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Il Plastico Brunetti o dei Trecento treni

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Plastico Bunetti - ph Mimmo Bafurno
Plastico Bunetti - ph Mimmo Bafurno


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Al museo ferroviario di Pietrarsa è possibile ritornare bambini e assistere, meravigliati, a un mondo in miniatura tipicamente italiano

Sembrerà strano, ma i trenini elettrici inventati per far divertire i piccoli sono diventati il giocattolo preferito dei ‘grandi’, che non si limitano a far girare un trenino in un ovale, ma costruiscono veri e propri mondi in miniatura con città, villaggi, fiumi e montagne.
Infatti, il modellismo ferroviario fattura milioni di euro e le due principali case produttrici, la Rivarossi di Como e la Lima di Vicenza, ogni anno sfornano nuovi modelli a partire da 200 euro, parafrasando i cartellini dei prezzi esposti nei negozi.

A proposito, chi non ricorda la pubblicità di Beppe il Ferroviere degli anni Ottanta?

Oggi vi parliamo del Plastico Trecento treni, uno dei più famosi in Italia, o Plastico Brunetti, dal nome del suo creatore.

Otello Brunetti era un ferroviere che prestava servizio nel compartimento di Bologna. Dopo una visita medica di routine fu ritenuto inabile al lavoro e impiegò le ore lavorative nella costruzione di un grande plastico la cui area copre 41 metri quadrati, completamente auto costruito.

Grazie ad un piccolo tornio da lui stesso ideato, sezionò le scatole di latta delle conserve e delle sardine e costruì sia i binari, sia la linea aerea di contatto, mentre gli edifici, scalo merci, sottostazione elettrica, cabina di blocco, furono realizzati in legno e cartoncino.

Plastico Bunetti - ph Mimmo Bafurno
Plastico Bunetti – ph Mimmo Bafurno

Il plastico è costituito da due parti fondamentali, una stazione di testa, che riproduce fedelmente quella di Santa Maria Novella a Firenze, e una zona montuosa, alla sua estremità, formata da due gallerie, di cui una in prossimità di un casello e di un passaggio a livello, grazie alla quale i binari creano un cappio di ritorno, che permette ai treni partiti dalla stazione di testa di farvi ritorno.

Nel mezzo, un ampio fascio merci con la simulazione della ‘Sella di Lancio’, detta anche Parigina, che, fino agli anni Novanta, serviva per comporre i treni merci nei grandi scali.

Da menzionare anche il cavalcavia della stazione di testa, fedele copia di quello della stazione di Bologna.

Plastico Bunetti - ph Mimmo Bafurno
Plastico Bunetti – ph Mimmo Bafurno

La storia di questo mondo ferroviario in miniatura è stata molto travagliata fino al 1994. Il Plastico Trecento treni era ubicato nel salone presidenziale al primo binario della Stazione di Roma Termini, dove era visitato dai viaggiatori in attesa di partire o di una coincidenza.

Con il restauro del terminal della capitale, il plastico fu sfrattato e accantonato a Napoli, al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, prima che la Fondazione FS rimettesse a nuovo il sito museale e lo stesso modellino, rendendolo quel gioiellino che oggi delizia visitatori provenienti da ogni parte della terra.

Il restauro è stato difficile e lungo, poiché il Complesso museale sorge sull’area delle Officine ferroviarie e metallurgiche borboniche, incastonato in un conteso paesaggistico unico al mondo, al centro del Golfo di Napoli, tra Punta Campanella e Capo Posillipo, con Capri a piena vista, tanto da farne innamorare lo Zar di Russia, che chiese a Ferdinando II una copia del progetto per poter implementare l’opificio in Russia.

Plastico Bunetti - ph Mimmo Bafurno
Plastico Bunetti – ph Mimmo Bafurno

Purtroppo, il mare è croce, oltre che delizia, del complesso museale, infatti la salsedine corrode ogni cosa e, durante il periodo dell’accantonamento, anche il Plastico Brunetti ha subito ingenti danni sia agli impianti elettrici che ai binari.

Al termine del restauro, che non ha intaccato quella nota estetica tipicamente italiana voluta dall’autore, il plastico appare in tutta la sua bellezza e permette il movimento computerizzato di almeno cinque treni, che si muovono liberamente sul tracciato.

Basta premere un pulsante e una voce – guida porta il visitatore a rivivere una giornata ferroviaria, diurna e notturna, di una quarantina di anni fa, con annunci in stazione, movimenti di treni viaggiatori e merci; la simulazione dura circa dieci minuti.

Protagonista assoluto è l’Arlecchino, costruito da Brunetti, mentre tutto il materiale rotabile, dalle locomotive alle carrozze ai carri merci è opera della Rivarossi.

L’Arlecchino, l’elettrotreno rapido delle Ferrovie dello Stato, che per trent’anni ha costituito la punta di diamante delle ferrovie, insieme al fratello maggiore, il Settebello, deve il nome al particolare allestimento interno. Infatti, le poltrone delle quattro carrozze che lo componevano avevano colorazione diverse: rossa, blu, verde e marrone.

Potremo scrivere fiumi di parole sul plastico Brunetti, ma non gli renderemmo giustizia. Meglio recarsi al Museo Ferroviario di Pietrarsa per ritornare bambini e sognare.

Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.