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Territorio conteso. Dall’Homo Sapiens ad oggi i confini urgono

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Territorio


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È dalla notte dei tempi che il genere umano lotta per rivendicare un territorio. Dall’identità di gruppo al bisogno umano di riconoscere il proprio luogo di origine

Al di là delle questioni politiche, economiche, culturali, ideologiche o di religione, che non sono qui in discussione, è innegabile che l’Uomo desideri da sempre un luogo per ricondurvi la propria identità.
Ma nell’evoluzione della specie dell’Homo Sapiens, 4.000 anni fa si apre in Medio Oriente uno spaccato tutt’oggi irrisolto.

Inizia così una storia millenaria dai ‘Padri della Patria’: Abramo, il figlio Isacco e il nipote Giacobbe.

Abramo fu chiamato da Dio perché da UR, in Caldea – situata nell’antica Mesopotamia, il grande territorio che comprendeva gli attuali Iraq e parte della Turchia, Siria, Iran, Arabia Saudita e Kuwait – si muovesse fino alla terra di Canaan per fondare un popolo che credesse nel Dio unico, ricevendo in promessa la terra sulla quale dimorerà.

Ad Abramo Dio promise la terra, per tutta la progenie, in termini di estensione dei territori di popoli antichi (Genesi 15: 13-21), che successivamente descrisse con maggior precisione (Esodo 23:31), dal Mar Rosso fino al Mar dei Filistei, cioè il Mar Mediterraneo, e dal deserto al fiume, cioè l’Eufrate.

Genesi 15, 13-21, Patto di Dio con Abramo, la Terra Promessa

(13) e il Signore disse ad Abramo: “Sappi pure che la tua progenie dimorerà come straniera in un paese che non sarà suo, e servirà alla gente di quel paese, la quale l’affliggerà; e ciò sarà per lo spazio di quattrocento anni”.

(14) Ma altresì io farò giudicio della gente alla quale avrà servito; poi essi se ne usciranno con gran ricchezze.

(15) e tu te ne andrai a’ tuoi padri in pace, e sarai seppellito in buona vecchiezza.

(16) e nella quarta generazione, essi ritornarono qua; perciocché fino ad ora l’iniquità degli Amorrei non è compiuta.

(18) In quel giorno il Signore fece patto con Abramo, dicendo: “Io ho dato alla tua progenie questo paese, dal fiume di Egitto fino al Fiume grande, ch’è il fiume Eufrate;

(19) il paese de’ Chenei (ndr Terra di Palestina), e de’ Chenizzei, e de’ Cadmonei;

(20) e degl’ Hittei, e de’ Ferezei, e de’ Rafei;

(21) e degli Amorrei, e de’ Cananei, e de’ Ghirgasei, e de’ Gebusei.
Esodo 23, 31 Altra definizione dei confini

(31) E io porro i tuoi confini dal Mar Rosso fino al mar de’ Filistei, e dal deserto fino al Fiume; perciocché io darò nelle vostre mani gli abitanti del paese, e tu li scaccerai dinanzi a te.

(32) Non far lega alcuna con loro, né co’ loro iddii.

(33) non abitino essi nel tuo paese, ché talora non ti facciano peccare contro a me; conciosiacché tu serviresti agli’iddii loro; perciocché quello ti sarebbe in laccio.

E ancora nei Numeri 34:1-15, nella regione chiamata la Terra di Canaan, che corrisponde all’attuale area composta da Libano, Palestina, parte della Siria e parte della Giordania.

Numeri 34, 1-15

(1) Comanda a figliuoli d’Israele, e dì loro, conciosiacchè voi siate ora per entrar nel paese di Canaan; quest’è il paese che vi scaderà per eredità, cioè il paese di Canaan, secondo i sui confini.
In 2-15 descrizione dettagliata della terra dopo l’esodo.

A Canaan si diffuse poi la carestia e Giacobbe, rinominato Israele da Dio – Principe di Dio oppure Lottare con Dio, secondo diverse versioni della Bibbia – si stabilisce in Egitto con i suoi dodici figli e le loro famiglie, e i loro discendenti vengono poi ridotti in schiavitù e costretti ai lavori forzati.

Vi dimorano per 400 anni (Esodo 12:40), fino a quando Mosè, costretto a fuggire dall’Egitto per avere ucciso un Egiziano che bastonava un Ebreo (Esodo 2: 11-12), ricevette l’incarico da Dio di liberare il popolo ebraico e lo trasse in salvo attraversando il Mar Rosso con l’apertura delle acque, che si richiusero uccidendo gli inseguitori egiziani dopo il tentativo di Mosè di convincere il faraone a lasciare liberi gli Ebrei.

Nomadi per 40 anni nel deserto del Sinai, e faticando Mosè a mantenere gli increduli nella fede in Dio, raggiusero la Terra Promessa nel 1300 a.C., realizzando quello che tutt’oggi è commemorato come simbolo universale di libertà e indipendenza.

Abbandonato il nomadismo, seguì un periodo di due secoli in cui svilupparono grandi abilità come agricoltori e artigiani, consolidando un buon grado di stabilità economico – sociale seppur in alternanza di periodi di pace e guerre abilmente gestite da guide, dette giudici, scelte per le riconosciute capacità e qualità politiche e militari per condurle.

Tale organizzazione si dimostrò debole con l’avvento di un popolo proveniente dall’Asia Minore, i Filistei, che, insediatisi lungo le coste del Mediterraneo, giustificarono la nascita della monarchia.

Affidarono, quindi, il mantenimento dell’unione tra le tribù ebraiche ad un capo che operasse permanentemente con un incarico trasmesso in via ereditaria. Il primo re, Saul, risale al 1020 a.C..

Nel 930 a.C., dopo la morte di Re Salomone, che aveva generato malcontento tra la popolazione schiacciata dalle esose richieste per la realizzazione dei suoi progetti, compreso il Tempio, creando rivalità tra monarchia e separatisti tribali, vi fu una insurrezione che portò alla separazione delle tribù e furono creati il Regno di Israele, a nord con Samaria città capitale, e quello di Giudea, a sud con Gerusalemme città principale.

Seguirono Re e Profeti, loro consiglieri per questioni religiose e politiche, riconosciuti dotti per il legame tra Dio e l’uomo, che prodigavano la moralità della vita degli Ebrei – fino al primo esilio del 586 a.C., inizialmente per l’espansione imperiale degli Assiri verso il Regno di Israele, successivamente per quella dell’Impero Babilonese nel Regno di Giuda, che distrusse Gerusalemme e il Tempio.

Dal 538 a.C. al 63 a.C. fu permesso gli Ebrei di rientrare nella Terra Promessa.

Con l’avvento dell’Impero Romano dal 63 a.C. al 313 d.C, gli Ebrei vennero dispersi dopo varie rivolte popolari e la distruzione del Tempio, splendidamente ristrutturato da Erode, fiduciario dei Romani e Re di Giudea, che però non ottenne il consenso dei sudditi.

Altre dominazioni seguirono dal 313:
• Bizantini, 313 – 636
• Arabi, 636 – 1099
• Crociati, 1099 – 1291
• Mamelucchi, 1291 – 1516
• Ottomani, 1516 – 1917
• Britannici, 1918 – 1948

Il 14 maggio 1948 fu proclamata l’indipendenza dello Stato di Israele e, 24 ore più tardi, seguì l’invasione degli eserciti regolari di Egitto, Siria, Giordania, Libano, Iraq, Arabia Saudita, dando corso alla guerra di Indipendenza di Israele.

I combattimenti si protrassero per 15 mesi e terminarono con i negoziati diretti dalle Nazioni Unite tra Israele e i Paesi invasori, con il solo rifiuto dell’Iraq di partecipare all’armistizio.

Seguirono violazioni degli accordi di pace, con il divieto di attraversamento del Canale di Suez alle navi israeliane, e il blocco dello stretto di Tiran, per impedire gli scambi commerciali con l’Africa orientale e le importazioni di petrolio dal Golfo persico. Varie furono le incursioni e gli attentati terroristici dai paesi arabi confinanti.

Nel 1956 la triplice alleanza Egitto, Siria, Giordania minacciava l’esistenza di Israele, che reagiva con il proprio esercito, conquistando la Striscia di Gaza e la penisola del Sinai, ritirandosi dopo che l’Egitto si impegnava ad aprire la libera navigazione consentendo gli scambi commerciali con l’Africa orientale e le importazioni di petrolio.

Lo sviluppo economico del Paese fu sostenuto dall’assistenza offerta dal governo degli Stati Uniti, i prestiti di banche americane, dagli stessi Ebrei e i risarcimenti post-bellici dalla Germania.

Nel 1967, ancora l’alleanza militare tra Egitto, Giordania e Siria rappresentava un’ulteriore minaccia all’esistenza di Israele, che reagì in anticipo con l’attacco della Guerra dei Sei Giorni, stabilendo, sotto il proprio controllo, le linee armistiziali di Giudea, Samaria, Gaza, la penisola del Sinai e le Alture del Golan.

Terminato il conflitto, il 22 novembre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adotta all’unanimità la risoluzione n. 242, con la quale afferma che alla base di una pace giusta e duratura in Medio Oriente stanno due princìpi:

1) il ritiro delle forze armate di Israele dai territori occupati nel recente conflitto;

2) il riconoscimento della sovranità, dell’integrità territoriale e della indipendenza politica di tutti gli stati della regione e del loro diritto di vivere in pace in confini sicuri e riconosciuti, liberi da minacce o da atti di forza.

Alla successiva vittoria israeliana nella Guerra dei Sei Giorni rispondono gli arabi dal vertice di Khartum del 26- 29 agosto 1967 con un triplice rifiuto: nessun riconoscimento di Israele, nessun negoziato, nessun trattato di pace

La Risoluzione 242 in primo luogo riconosceva il diritto all’esistenza entro confini sicuri di tutti gli stati della regione, e quindi anche di Israele, ma affermava anche che avrebbe dovuto essere data una “giusta soluzione al problema dei rifugiati”, in cui si faceva riferimento alla popolazione palestinese espulsa dalle sue terre all’atto della costituzione dello stato ebraico nel 1948 – 1949.

In sintesi, pare che da 4.000 anni in una grande area geografica medio-orientale si contrapponga la libertà di esistere di popolazioni che sconfinano da un territorio all’altro.

Eppure, è dalla notte dei tempi dell’Umanità intera che le popolazioni rivendicano un proprio territorio.

Lo storico Yuval Noah Harari, in ‘Sapiens: A Brief History of Humankind’, sostiene che l’evoluzione dell’Homo Sapiens è avvenuta con la coscienza del “noi”, quindi il gruppo, e con il pensiero rivolto al “loro”, cioè agli altri, focalizzando l’attenzione sulla sfera di appartenenza e la lotta per rivendicare un circondario.

Agli inizi della specie, gli umani erano nomadi che vivevano in piccoli gruppi che hanno poi colonizzato il pianeta.

Con la fine dell’era glaciale, circa 12.000 anni fa, si crearono le condizioni favorevoli per il mutamento evolutivo da fisico a culturale.

L’avvento dell’agricoltura prevalse sul nomadismo per il conseguente incremento di risorse alimentari disponibili.

Si formarono comunità stabili dedite all’addomesticamento di animali e una imponente crescita d’uso di utensili metallici.

Le risorse agricole e lo sviluppo della metallurgia favorirono il baratto e presero forma le prime società, con i primi villaggi situati nelle regioni medio orientali.

In Egitto e in Mesopotamia, che comprendeva gli attuali Iraq e parte della Turchia, Siria, Iran, Arabia Saudita e Kuwait, nacquero le prime Città – Stato, sorsero le prime forme di scrittura e le religioni.

I confini vennero pertanto ad assumere l’importante ruolo di delimitazione e limitazione dell’agire sociale, politico, fisico e culturale, definendo il luogo – origine dove nascere, vivere e morire.

Per un popolo la propria terra di origine equivale a ciò che la casa è per ciascun individuo. Per quanto ci si possa allontanare verso luoghi tra i più remoti della terra, ognuno di noi sa che ha sempre la propria casa che prima o poi lo accoglierà nel calore del focolare per sé e la propria famiglia, con la sensazione di sicurezza che solide pareti trasmettono per l’inviolabilità da parte di estranei malintenzionati, per il senso di appartenenza a qualcosa che è parte indissolubile dalla propria esistenza.

È pertanto inequivocabile l’esigenza, che da sempre caratterizza i popoli della terra, di tracciare linee di demarcazione territoriale a delimitazione della propria identità e limitando l’azione di altri, ma in una auspicabile interazione di scambio culturale e sociale liberamente condiviso.

È l’origine della specie che lo ha determinato ed è la storia che conferma l’importanza di una propria terra per l’esistenza umana.

Auspichiamo al senso della laicità quale stato autonomo e indipendente da ogni condizionamento morale, ideologico e religioso, e all’etica, per i valori morali in base ai quali distinguere il bene dal male, che unita all’estetica possa ricondurre all’assiologica dottrina dei valori, per comprendere quanto nel mondo “è valore” e “ha valore” rispetto alla realtà di fatto, troppo spesso determinata dalla cieca scelleratezza di uomini perduti nel passato, per dirimere dalla quasi assente propensione a traguardare ad un futuro globale impegnati nel Lavoro per il Bene dell’Umanità.

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Autore Adriano Cerardi

Adriano Cerardi, esperto di sistemi informatici, consultant manager e program manager. Esperto di analisi di processo e analisi delle performance per la misurazione e controllo del feedback per l’ottimizzazione del Customer Service e della qualità del servizio. Ha ricoperto incarichi presso primarie multinazionali in vari Paesi europei e del mondo, tra cui Algeria, Sud Africa, USA, Israele. Ha seguito un percorso di formazione al Giornalismo e ha curato la pubblicazione di inchieste sulla condizione sociale e tecnologia dell'informazione.