Il primo passo: contesto e premesse
Corre l’anno 1988 quando viene pubblicato il saggio di Achille Ardigò Per una sociologia oltre il post-moderno.
Ci troviamo in un periodo di forti cambiamenti, dopo un anno ci sarebbe stata la caduta del muro di Berlino che, ovviamente, non arriva a caso, ma come sbocco di condizioni maturate precedentemente.
Prima di entrare nel merito, cominciamo a definire cosa si intende per modernità, per post-moderno, di come la sociologia ritenga superato anche questo secondo modello sociale.
Il termine modernità è stato usato per la prima volta da Charles Baudelaire, per indicare le condizioni di vita nelle metropoli.
L’accezione non è positiva, anzi, nel suo capolavoro, I fiori del male, paragona i parigini a dei ciechi, vagamente ridicoli, simili a manichini.
Occhi ciechi, dai quali si è spenta la scintilla divina. Anticipando una tematica che sarà ricorrente, quella scomparsa del sacro.
Contemple-les, mon âme; ils sont vraiment affreux!
Pareils aux mannequins; vaguement ridicules;
Terribles, singuliers comme les somnambules;
Dardant on ne sait où leurs globes ténébreux.Leurs yeux, d’où la divine étincelle est partie,
Comme s’ils regardaient au loin, restent levés
Au ciel; on ne les voit jamais vers les pavés
Pencher rêveusement leur tête appesantie.Ils traversent ainsi le noir illimité,
Ce frère du silence éternel. Ô cité!
Pendant qu’autour de nous tu chantes, ris et beugles,Éprise du plaisir jusqu’à l’atrocité,
Vois! je me traîne aussi! mais, plus qu’eux hébété,
Je dis: que cherchent-ils au Ciel, tous ces aveugles?
Charles Baudelaire – Les Fleurs du mal – Les aveugles
La metafora della cecità è presente anche in uno dei capolavori di Charlie Chaplin, Luci della città, dove lo scenario è sempre quello della metropoli.
Anche con il lungometraggio successivo, Tempi moderni, Chaplin racconta l’alienazione delle fabbriche.
In entrambi i casi il finale lascia spazio alla speranza.
Bratty: What’s the use of trying?
Charlot: Buck up – never say die. We’ll get along!
Charlie Chaplin – Modern Times
Dal punto di vista sociologico, la modernità viene fatta coincidere con la seconda rivoluzione industriale.
I tratti distintivi sono individuati come l’accelerazione del mutamento sociale, del progresso tecnologico, lo sviluppo degli stati nazionali, l’affermarsi della scienza quale unica possibile fonte di conoscenza, spiegazione ultima di ogni esperienza.
Tutte le altre costruzioni simboliche vengono progressivamente delegittimate, fino ad essere eliminate.
La religione, il mito, la stessa filosofia.
Anche in sociologia si assiste alla tendenza a rendere olistici, dunque a generalizzare, dei modelli teorici che sono invece limitati alle specifiche situazioni osservate.
Cade in un errore del genere Parsons, il cui schema AGIL, Adaptation, Goal attainment, Integration, Latent pattern maintenance, viene inteso non come un modello valido solamente negli USA del tempo ma come modello generale di sistema sociale.
Anche l’arte subisce una trasformazione radicale.
Il romanzo modernista, ad esempio, perde la pretesa di raccontare la verità propria del periodo classico, in particolare quello ottocentesco.
Si assiste alla destrutturazione della linea narrativa tradizionale, spesso sfociando verso un registro intimista.
L’autore, rinunciando a rappresentare la realtà esterna si rivolge verso se stesso, incentrando, ad esempio, la propria opera sull’esplicitazione di flussi di coscienza, come nel caso di Virginia Woolf o James Joyce, se vogliamo far rifermento ai precursori di questo filone.
Verso la metà del secolo scorso, però, le cose cambiano. Le narrazioni della modernità cominciano ad essere sconfessate, come sono superati alcuni dei tratti distintivi di quella forma sociale.
Sebbene autori come Anthony Giddens ritengano che non si possa parlare della fine dell’era moderna, ma che si tratti piuttosto dell’esasperazione ed estremizzazione della stessa, per altri studiosi il passaggio sembra netto.
Anche in questo caso, come terminologia, l’origine si può collocare nella letteratura, arte che, probabilmente, ha la capacità di anticipare, o almeno leggere, l’evoluzione sociale.
Che ci sia una rottura con la modernità viene confermato da una serie di fattori.
Innanzitutto, la morte del concetto di classe sociale così come inteso classicamente.
Anche le dinamiche della disuguaglianza possono essere ascritte a fattori diversi da quelli di classe, individualizzati come attribuibili a variabili geografiche.
Sostanzialmente, le teorizzazioni che tendono a mantenere in vita il concetto di classe sociale possono essere inquadrate come operazioni di matrice più politica che scientifica, tra archeologia e nostalgia.
Ma non ci addentriamo oltre in una disquisizione teorica; appare anacronistico utilizzare il concetto di classe come griglia di lettura di contesti caratterizzati da una complessità elevata e non paragonabile agli ambiti della modernità.
A fronte delle tendenze assolutizzanti della modernità, il postmoderno è l’affermazione del relativismo epistemologico.
La contingenza dei modelli scientifici viene smascherata.
La fede nella ragione e negli ideali illuministici comincia a vacillare. Vengono sottolineate le influenze culturali e storiche sulla conoscenza.
In letteratura le tecniche di destrutturazione della narrazione diventano sempre più marcate, a partire dalla stessa linearità della fruizione dell’opera, così come viene sminuita la funzione del narratore.
Finali mancanti per pagine bruciate o strappate, capitoli sciolti in modo che possa essere il lettore a deciderne l’ordine.
Nell’impossibilità di raccontare e di definire il concetto di realtà, l’autore si rifugia nella fantasia, in mondi virtuali, nell’ironia, nel paradosso.
In filosofia ai pensieri forti della modernità vengono contrapposti quelli deboli, come in Italia con Vattimo.
Vengono messe in evidenza due distorsioni della modernità, collegate molto strettamente tra di loro.
Da un lato la scienza, divenuta universo simbolico, ha portato avanti una completa eliminazione del sacro, della spiritualità dal mondo occidentale, dunque di ogni etica e morale, nella difficoltà o nella volontà di non radicarne di laiche, anche di quelle già esistenti, come nel caso della Massoneria.
La diretta conseguenza è il ruolo diverso che viene ad assumere quello che una volta era definito come attore sociale, ovvero il soggetto, l’uomo.
Ridotti a numeri, meccanismi, ingranaggi di una macchina di cui hanno perso ogni controllo.
Come abbiamo avuto già modo di scrivere
non più demoni cui vendere l’anima, non più un’anima da vendere al diavolo.
In questa direzione va una delle più influenti correnti sociologiche postmoderne, l’illuminismo sistemico.
In questo filone si inserisce Niklas Luhmann, che, nella sua teorizzazione, prende atto della morte degli individui, elaborando la concezione di autopoiesi dei sistemi sociali che si riproducono e perpetuano in maniera assolutamente autonoma e indipendentemente dai soggetti che li compongono, grazie a meccanismi e reti di comunicazione.
Social systems use communications as their particular mode of autopoietic reproduction. Their elements are communications which are recursively produced and reproduced by a network of communications and which cannot exist outside of such a network.
Niklas Luhmann – The autopoiesis of social systems
Posizione che sembrerebbe spazzare via l’altro approccio degli stessi anni, quello microsociologico, basata sull’individualismo metodologico di stampo marcatamente weberiano e neo-weberiano.
L’individuo, secondo Luhmann, arriva ad essere ambiente per il sistema sociale.
Il discorso di Ardigò si pone proprio a superamento di questa dicotomia.
Innanzitutto, andando oltre l’impeto relativista e falsificazionista del postmoderno, etichettato anche come oscurantista.
Ardigò si pone il problema di recuperare e sistematizzare tutto quanto di valido prodotto dalla sociologia moderna e postmoderna, verso la definizione di una nuova epistemologia, di una nuova visione sociale.
Una sociologia dell’ambivalenza, che possa ricomporre le due visioni, quella macro e quella micro, attraverso la fenomenologia di Edmund Husserl, intesa come ritorno alle cose stesse da compiere mediante la coscienza e a partire dalla coscienza.
Per un’altra via sono peraltro giunto a cercare di connettere soggettività e sistema sociale. Quella epistemologica. Mi riferisco a quella grande svolta epistemologica di tutto il sapere scientifico – non più antica di alcuni decenni – che consiste nel riconoscere la condizione di complessità policentrica del sapere, la parzialità e non piena autodeterminazione scientifica di alcun paradigma perché ogni sapere scientifico incorpora anche una ineliminabile quota di soggettività dell’osservatore.
Achille Ardigò – Per una sociologia oltre il post-moderno
Un’oggettivazione intersoggettiva tra illuminismo sociosistemico e individualismo metodologico, come la definisce lui stesso che, pur mettendo in preventivo la possibilità di errore si fondi sull’empatia.
[…] la fondazione del discorso sociologico sulla vita sociale, che propongo, fa affidamento anzitutto, per la genesi della socialità, sulla capacità, non senza rischi di errore, che ha la coscienza del singolo attore sociale di rendersi conto intuitivamente dei sentimenti di un altro, di interpretare, immedesimandosi, le esperienze che l’Altro (riconosciuto come Alter Ego) sta attraversando; e ciò prima ancora dell’inizio di una comunicazione linguistica, e purché in contesti di vicinanza intercorporea. Tale capacità della coscienza individuale, che sta ad uno dei poli genetici della vita sociale, è stata chiamata empatia.
Achille Ardigò – Ibidem
Abbandoniamo Ardigò nella sua teorizzazione, attinente al discorso prettamente sociologico.
Abbiamo tutti gli elementi che ci interessano nel nostro discorso.
Per chiudere questo scritto con quelli che però potrebbero essere i punti di partenza per una Massoneria che possa superare il postmoderno.
Da sviluppare, ovviamente, nei prossimi scritti, aperto ai contributi e alle critiche costruttive di chi può condividerne le motivazioni.
Il punto di partenza, a nostro parere, non può che essere quello di delineare una Fenomenologia Massonica.
Un recupero di un nucleo tradizionale ed esoterico autentico.
Depurato dalle sovrapposizioni e dagli orpelli legati al contingente, a particolari momenti storici, politici, culturali.
Il recupero di una dimensione spirituale e iniziatica che, sempre di più, sembra essere diventata secondaria.
Non solo in una Massoneria che in un precedente articolo abbiamo individuato come possibile via d’uscita dalla crisi della cultura occidentale.
Forse l’unica.
Una via che dovrebbe avere già come proprio ideale fondante quell’empatia di cui parlava Ardigò.
Abituata da sempre a compiere la sintesi tra apparenti opposti.
Un soggetto in grado di intuire l’infinita metafisica corrispondenza degli opposti, che, se in basso sembrano essere in continua lotta, in alto diventano le due facce della stessa medaglia, nient’altro che gli estremi di un continuum sul piano noumenico.
Pietro Riccio – Perché la Massoneria fa tanta paura
Che possa conciliare l’aspetto sistemico con le prerogative del soggetto, che sembra essere stato cancellato dalla società attuale.
Inoltre, l’individuo di cui parla la Massoneria non è quello della liquidità, ridotto a numero ed isolato.
Pietro Riccio – Ibidem
In fondo, uscire dal postmoderno significa anche compiere quella sintesi tra micro e macro.
Come in alto così in basso.
Per relativizzare il relativismo stesso e superare i pensieri deboli.
Nella consapevolezza che, se la manifestazione sembra in continua lotta, tutto è riconducibile all’uno, dove si realizza l’armonia.
Ma per fare questa bisogna anche raccogliere le sfide della post-post-modernità.
I nuovi linguaggi, le possibilità aperte dalle nuove frontiere della scienza, che non va rifiutata, anzi.
Se siamo diffidenti nei confronti dello scientismo, o dai pericoli di quello che abbiamo definito come scienzaresimo, troviamo esaltanti le connessioni che si possono creare, ad esempio, con la più recente fisica quantistica.
Recepire i nuovi linguaggi, i nuovi immaginari collettivi.
Cosa che non significa abbandonare la tradizione o rinnegarla.
Anzi.
Come abbiamo spesso detto, non si tratta di rivedere i significati, altrimenti la Massoneria diventerebbe qualcosa di diverso.
Un lavoro andrebbe fatto sui significanti.
Perché un simbolo resti tale c’è bisogno di un interpretante in grado di compiere, appunto, la connessione tra significante e significato.
La sfida è anche quella di inglobare nuovi codici, nuovi simboli, per dire le stesse cose.
E di recepire i bisogni dell’uomo e dell’occidente dei nostri tempi.
Quelli insoddisfatti per un’assenza del sacro.
Della spiritualità.
Del senso.
Dell’anima.
Autore Pietro Riccio
Pietro Riccio, esperto e docente di comunicazione, marketing ed informatica, giornalista pubblicista, scrittore. Direttore Responsabile del quotidiano online Ex Partibus, ha pubblicato l'opera di narrativa "Eternità diverse", editore Vittorio Pironti, e il saggio "L'infinita metafisica corrispondenza degli opposti", Prospero editore.