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Chiamatela Salvia e non Savoia di Lucania

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Savoia di Lucania


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Perché un Paese dell’entroterra lucano si chiama Savoia di Lucania? Per scoprirlo dobbiamo tornare indietro di oltre 120 anni

Nel 1878, essendo da poco deceduto Vittorio Emanuele II, il successore Umberto I insieme alla consorte Margherita, per mostrarsi ai sudditi, organizzò una visita nelle principali città italiane.
Il 17 novembre la coppia reale, con il Primo Ministro Benedetto Cairoli, si trovava a Napoli, dove, confuso tra la gente, vi era anche un cuoco lucano nativo di Salvia, Giovanni Passannante, armato di un coltellino che aveva barattato con il suo cappotto.

Mazziniano e garibaldino, aveva sposato le idee anarchiche e internazionaliste ed era già stato in carcere a Salerno nel 1870, a causa di una sollevazione pubblica.

Mentre il corteo regale sfilava, Passannante, approfittando di un momento in cui la carrozza era preda di un non si sa fino a che punto spontaneo entusiasmo popolare vi si intrufolò, avventandosi su Umberto e colpendolo al braccio.

Le urla della regina attirarono l’attenzione di Cairoli, che fece scudo con il suo corpo per difendere il monarca, riportando ferite lievi.

Il tutto durò pochissimi secondi.

Passannante fu subito arrestato e, ovviamente, condannato a morte, ma, con Regio decreto del 29 marzo 1879, il sovrano gli concesse la grazia, commutando la pena in ergastolo.

Non si trattò di un atto di clemenza, come riporta la storiografia filo sabauda; infatti visse in completo isolamento, sull’Isola d’Elba, in un tugurio piccolissimo, sotto il livello del mare, attaccato ad una catena di diciotto chili.

Le condizioni in cui fu lasciato marcire crearono indignazione tra l’opinione pubblica di sinistra. La giornalista Anna Maria Mozzoni fu accompagnata dal parlamentare dell’estrema sinistra, Agostino Bertani, a visitare la cella del ‘meschino’ e il suo articolo accese i riflettori sulle sue condizioni di salute. Sembra che anche Giovanni Pascoli scrisse un’ode al figlio della Lucania, ma non ne abbiamo certezza.

Passannante sarebbe dovuto restare in quelle condizioni per poco tempo, invece ci rimase dieci anni. Fu dichiarato pazzo e, nel 1889, venne trasferito al manicomio criminale di Montelupo Fiorentino (FI), dove morì nel 1910, a sessant’anni, solitario, cieco, mai pentito, visitato da pochissime persone, con la sola possibilità di coltivare un piccolo orticello.

Il suo cadavere venne smembrato, il cervello fu inviato alla Scuola Superiore di Polizia di Roma, mentre i resti, nel 1936, furono portati al Museo Criminologico del Ministero della Giustizia.

Le sue spoglie riuscirono a far ritorno al suo paese natio solo nel 2007, dopo lotte di vari comitati e di persone del mondo spettacolo, tra cui l’attore e regista Ulderico Pesce.

Naturalmente, il padre dell’antimeridionalismo, tale Ezechiel Lombroso, detto Cesare, volle dire la sua sulla non comprovata follia del tentato omicida, tra l’altro senza nemmeno visitarlo.

Il gesto di Passannante finì per ripercuotersi anche sul suo comune di provenienza, infatti il Sindaco di Salvia, Giovanni Parrella, fu costretto dalla monarchia sabauda a cambiare il nome alla città che, dal 3 luglio 1879, divenne Savoia di Lucania, in modo che Umberto di Savoia potesse estendere il suo perdono all’intera comunità.

Tutto sommato ai lucani è andato di lusso, visto gli eccidi di Pontelandolfo e Casalduni perpetrati dai piemontesi pochi anni addietro.

Negli anni scorsi, dopo il ritorno della sua salma nel suo paese, si è proposto di ripristinare l’antico toponimo. Un percorso ora interrotto, con la speranza che i lucani di oggi sappiano riconquistare uno spirito patriottico, realmente identitario e comunitario e il nome Savoia sia presto trasformato in Salvia.

Ricordiamo, infine, che il re era talmente ‘amato’ dal popolo che subì altri due attentati.
Il primo a Roma, nel 1897, durante le corse all’ippodromo, ad opera di Pietro Acciarito, in cui venne solo ferito al braccio.

L’ultimo, nel 1901 a Monza, dall’anarchico Gaetano Bresci, di Prato, in cui perse la vita e non ci risulta che Prato abbia cambiato nome in Savoia di Toscana.

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Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.