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Tra umanità e prevalenza del voyeurismo. La Società delle mangrovie

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Il recente episodio di estrema violenza che ha visto per protagonisti degli adolescenti, induce a profonde riflessioni.
Ricapitoliamo brevemente il fatto.

Una ragazza di quindici anni colpisce ripetutamente una tredicenne, sembra per motivi di gelosia, ed evidentemente non contenta, la accoltella almeno tre volte.

Si potrebbe configurare il reato di tentato omicidio. Almeno una quindicina di coetanei osservano, non intervengono, riprendono con gli smartphone la scena e, pare, incitino le due contendenti.

Potremmo parlare della violenza tra giovani, da sempre motivo di grande preoccupazione, che in un periodo contraddistinto da baby gang e vicende le quali vedono protagonisti dei giovanissimi, non ultimo il diciassettenne condannato a Napoli per l’omicidio di un ventiquattrenne, dovrebbe essere un argomento degno di attenzione da parte anche del legislatore.

Ma sono concetti noti e triti.

Potremmo scendere nello specifico e chiederci come mai a quindici anni una ragazza esce con un coltello nella borsa e non ha alcuna remora ad usarlo.

Ma è inutile parlare, ancora una volta, di contesti di disagio o in cui prevale la violenza.

Tuttavia, dovremmo riflettere su come molti giovani non abbiano alcuna contezza del concetto di disvalore delle loro azioni. E prescindiamo dal fatto che siano cresciuti con videogiochi che iniziano chiedendo di rubare una macchina e, magari, uccidere il poliziotto che cerca di fermarli.

Parliamo della maggioranza dei presenti, quelli che hanno limitato il loro intervento a riprendere l’accaduto per conservarlo, rivederlo o, magari, diffonderlo sui social come, effettivamente, sembra sia avvenuto.

Questa vicenda solleva interrogativi cruciali sull’uso responsabile della tecnologia da parte dei giovani e sull’impatto che i social media possono avere sul comportamento e sulla percezione degli eventi.

E non possiamo fare riferimento solo all’evento e a quanto accaduto nell’immediatezza, bensì a quanto vi è a monte, su come i social e la prevalenza della visibilità stia sempre più prendendo piede tra i giovani ad evidente scapito di altri valori che, per molti di loro, sembra proprio siano obsoleti o, comunque fuori moda.

Inutile negarlo: i social media, con la loro capacità di amplificare e diffondere rapidamente contenuti, hanno sicuramente contribuito non poco ad influenzare notevolmente il comportamento dei giovani.

In situazioni di emergenza, di pericolo, come quella descritta, l’istinto di alcuni a filmare l’accaduto anziché intervenire, magari usando il telefonino per chiamare la polizia, ben potrebbe essere alimentato dalla ricerca di gratificazione sociale o dalla volontà di ottenere visibilità online.

Questo fenomeno evidenzia una preoccupante mancanza di empatia e di senso di responsabilità sociale. Inoltre, l’uso intensivo dei cellulari e dei social media può avere effetti negativi e di dissociazione dalla realtà sulla percezione degli eventi da parte dei giovani.

La costante esposizione a contenuti violenti o sensazionalistici sui social può portare a distorcere la percezione della realtà ed influenzare il modo in cui i giovani interpretano e rispondono agli eventi nella vita reale.

Del resto, non dimentichiamolo, un social è una campana di vetro che protegge la vita dell’utente che si crea una propria comfort zone all’interno della quale si costruisce un mondo fatto solo di approvazione e dove non esistono divieti, privazioni, elementi negativi o di contrasto.

Ci vuole poco a portare tutto ciò nella vita reale e in quella che, con molto acume, è stata definita dal filosofo Luciano Floridi ‘Società delle mangrovie’.

La mangrovia è una pianta che vive tra la fine del fiume e l’inizio del mare, in un punto in cui non è chiaro se l’acqua sia dolce o salata; e alla mangrovia tutto ciò non importa.

Lo stesso sembra accada a chi non si rende conto se vive nel mondo virtuale, che si è costruito addosso o in quello reale, dove ci sono regole da rispettare, ad iniziare dalla presenza degli altri.

I ragazzi che hanno ripreso l’episodio di violenza lo hanno fatto probabilmente perché, nel loro habitat personale tutto ciò è normale; vi ha già fatto ingresso.

La ragazza che ha usato il coltello, vorremmo sperare, aveva perso il controllo della sua dimensione virtuale e l’ha trasportata, per un attimo, in quella reale.

Ma cosa pensa di tutto ciò la vittima che virtuale non era?

 

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Autore Gianni Dell'Aiuto

Gianni Dell'Aiuto (Volterra, 1965), avvocato, giurista d'impresa specializzato nelle problematiche della rete. Di origine toscana, vive e lavora prevalentemente a Roma. Ha da sempre affiancato alla professione forense una proficua attività letteraria e di divulgazione. Ha dedicato due libri all'Homo Googlis, definizione da lui stesso creata, il protagonista della rivoluzione digitale, l'uomo con lo smartphone in mano.