Cianciulli era alta un metro e cinquanta, pesava cinquanta chili e non era certo il prototipo di un serial killer. A tradirla fu la sua avidità, poiché aveva scelto tre persone sole, senza parenti prossimi e con cospicui risparmi in denaro.

Il Questore di Reggio Emilia seguì le tracce di un Buono del Tesoro intestato alla Cacioppo presentato al Banco di San Prospero dal parroco Adelmo Frattini. Quando fu convocato dal Questore, il sacerdote ammise di averlo ricevuto da Abelardo Spinabelli, amico della Cianciulli, il quale, a sua volta, dichiarò di averlo avuto dal lei per l’estinzione di un debito.

Si iniziò a sospettare il reato di associazione a delinquere per il coinvolgimento di Frattini, Spinabelli, Cianciulli e del figlio di lei, Giuseppe Pansardi, che, da Piacenza, aveva spedito delle lettere ai parenti della seconda vittima, spacciandosi per lei, in cui rassicurava sulla sua salute, e aveva fatto lavare degli abiti appartenuti alle defunte.

I primi due furono presto prosciolti e gli unici sospettati rimasero la Cianciulli e il figlio, che scontò cinque anni di reclusione per poi essere rilasciato per insufficienza di prove.

Numerosi gli elementi che riconducevano a Leonarda, ma, ad inchiodarla definitivamente, furono il sangue e la dentiera delle donne ritrovati in casa sua.

Finalmente confessò di averle uccise, bollito i corpi in un pentolone pieno di soda caustica, creato delle saponette con l’allume di rocca e la pece greca e disperso i resti nel pozzo nero.

Aggiunse di aver conservato il sangue per farlo attecchire al forno e mischiarlo a latte e cioccolato e con tali ingredienti aver preparato dei biscotti che fece mangiare ai figli, credendo, in tal modo, di renderli invulnerabili.

Ma chi furono le vittime della sua follia?

La prima, Faustina Setti, era una settantenne semianalfabeta alla ricerca dell’amore a cui la Cianciulli aveva assicurato di aver trovato marito a Pola, in Croazia, e a cui impose il massimo riserbo sul viaggio per mettere a tacere i pettegolezzi che l’imminente matrimonio di una donna non più giovane avrebbe potuto scatenare.

Il giorno della partenza, Faustina si recò a casa sua per ricevere istruzioni e una missiva da spedire alle amiche appena giunta a destinazione, oltre che a firmare una delega a Leonarda per gestire i suoi averi. Subito dopo, venne uccise a colpi di ascia; il suo corpo fu sezionato in nove parti e il suo sangue, appunto, fu raccolto per la preparazione dei dolci.

La seconda, Francesca Clementina Soavi, era un’insegnante d’asilo a cui Leonarda aveva promesso un lavoro al collegio femminile di Piacenza. Anche a lei l’omicida chiese estrema riservatezza sul suo coinvolgimento e sull’itinerario del viaggio.

Dopo il delitto, Leonarda le rubò i pochi soldi e ne vendette i beni per raggranellare una cifra più cospicua. Il figlio Giuseppe, nel frattempo, si era recato nel comune emiliano a spedire le lettere a firma della Soavi.

La poverina, però, aveva raccontato la faccenda ad una vicina di casa, che, purtroppo, non si presentò agli inquirenti e la vicenda fu dimenticata, anche perché la scomparsa di una sola donna si sommò alle centinaia di morti che il secondo conflitto mondiale provocava sistematicamente.

La terza vittima fu la cinquantanovenne Virginia Cacioppo, noto soprano dell’epoca, a cui Leonarda aveva offerto un impiego a Firenze in qualità di segretaria di un misterioso impresario teatrale. Tuttavia, Virginia non mantenne il silenzio imposto dalla Cianciulli e si confidò con un’amica la mattina stessa della sua presunta partenza. Fu proprio la deposizione di quest’ultima a metter fine alla carriera della saponificatrice.

Al processo, grazie alla perizia del professor Saporito, Direttore del manicomio di Aversa (CE), ottenne la seminfermità mentale e, ritenuta colpevole dei tre omicidi, del furto delle proprietà delle vittime e del vilipendio dei cadaveri, fu condannata al ricovero per almeno tre anni in un manicomio criminale e a trent’anni di reclusione.

Morirà nel carcere di Pozzuoli (NA) il 15 ottobre 1970 all’età di 77 anni, mentre stava scontando il ventiquattresimo anno di reclusione.

Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.