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Non siamo batterie elettriche

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Batterie


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Quando linguaggio è obsoleto e disumanizzato

Sulla soglia del cuore delle persone ci sono spesso, in attesa, segrete ma indomabili speranze.
Quando ascolti chi ti chiede aiuto dovresti eliminare, prima di tutto, il tuo sapere, anche se solo temporaneamente, e i tuoi pregiudizi.

Dimenticati i modi abituali quotidiani di affrontare un discorso, i quali sono

spesso assuefatti, cosparsi di noncuranza, di svogliatezza e di indifferenza.
Elimina anche le rigide classificazioni, tipiche di chi etichetta la gente con la propria vana saccenza.

E smettiamola di usare il solito linguaggio stantio e consumato delle cosiddette energie, poiché l’incontro con l’altro non è un banale contatto tra due batterie elettriche; con certi termini si crede di elevare lo spirito ma non è affatto questo il modo per tutelare chi soffre, anzi, così facendo si opera da riduzionisti, credendo di poter risolvere tutto per mezzo di un improbabile intervento del cosmo.

Non gonfiarti di vuote parole e ricorda che sei tu ad agire, a parlare e a dover cogliere cosa nascondono gli occhi di chi ti chiede aiuto.

Prova piuttosto, almeno per qualche momento, a percepire il destino dell’altro come se fosse il tuo stesso destino, altrimenti non lo potrai comprendere.

Ascolta i sospiri, i silenzi che intercorrono tra una parola e l’altra, ascolta anche in che modo vengono costruite le frasi, e con quale ansietà.

Per poi fare in modo che le tue parole diventino per l’altro un’isola di salvataggio.

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Autore natyan

natyan, presidente dell’Università Popolare Olistica di Monza denominata Studio Gayatri, un’associazione culturale no-profit operativa dal 1995. Appassionato di Filosofie Orientali, fin dal 1984, ha acquisito alla fonte, in India, in Thailandia e in Myanmar, con più di trenta viaggi, le sue conoscenze relative ai percorsi interiori teorici e pratici. Consulente Filosofico e Insegnante delle più svariate discipline meditative d’oriente, con adattamento alla cultura comunicativa occidentale.