Una volta stabilita la mise en place, a proseguimento del progetto Tavola, descritto nel precedente articolo, è inutile dire che la scelta del menu – le note dei pasti, come le definiva Artusi – fa parte integrante del programma in funzione all’ospite e delle sue caratteristiche, dove influiscono o dovrebbero influire le stagioni, le tradizioni culinarie locali, la tipologia di circostanza, senza escludere, ovviamente, il tempo a disposizione e pure la disponibilità economica.
Il resto compete a sensibilità e preparazione enogastronomica per un’armonia, questa del palato, e, in certi casi, la ricerca del tanto ambito effetto wow.
Il menu determina anche una cadenza temporale e, per la sua costruzione, esistono due possibilità di ritmi gustativi:
– il crescendo gustativo, e anche emozionale, parte dai cibi più semplici e leggeri e prosegue verso le pietanze più forti, grasse e/o strutturate, esattamente come la successività dei caldi sui freddi o come pure la struttura e la gradazione dei vini in abbinamento, partendo dai freschi e proseguendo con quelli a temperatura ambiente;
– il metodo alternato prevede il più attento e sapiente susseguirsi di contrasti gustativi e consistenze con abbinamenti debitamente proporzionati, che rilasciano un’emozionalità più vivida e sorprendente all’interno del movimento ondulatorio dell’emozionalità generata.
In linea di massima, la costruzione dei menu prevede alcune regole base, come ad esempio l’elaborazione di cibi diversi, con diverse cotture, consistenze ed estetiche, evitando ripetizioni di cibi e preparazioni.
Sintesi e chiarezza completano ciò che occorre qui a noi, sottolineando che alcuni istituti nazionali di culinaria hanno stabilito che il miglior menu non dovrebbe superare i 110 secondi in totale di lettura e comprensione e tenendo presente che i grandi ristoranti dagli anni 80 li adattano in base a dettagliati studi di Menu Engineering, laddove, un po’ come l’apparecchiamento della tavola spiegata nel precedente articolo, tali tattiche attivano maggiormente le percezioni gustative, aumentando addirittura la salivazione e i guadagni.
Il piacere della tavola si gusta in quasi tutta la sua estensione ogni qualvolta che si riuniscono le quattro condizioni seguenti: vivande almeno passabili, vino buono, commensali simpatici, tempo quanto ce ne vuole.
J. A. Brillat Savarin – La Fisiologia del gusto
Nel pezzo dell’esoterismo culinario sostenevo che la bellezza della presentazione del piatto e la disposizione del cibo sono una componente della sua bontà e dell’apprezzamento del commensale.
Pertanto, il posizionamento dei cibi nel piatto è un’elaborazione che deve tener conto sia dell’ordine visivo sia di quello gustativo. Anche qui tutti i sensi sono coinvolti e dovrebbero concorrere sinesteticamente a stimolare dapprima la curiosità e decretare, poi, il successo della preparazione.
Un vuoto da riempire, che è simbologia di un movimento d’energia, un atto amorevole.
Personalmente, prediligo la semplicità d’impiattamento, con una buona visibilità di ogni componente, se non è previsto un voluto effetto sorpresa, e, quindi, la riconoscibilità e comprensione in modo che l’identificabilità non sia difficoltosa.
Qualunque preparazione, includendo quantità e disposizione, deve rappresentare un racconto gustativo che deve evitare troppe e complesse spiegazioni verbali, ma che deve essere concentrato sulle proporzioni.
È famoso, ad esempio, l’esperimento di Delboeuf, che identificò la percezione di uno stesso cerchio che appare più piccolo se circondato da uno più grande, mentre appare più grande se circondato da un cerchio più piccolo del primo. La stessa cosa accade per cibi posizionati in piatti di diversa grandezza o colore.
Anche il senso di orizzontalità e verticalità ha un impatto visivo e gustativo: la composizione del piatto in orizzontale determina un percorso composto di vari passi, mentre uno verticale costituisce un progetto gustativo univoco.
Infine, la ritmica di movimento come l’orientamento e, di conseguenza, l’inclinazione del cibo hanno un significato: a riprova, una fetta di torta triangolare andrebbe servita con la punta rivolta al commensale che deve mangiarla.
Ed esiste anche qui il concetto di diagonale armonica, che, secondo Kandinskij, va dal basso a sinistra verso l’alto a destra.
Oltre alle regole progettuali viste fin qui, nella composizione dei piatti, formale o spaziale, interagiscono le leggi visive gestaltiche: se esistesse una parte più alta del piatto, questa andrebbe posizionata più lontano dal commensale rispetto alla parte più bassa, in modo da creare un crescendo visivo.
Poi ci sono regole più o meno fisse, che garantiscono in un secondo piatto la proteina nella parte bassa del piatto vicino al commensale e la parte alta occupata dai contorni.
Riguardo l’abbinamento dei vini ai piatti si deve tener conto delle caratteristiche, consistenza e personalità di entrambi, al fine che possano procedere in accordo con il reciproco rapporto dialettico equilibrato. E, per questo, è indispensabile l’esperienza, la conoscenza dell’arte culinaria oltre che quello del vino e l’allenamento.
Le successioni e gli abbinamenti enogastronomici possono avvenire con tre metodologie: per tradizione e consuetudine, regionale o locale; per contrapposizione, grasso del cibo contro acidità del vino o sapidità contro morbidezza; per concordanza, aromaticità con aromaticità o identica persistenza gustativa.
L’analisi sensoriale interessa tutti i nostri sensi e la qualità di un nuovo abbinamento dovrebbe essere fatto tramite preliminare assaggio.
Vi descrivo un paio di situazioni che mi sono capitate: una riguarda la pasta al pesto, laddove la scelta del vino, tranne gli abbinamenti più classici e scontati, non è così semplice perché le qualità dell’olio, la stagionatura dei formaggi grattugiati, la tipologia di aglio utilizzato potrebbero fare la differenza, come pure le caratteristiche della pasta utilizzata.
In un’altra occasione, invece, avevo portato ad un cuoco del cinghiale da preparare per una cena speciale con Andrea, un amico fraterno che si pregiava da anni di essere il Vivandiere di una particolare ecclesia di uomini, e, per determinare sia il risultato finale sia il vino da abbinare, lo chef mi chiese quale fosse l’età, il sesso, la provenienza e la frollatura dell’animale.
Non si tratta di fanatismo, ma solo di un’attenzione maggiore finalizzata ad un’esperienza più precisa ed appagante con l’aspirazione a tutte le conseguenze che abbiamo tentato di far comprendere nell’intero percorso.
Il procedimento d’esame parte dal visivo, passa all’olfattivo e arriva al gustativo.
Quest’ultimo determina le caratteristiche del cibo che, in prima analisi, sono i quattro sapori fondamentali: dolce – acido – salato – amaro; poi coinvolgono i liquidi di cottura e i condimenti aggiunti: oli – grassi – erbe aromatiche – spezie.
Oltre esistono, infine, le sensazioni in riferimento alle consistenze di ordine tattile e perfino acustico.
Ugualmente i primi tre per i vini, laddove l’esame visivo determina colore e limpidezza; l’olfattivo per l’analisi del così detto bouquet fatto dai profumi primari, originali tipici del vitigno, secondari, della fermentazione, e i terziari, aromi d’invecchiamento.
Ed infine, l’esame delle papille gustative, per comprendere le componenti di morbidezza data dall’alcool etilico e dagli zuccheri, di acidità data dai tannini e la sapidità resi dai Sali minerali presenti.
Ho fiducia di aver detto fin qui quanto basti a convincervi che c’è di più in un’inconsapevole mangiata in compagnia e, se fino a qui mi si è letto con quell’interesse che ho auspicato e tentato di ispirare e mantenere, sappiate che esistono già degli esperimenti di ricette culinarie espletate con occhio esoterico e approfondimento simbolico che fanno parte, sin dalla prima idea di codesta rubrica, e che volevano valorizzarne l’aspetto originale e l’inusuale analisi.
Quindi, non deporrò ancora gli strumenti di scrittura per mettere il punto e lasciar spazio anche agli altri componenti di questa Loggia, che si è data appositamente questo nome per riunire, come già descritto, selezionati e curiosi Cacciatori di Genuinità e Contemplatori di Bellezza, alla Ricerca del Piacere, della Qualità, delle Tipicità culinarie.
Il percorso dove ci porterà?
Stay tuned! Restate sintonizzati e direi anche sincronizzati!
Autore Investigatore Culinario
Investigatore Culinario. Ingegnere dedito da trent'anni alle investigazioni private e all’intelligence, da sempre amante della lettura, che si diletta talvolta a scrivere. Attratto dall'esoterismo e dai significati nascosti, ha una spiccata passione anche per la cucina e, nel corso di molti anni, ha fatto una profonda ricerca per rintracciare qualità nelle materie prime e nei prodotti, andando a scoprire anche persone e luoghi laddove potesse essere riscontrata quella genuina passione e poter degustare bontà e ingegni culinari.