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Chi scrive gli articoli di questa testata?

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Articolista di una testata


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Questo articolo è stato meticolosamente creato a mano dall’autore, come un pezzo d’arte o quantomeno artigianale, unico nel suo genere.

Ogni parola è stata scelta e plasmata con cura, ogni virgola posizionata con precisione. Nessun algoritmo ha messo zampino qui, dove trovate solo il lavoro genuino e amorevole di un vero essere umano.

Quindi, preparatevi a gustare un’opera di maestria letteraria, che brilla per la sua autenticità e originalità, proprio come un oggetto artigianale fatto a mano con passione e dedizione.

Si tratta di una precisazione ormai doverosa, visto il proliferare dell’utilizzo di sistemi di Intelligenza artificiale da parte dei giornalisti. Dovrebbe essere usata da ogni giornalista come garanzia di aver scritto lui il pezzo.

Ma non dovrebbero essere proprio i giornalisti a scriverli? Perché quindi questa provocatoria introduzione?

Secondo uno studio condotto dall’Associated Press, che ha intervistato collaboratori di diverse redazioni, quasi il 70% di loro ha affermato di utilizzare sistemi di IA per una serie di attività, tra cui la creazione di post sui social, redazione di newsletter e titoli, traduzione e trascrizione di interviste e persino la stesura di intere storie e articoli.

L’avvento dell’Intelligenza artificiale generativa sta rivoluzionando i compiti che i giornalisti svolgono e il modo in cui lavorano, e, in particolare, sta già cambiando il panorama delle redazioni; il suo impatto, probabilmente, continuerà a crescere nel tempo.

Questa tecnologia offre a tutti, anche ai giornalisti, nuovi strumenti per migliorare l’efficienza e l’accuratezza del lavoro quotidiano.

Ad esempio, i sistemi di Intelligenza artificiale possono aiutare a generare titoli accattivanti o tradurre rapidamente interviste da una lingua all’altra, consentendo ai cronisti di concentrarsi su compiti più creativi e analitici.

Peraltro, questo ampio, forse già eccessivo, utilizzo dell’IA per la generazione di contenuti, solleva una serie di questioni importanti, che toccano più aspetti.

Innanzitutto, vi è la questione del copyright. Poiché le IA possono creare contenuti simili a quelli umani, è fondamentale stabilire chi detiene i diritti sui materiali utilizzati e processati per ottenere i risultati pubblicati e proteggere la proprietà intellettuale.

In secondo luogo, deve essere tenuta presente la questione della qualità dei contenuti. Sebbene le IA possano produrre materiale in modo rapido ed efficiente, la loro capacità di garantire una qualità costante e affidabile è ancora soggetta a variazioni e necessita verifiche.

Ciò solleva dubbi sull’affidabilità delle informazioni generate artificialmente e, anche sulla loro accuratezza.

Questo aspetto solleva anche dubbi e preoccupazioni e riguarda l’obiettività dei contenuti. Le IA sono addestrate su grandi quantità di dati, che possono contenere bias impliciti, pregiudizi, limiti dei dati usati per le profilazioni in quanto alcuni elementi possono essere omessi oppure lo sviluppatore potrebbe aver impostato programmi e algoritmi per far prevalere un’opinione sull’altra.

Di conseguenza, i contenuti generati possono riflettere parzialità o distorsioni, minando l’obiettività e l’affidabilità dell’informazione.

Infine, c’è il fattore emozionale umano. Gli individui sono in grado di comprendere e comunicare emozioni in modo complesso, mentre le IA mancano di empatia e comprensione profonda delle esperienze umane.

Sorgono, quindi, nuovi dubbi sulla capacità delle IA di trasmettere in modo autentico l’emozione e la complessità dell’esperienza umana attraverso i contenuti che generano.

Cosa ne avrebbe pensato Indro Montanelli, Curzio Malaparte o altri grandi giornalisti del passato di chi ricorre a questo strumento?

Montanelli era un giornalista noto per il suo stile diretto e schietto nel trattare le notizie. Sarebbe forse stato scettico riguardo all’uso dell’Intelligenza artificiale nei contenuti giornalistici, temendo che potesse compromettere l’autenticità e l’originalità del lavoro e vedere il suo utilizzo come una minaccia per il ruolo e l’identità dei redattori, preoccupato, magari, che la tecnologia potesse sostituire il lavoro umano anziché migliorarlo.

Inoltre, si sarebbe probabilmente preoccupato per la perdita di controllo editoriale e della mancanza di discernimento umano nel processo decisionale riguardo alle notizie.

Mi sento di dire non l’avrebbe usata e, confido, che i veri giornalisti facciano come lui.

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Autore Gianni Dell'Aiuto

Gianni Dell'Aiuto (Volterra, 1965), avvocato, giurista d'impresa specializzato nelle problematiche della rete. Di origine toscana, vive e lavora prevalentemente a Roma. Ha da sempre affiancato alla professione forense una proficua attività letteraria e di divulgazione. Ha dedicato due libri all'Homo Googlis, definizione da lui stesso creata, il protagonista della rivoluzione digitale, l'uomo con lo smartphone in mano.