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Cibo e Magia

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Cibo e Magia


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La mela: il frutto della tentazione, il peccato originale, da sempre simbolo di desiderio e brama, emblema del proibito.

In quel pomo tondeggiante, rosso e lucido c’è l’inganno della bontà che si fa veleno.

Dalle favole ai romanzi, fino al cinema, gli alimenti diventano protagonisti di magie e portatori di incantesimi e sortilegi.

Il cibo è identificato come ciò che è in grado di entrare dentro di noi e diventare parte di noi: può dunque far del bene, nutrirci in modo positivo, dando forza e vigore, talvolta salvando, ma non sempre è così, anzi!

Attenti!

Si gioca con allusioni e illusioni che si associano al ricordo del superamento del limite di ingerire qualcosa dove si nasconde la parte più segreta dell’effimero piacere passeggero, ma che oltrepassa il pensiero del malessere che ne può conseguire.

Partendo proprio dall’estremo desiderio, dalla voracità, il cibo da nutrimento si trasforma in golosità che poi può farsi avidità. Pietanze divorate senza misura e contegno in un disegno che può legare strettamente la cucina all’alterazione dei sensi e della razionalità.

Anche la qualità di alcuni ingredienti, specialmente se mal conosciuti, che si fanno pericolosi e giocano con la materia e anche l’antimateria della vita stessa; quindi, in un morso o in un sorso nell’estasi di un piatto, una delizia assoluta in un piccolo spazio di presente si svela l’eccesso, monito e invito a ritrovare un nuovo equilibrio, per una dimensione di quiete, capace di accogliere tutto il piacere ragionato di una serenità di assaggio e gusto.

Come dicevamo nell’articolo Esoterismo culinario: fin dalle sue origini, la cucina ha assunto caratteri divini e magici.

Infatti, nell’Antica Grecia il cuoco era appunto il Mageiros, figura arcana che identificava più ruoli: sacerdote del fuoco, che lo accendeva e lo custodiva, uccisore della vittima sacrificale, attuatore dei riti di macellazione e cuoco per la sapiente preparazione dell’alimento.

Oltre a questi ruoli chiave, il Mageiros, apparecchiava la tavola, impastava la pasta per la focaccia, condiva la pietanza con le spezie e la tagliava sulla tavola sacrificale, che vedeva la consumazione soltanto di animali domestici, e, quindi, da non confondere con quelli derivati dalla caccia, che non potevano essere offerti agli dei animali selvaggi.

Un procedimento che era basato su un sapere di pochi, da cui prende esattamente l’etimologia di mago e magia. Etimo molto differente da stregoneria come facoltà di operare attraverso poteri soprannaturali, con l’intervento di forze oscure e, il più delle volte, alimentata o confusa col volgare frutto di ignoranza e superstizione.

In realtà, abbiamo davvero potenzialità straordinarie che il sistema però continua a imporre di dimenticare?

Acquisendo conoscenze, e non solo razionali, è stata capita la possibilità di modificare e dominare cose ed eventi e il primario scopo delle arti magiche e mistiche è il potere, il controllo, la manipolazione soprattutto per i bisogni terreni e ultraterreni, ma ciò implica forzatamente l’occultare, dacché diversamente tutti vorrebbero fare la stessa cosa e nessuno ci riuscirebbe più.

Nascondere la conoscenza realizza il controllo perché l’umano ubbidisce finché non sa. Pensiamo al fuoco: inizialmente magia che pochissimi riuscivano a realizzare.

E tutto ciò che rimane nascosto, inconscio, non spiegabile e si trattiene nel mistero, viene identificato in una magia che, al contempo, è incanto e anche inganno.

La Natura non si limita alla creazione fine a sé stessa, bensì si comunica all’universo come proprio specchio e autoritratto, del quale l’uomo è identificazione primaria.

Allora l’uomo nel tendere a Dio ne auspica i poteri di comando e creazione e, dunque, di trasformazione o di completa ideazione.

Il mago è colui che crea immagini alle quali dà forza, anche psichica, e imprime una modificazione nella materia ma anche cambiamento, trasformazione in coloro che passivamente subiscono tale azione.

Azione che unisce i due mondi: terreno e ultraterreno. È allora il simbolo la chiave di ogni operazione magica, realizzandosi per mezzo di forme simboliche e tramite la loro forza rappresentativa.

Ne consegue l’uso di ciò che offre la Natura per diversi scopi che rincorrono intenzioni positive o negative di chi le pratica in modo da imporre un proprio arbitrio e diventare artefice, al fine di sfruttare proprietà nascoste finalizzate ad annullare le causalità e le casualità naturali.

Ad esempio, virtù magiche e terapeutiche di animali, piante e pietre – vedi amuleti come l’Abraxas -, e indubbiamente anche per lo scopo opposto, riguardo le quali se ne identificano addirittura dettagli specifici di formulazione, come le corrispondenze astrologiche, il giorno e l’ora di raccolta, le modalità di preparazione o le sostanze da aggiungere per ottenere l’effetto desiderato.

Per l’arte magica anche il luogo ha la sua fondamentale importanza che deve essere punto energetico, puro e immacolato anche, che imposta l’ambiente a configurazioni di purificazione, pure spirituale, esattamente come deve essere una cucina, come laboratorio creativo, prima di idee e poi di sperimenti culinari.

Un complesso di impostazioni che concorre ad assegnare un’aurea soprannaturale e di saggezza, che non è mai conoscenza rivelata, ma un cammino iniziatico, cioè volontà di colui che compie i passi verso la conoscenza dell’ordinamento segreto del mondo e le virtù celate delle cose.

La magia è cognizione dei segreti della natura.
Giordano Bruno

È necessario partire dalla concezione di anima, che diventa vettore di comprensione e consapevolezza per fluire le informazioni che scalano all’intelletto, da cui deriva l’immaginazione e il pensiero simbolico.

In questa visione il mangiare diviene molto di più di una mera necessità fisica, ma un elemento fondamentale della spiritualità e il cibo giunge ad essere inteso come miracolo di energia vitale che armonizza corpo, mente e spirito tramite l’equilibrio degli elementi.

In innumerevoli culture in tutto il mondo, cibi e bevande sono protagonisti di rituali di ogni tipologia, che enfatizzano gli effetti col ciclo della natura o sopraelevandosi a livelli superiori; come ci sono innumerevoli credenze che associano particolari ingredienti a spiccate proprietà magiche: pensiamo, per esempio, al peperoncino, all’aglio, alle lenticchie, alla melagrana…

Casi di particolare nota dal punto di vista religioso e popolare sono, ad esempio, il sale o l’olio, in grado di esorcizzare negatività o richiamarle, se incidentalmente rovesciati.

Anche il vino ha una doppia valenza: considerato nell’antichità come “farmaco”, ovvero ciò che può far bene, ma che, allo stesso tempo, può nuocere.

Anche gli strumenti, come quelli dediti alla preparazione delle pozioni, fanno parte dell’equipaggiamento magico e il mago è colui che ha la sapienza necessaria per poterli usare.

Un esempio fondamentale può essere quello della bacchetta magica e della relativa gestualità: nel nostro caso, in cucina, mescolare in senso orario con un mestolo, meglio se del corretto materiale, può contribuire ad attrarre energie positive o, magari, per non far impazzire la crema…

Il pensiero positivo o negativo nell’atto di cucinare può anch’esso indurre una particolare energia che, in qualche modo, influisce sul risultato finale, esattamente come le espressioni formulate con parole specifiche, che creano particolari influenze.

La parola che mi sovviene immediatamente è “abracadabra” che riporta a una frase aramaica אברא כדברא “abraq ad habra”, che si traduce letteralmente in “Creo quello che dico”.

Pertanto, impostare, preparare, svolgere ed eseguire; e, infine, anche concludere, chiudere l’azione magica è altrettanto importante, come il prodotto viene consumato.

Il cuoco è un mago che manipola e trasmuta gli elementi della natura a suo piacimento e diventa, così, uno «scriba della Casa della Vita» di egizia memoria, per fare esperienza di Heka, che è la magia, ma più dettagliatamente colui che attiva la potenza dell’anima, il sé astrale, una delle nove parti dell’anima, come l’energia vitale che consente di vivificare, animare, i corpi.

La credenza nella magia penetrava in ogni parte della vita degli antichi egizi, anche nelle tradizioni popolari e nei più semplici atti della vita quotidiana, come ad esempio il sonno o la preparazione del cibo.
James Henry Breasted

Mi torna in mente l’alchimia che, da pratica finalizzata alla trasmutazione del piombo in oro, attraverso un meticoloso trattamento della materia o alla realizzazione di essenze per generare e prolungare la vita, diviene spirituale tramite la Magnum Opus, un’esperienza di crescita o di liberazione spirituale, che partendo dalle oscurità dell’ignoranza ricerca per accedere all’aurea Luce della conoscenza fino all’anima, che rende viva la materia e col significato più profondo e puro.

Pure in cucina la magia è quella di rendere cosciente ciò che non lo è immediatamente e rendere significativa l’esperienza.

Ciò che pensiamo di essere o di fare è semplicemente un movimento della nostra coscienza, che dovrebbe mettersi in collegamento con la fonte primaria, origine del Tutto.

Concludendo, cosa c’è di più auspicabile di essere circondati da coloro con i quali scambiamo energia emotiva di gioia e bellezza, mantenendoci sani?

E lasciare un segno indelebile nelle memorie e nei cuori?

E quella che si realizza anche intorno al cerchio magico del tavolo non è quindi magia?

Il resto lasciamolo ai ciarlatani.

Il percorso dove ci porterà?

Stay tuned! Restate sintonizzati e direi anche sincronizzati!

Autore Investigatore Culinario

Investigatore Culinario. Ingegnere dedito da trent'anni alle investigazioni private e all’intelligence, da sempre amante della lettura, che si diletta talvolta a scrivere. Attratto dall'esoterismo e dai significati nascosti, ha una spiccata passione anche per la cucina e, nel corso di molti anni, ha fatto una profonda ricerca per rintracciare qualità nelle materie prime e nei prodotti, andando a scoprire anche persone e luoghi laddove potesse essere riscontrata quella genuina passione e poter degustare bontà e ingegni culinari.