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L’imbecille 2.0

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imbecille


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Chi, per difetto naturale o per l’età o per malattia, è menomato nelle facoltà mentali e psichiche.

Più spesso, nel linguaggio, è titolo ingiurioso, rivolto a chi, nelle parole e negli atti, si mostra poco assennato o si comporta scioccamente, senza garbo, da ignorante, in modo da irritare.

È la definizione di imbecille fornita dalla Treccani, quindi un’autorità difficilmente discutibile e di difficile contestazione.

Allo stesso modo è difficile contestare l’esistenza degli imbecilli e, ne sono certo, ognuno di noi può indicare decine di esempi anche, e forse principalmente, sulla base dei propri gusti personali.

C’è chi definirà imbecille la persona che parcheggia in doppia fila o sulle strisce e chi, invece, lo userà per il pubblico di programmi spazzatura mentre, viceversa, chi è spettatore accanito di Temptation Island o del Grande Fratello definirà tali chi preferisce i programmi di Alberto Angela.

Qualcuno potrebbe usare il termine per indicare un vegano mentre quest’ultimo lo proferirà nei confronti di chi, mangiando carne, sta per sterminare l’umanità.

I video hanno allargato la schiera e creato nuovi spazi per permetterci di definire imbecille chi si lancia in una challenge su TikTok mentre questi autoproclamatisi eroi del web definiranno nello stesso modo sia chi li critica da un divano sia chi non è in grado di eguagliarli nella loro eroica impresa o nel numero di like e condivisioni.

Umberto Eco lo ha usato in maniera a dir poco opportuna quando ha posto in evidenza come, oggi, i social hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli con preciso riferimento a coloro che, prima, parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività e venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel.

È l’invasione degli imbecilli, concludeva lo scrittore e semiologo.

Effettivamente il web ha dato a chiunque la possibilità di dire la sua, oltretutto senza controllo, senza alcun filtro al punto che, girando in rete, scopriamo che il cancro si cura con limonata e clisteri di caffè. Ne troviamo anche di peggio.

L’autore de ‘Il nome della rosa’, però, si è fermato solo alla prima parte del problema. Non ha considerato che questi imbecilli, i quali pontificano il loro pensiero, possono trovare potenziali orecchie e diffusori nei loro consimili che leggono questi forbiti pensieri che fanno propri ì, magari applicandoli o emulandoli.

Ecco, quindi, che è nata la categoria degli Imbecilli 2.0, se non già 3.0, coloro che usano il web per portare il loro verbo, esaltare le proprie imprese e di tutti coloro che prendono esempio e spunto da questi sedicenti influencer.

Nella categoria possiamo inserire anche i semplici commentatori, quelli che, comunque, devono dire la loro sulle opinioni e le vicende altrui.

Sono coloro che volevano fare gli opinionisti in TV, magari anche a Telebruschetta pur di ottenere il diritto ad essere ascoltati. Volevano essere presidenti della locale bocciofila o dell’associazione amanti della carbonara.

Non ce l’hanno fatta ed ecco che li troviamo in Internet a esprimere le loro legittime ed incontestabili opinioni.

Giudici di ogni vicenda giudiziaria dove sanciscono che condannerebbero alla stessa pena di morte uno stupratore e chi abbandona il cane in autostrada ma assolverebbero chi occupa una casa popolare perché “tanto rubano tutti”.

In questi ultimi giorni ne abbiamo avuto ampia ulteriore dimostrazione sui social, se mai ce ne fosse stato bisogno, di chi possono essere gli imbecilli 2.0, di quello che dicono e fanno, riprendendosi e condividendo.

Diamo quindi ingresso nelle legioni a chi lancia un gatto da un ponte e si riprende per dimostrare quanto possa essere gagliardo, ma anche a chi lo minaccia di morte e posta in rete il suo indirizzo e le foto della sua abitazione, dimenticandosi che espone a seri rischi un minorenne.

Questi ultimi hanno anche i loro paladini in supposti VIP, che scrivono sui loro social

Che è giusto farsi giustizia da soli. È giusto pest**li fino a lasciarl* in terra e se i genitori protestano ce ne dovrebbe essere pure per i genitori. La legge in Italia non fa paura a nessuno. Fa ridere.

Con una presa di posizione così incisiva chissà come hanno commentato vicende come quella di Caivano.

Diamo il benvenuto tra gli imbecilli anche a chi decide di farsi un viaggio in treno passeggiando sul tetto o aggrappato alla locomotiva e a coloro che fanno surf sul tetto di un auto; qualcuno c’è morto, ma non importa: ciò che conta è farlo vedere su TikTok.

Ma non voglio fare una lista che potrebbe essere infinita.

Gli imbecilli ci sono sempre stati, anche nella storia. Potremmo addirittura citare Icaro, che, folle, pensava di poter toccare il sole con ali di cera.

Gli imbecilli di Umberto Eco erano una categoria limitata e parlavano nei bar o nella fila alla posta, anche solo per passare il tempo. Oggi, però, il numero degli imbecilli e gli strumenti a loro disposizione sono aumentati esponenzialmente, e con essi i potenziali danni.

Come concludere?

Che, se qualche lettore si sentisse punto da questo articolo, probabilmente è stato toccato il tasto giusto.

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Autore Gianni Dell'Aiuto

Gianni Dell'Aiuto (Volterra, 1965), avvocato, giurista d'impresa specializzato nelle problematiche della rete. Di origine toscana, vive e lavora prevalentemente a Roma. Ha da sempre affiancato alla professione forense una proficua attività letteraria e di divulgazione. Ha dedicato due libri all'Homo Googlis, definizione da lui stesso creata, il protagonista della rivoluzione digitale, l'uomo con lo smartphone in mano.