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L’ultimo bianco

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L'ultimo bianco


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Marco era l’ultimo bianco rimasto sulla Terra.

Tutti gli altri erano morti, vittime di un cancro alla pelle che si era diffuso in modo inarrestabile negli ultimi anni, a causa dell’assottigliamento dello strato di ozono e dell’aumento delle temperature.

Il cambiamento climatico aveva reso il sole un nemico mortale per chi aveva la pelle chiara, mentre chi aveva la pelle scura era protetto dalla maggiore produzione di melanina.

Marco viveva in una stanza buia, isolata dal mondo esterno. Non usciva mai, per paura di essere bruciato dai raggi solari. Si nutriva di cibo sintetico, fornito da una macchina che lo collegava alla rete globale. Non aveva amici, né parenti, né contatti con nessuno. Era solo, completamente solo.

Un giorno, però, Marco sentì il bisogno di vedere il cielo. Era da tanto tempo che non lo guardava, che non respirava l’aria fresca, che non sentiva il vento sulla pelle.

Decise di uscire, anche se sapeva che sarebbe stata la sua fine. Si mise una tuta protettiva, un casco con una visiera oscurata, e si avventurò fuori dalla sua stanza.

Il mondo che vide lo sconvolse. Le città erano deserte, i palazzi erano in rovina, le strade erano invase dalle piante. Non c’era nessun segno di vita umana. Solo animali selvatici, che si aggiravano indisturbati. Marco si sentì ancora più solo.

Si avvicinò a un parco, dove sperava di trovare qualche fiore, qualche colore. Ma quello che vide lo fece rabbrividire. Il parco era pieno di gente, ma non di gente normale. Erano tutti neri, anzi, neri come il carbone.

Avevano la pelle lucida e liscia, gli occhi rossi e luminosi, i capelli corti e crespi. Indossavano abiti leggeri e colorati, e si muovevano con grazia e armonia. Ridevano e cantavano, ballavano e si abbracciavano. Erano felici.

Marco si sentì un intruso, un mostro. Si tolse il casco, per vedere meglio. Fu un errore fatale. Il sole lo colpì in pieno volto, facendogli provare un dolore atroce. La sua pelle si arrossò e si gonfiò, le sue vene si gonfiarono e scoppiarono, i suoi occhi si annebbiarono e si incenerirono.

Marco cadde a terra, urlando. I neri lo videro e si fermarono. Lo guardarono con curiosità e orrore. Non capivano chi fosse, da dove venisse, perché soffrisse così tanto.

Uno di loro si avvicinò a Marco e gli prese la mano. Era calda e morbida.

“Chi sei?” gli chiese.

“Marco”, rispose con voce flebile.

“Marco… sei bianco?” chiese l’altro.

“Sì” disse Marco.

“Perché sei bianco?” chiese l’altro.

“Non lo so” disse Marco.

“Non hai paura del sole?” chiese l’altro.

“Sì” disse Marco.

“Allora perché sei uscito?” chiese l’altro.

“Volevo vedere il cielo” disse Marco.

“Il cielo? Perché?” chiese l’altro.

“Perché è bello” disse Marco.

“Bello? Come?” chiese l’altro.

“Azzurro” disse Marco.

“Azzurro? Che cos’è?” chiese l’altro.

Marco non rispose più. La sua vita si spegneva lentamente.

L’altro lo guardò con compassione e tristezza. Poi alzò gli occhi al cielo e vide solo una cupola grigia e opaca.

Non capì cosa volesse dire Marco.

Non capì cosa avesse perso Marco.

Non capì cosa avesse perso il mondo.

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Autore Raffaele Mazzei

Da bambino, mia nonna mi raccontava storie straordinarie che mi facevano sentire speciale. Storie che mi hanno insegnato che comunicare è toccare il cuore con un’intenzione pura. Non basta informare. Bisogna creare una connessione autentica con il proprio pubblico, facendogli sentire che fai parte della sua storia, del suo progetto, del suo sogno. Oggi le neuroscienze lo confermano: il coinvolgimento emotivo aumenta l’attività e la recettività cerebrale. Io ne ho fatto la mia professione. Sono Raffaele Mazzei, esperto di comunicazione e copywriter. Con il mio team di professionisti, ti aiuto a creare un messaggio che fa la differenza. Un messaggio che non impone, ma conquista. Che non manipola, ma ispira. Vuoi scoprire come? Visita il mio sito www.raffaelemazzei.it e scopri l’Arte di comunicare.