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L’Atrio

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L'atrio


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Nella costruzione dei Templi esiste una simbologia precisa, che si può ricondurre alla tradizione alchemica.

La vera conoscenza si indirizza verso la sintesi e, nell’architettura antica, si rivela attraverso i piani e i volumi che la caratterizzano.

Nell’antichità la conoscenza guida le sue ricerche, seguendo l’intuizione e l’esperienza spirituale, che si esprimono nella dimostrazione dell’esoterismo della natura.

La lettura architettonica di un Tempio va condotta attraverso le impressioni che si provano penetrando nella costruzione, fatta di piani precisi su cui si innalzano volumi ben definiti, che si rincorrono in successioni architettoniche e rivelano un dominio che il nostro pensiero non sa spiegare, ma cadenzano il fenomeno della Vita nella sua evoluzione verso lo stato di Coscienza.

Nel Tempio, noi possiamo sperimentare, appunto, un allargamento della Coscienza, vivere la trasmutazione di un’azione vitale, tradotta in un possesso continuo d’assimilazione o, come si dice in termini moderni, rendere conscio un processo inconscio.

Per noi Massoni si tratta della realizzazione di un’espressione sintetica in tutti i domini della vita: spirituale, psichica, energetica. Per noi l’architettura è una parola vivente. La parola cerebrale diminuisce lo spirito che l’ha informato e lo riduce ad un concetto vuoto.

Il Tempio rappresenta l’Uomo regale, cosmico, il seguace dell’Arte, e su questo pensiero si sono sviluppate tutte le sue sequenze architettoniche, che illustrano il preciso iter che egli deve seguire per portare a compimento la sua “Opera”.

Nel linguaggio alchemico, queste tappe sono state rappresentate con tre colori: Nero, Bianco e Rosso.

Questa trasmutazione, che avviene nell’interiorità, è stata proiettata dai nostri padri nei volumi e negli spazi che si ergono verso il Cielo, a comporre, nel loro conciso simbolismo, la sacralità del Tempio.

Chiesa e Uomo si fondono: nella pietra è fissata e cristallizzata tutta la palingenesi dell’individuo.

La Chiesa, o Basilica, inizia con l’Atrio, che introduce nel Tempio vero e proprio.

Il primo di questi nomi ha origine dal greco oikos tes ecclesias, la domus ecclesiae, ossia la casa della comunità, in cui si radunavano i Fratelli nel cammino dell’Arte.

Il secondo deriva da oikos basileios, ovvero la casa reale, allusione al principio solare che li illuminava.

All’Atrio segue la zona delle Navate, ossia dei colonnati interni, che rappresentano la Fase al Bianco, o lunare, seguita, a sua volta, dal Sancta Sanctorum, ossia il presbiterio, rappresentativo dell’Opera al Rosso.

Tre sequenze architettoniche che rispecchiano ciò che avviene nell’Uomo, che s’incammina verso la completa realizzazione della sua “Coscienza”.

Nell’Atrio si compie la purificazione, l’inizio dell’Opera, la Fatica d’Ercole, sintetizzata dal nome del colore Nero.

La Nigredo è la discesa ad inferos, nella propria interiorità, il viaggio verso l’Ade, ove l’Iniziando, come Enea, deve tenere in mano la Palma d’Oro.

Scendere nella propria interiorità equivale a rimuovere, una per una, tutte quelle costellazioni psichiche che formano la nostra personalità, che è la persona, maschera, con cui siamo abituati a dialogare e a muoverci nel mondo esterno.

L’Opera, perché dia i suoi frutti, deve essere fatta con quel pizzico d’Oro, Anima, che tutti noi possediamo, il cui simbolismo è, appunto, la palma d’oro di Enea.

Diversamente, si ha la caduta nella pazzia, la morte degli istinti inferiori che, portati alla luce, impediscono di trovare la via d’uscita che l’Iniziato deve risolvere, per proprio conto, attraverso continue e successive separazioni dalle impurità che devono essere totalmente allontanate.

Solo ad Opera compiuta, l’Iniziando può sperare che al nero corvo subentri la bianca colomba, che spicca il volo dall’Arca, per ritornare con il verde ramoscello d’Ulivo.

“L’Opera” esige molta fermezza: il coraggio di osservare le proprie limitazioni senza sfuggire, rimanendo immobile come Orione, fermamente piantato in terra sulle sue gambe larghe.

Questo è il significato etimologico della parola “Atrio”, che deriva dal greco atreon, a sua volta originato dal verbo atremo, “che sta fermo, immobile”.

Il Nero è anche il colore di Saturno; è rappresentato simbolicamente da quella misteriosa ghiandola che chiamiamo epifisi e, che sappiamo essere direttamente in contatto con il sistema simpatico e non con il sangue.

L’Opera al nero prelude precisamente al risveglio di detta ghiandola; sollecitarla significa scendere o ascendere alla Materia prima.

Presa di coscienza che porta l’Iniziato sulle sponde del Grande Fiume.
Nella cultura paleocristiana, egli diventa il Cristoforo, il Portatore del cristo, del Sole in sé, che si accinge ad attraversare l’impetuosa corrente per raggiungere la sponda opposta.

Qui si affaccia un altro simbolo, l’acqua, essenza purificatrice. Ecco spiegato il perché agli ingressi dei luoghi sacri erano poste grandi piscine o piccole vasche.

Nello stile gotico furono poste dentro il Tempio, ma sempre all’inizio della Chiesa, prima delle grandi navate che indicavano l’uscita dell’irrequieta “Legge del Divenire”. La stessa acqua con cui si opererà il battesimo.

Nelle chiese di stile gotico il simbolismo dell’avvenuta acquisizione, da parte dell’Iniziato, della conoscenza della materia prima, è stato spesso raffigurato anche dai rosoni, il terzo occhio delle facciate, l’occhio pineale.

Questi segni rappresentano l’espressione sintetica in tutti gli aspetti della vita, presuppongono che la purificazione sia avvenuta lungo la scala ascendente che contraddistingue la traccia del nostro sistema ormonale, sede della vita.

Gli indù l’hanno rappresentato con l’ascesa del serpente Kundalini lungo la spina dorsale.

Gli egizi lo posero sulla fronte degli Iniziati come “l’Ureus”, simbolo dell’avvenuta realizzazione dell’Opera al Nero.

Il Lapis Niger, la Pietra Nera, è posta; d’ora in avanti segnerà l’inizio della vita sacra dell’Iniziato, divenuto, da questo momento, adepto, accettato!

Autore Rosmunda Cristiano

Mi chiamo Rosmunda. Vivo la Vita con Passione. Ho un difetto: sono un Libero Pensatore. Ho un pregio: sono un Libero Pensatore.