Sono stata fortunata! All’inizio degli anni Novanta ho firmato il mio primo giuramento. Avevo 19 anni e i membri della mia Loggia dell’epoca avevano un’età compresa tra i 45 e gli 85 anni.
Quelli sotto i 50 erano tutti o quasi apprendisti e quelli sopra gli 80 erano state colonne portanti della ricostruzione etico-morale del dopoguerra meridionale e della Massoneria del sud.
Mio padre, Fratello Massone anche lui, aveva bussato alla porta del tempio già molto tempo prima.
La fortuna è stata proprio questa, avere un vero e proprio stuolo di personaggi dai quali ho potuto attingere nozioni mai ritrovate in nessun rituale, libro o documento storico.
La storia era dentro il Tempio; i Rituali al 1° colpo di maglietto si “animavano”; ricordi indelebili che mi hanno forgiato e reso un Massone!
Quando entrai, la mia attenzione e la mia curiosità furono definitivamente catturate e stimolate.
La mia casa, già piena di libri, si arricchì all’inverosimile di testi massonici, esoterici e di tutto quello che, da assetata di conoscenza, potevo e desideravo leggere e che consultavo, in precedenza, a mio piacimento e di nascosto.
A colpirmi, soprattutto, fu una frase, un modo di dire, che, allora, si ripeteva spesso in Tempio, nei discorsi dei Fratelli, nelle tavole architettoniche: “Mettersi a squadro”.
Ero troppo giovane e nozionistica all’epoca; se pur attenta e preparata non riuscivo a dare una vera spiegazione a quell’espressione tanto cara ai vecchi Maestri.
Man mano, tante cose sono cambiate – tempi, modi e Fratelli; pezzi di storia massonica sono passati all’oriente eterno.
Alcuni Fratelli hanno pubblicato tantissimi libri, riscritto i rituali, riadattandoli alla contemporaneità, così com’è accaduto anche alla ritualità del Tempio, dinanzi alla fondazione di Logge virtuali.
Ma io, di tanto in tanto, ho ripensato a quell’espressione, che forse oggi, si usa sì sempre meno, ma che ritrovo e ho ritrovato sempre lì dove c’è un gruppo di Massoni.
Ogni Fratello deve ricordarsi che rappresenta l’Istituzione, la ostenta e la porta in giro con sé ovunque, facendo propri i valori come il senso di appartenenza e lo spirito di comunità.
La Massoneria permette di esercitare l’importanza e la bellezza del concetto di lavorare in squadra e per la squadra, dunque, per la Loggia.
In un certo senso, costringe a compiere un lavoro su di sé, che crea sempre una relazione con qualcosa che un Fratello ha fatto prima di lui e un altro farà dopo.
Il Maestro, oltre a lavorare in maniera individuale per sé, mette a disposizione le proprie capacità, il suo sapere e i suoi talenti per l’intera Officina e, così facendo, migliora il contesto di cui fa parte.
Questo gesto, apparentemente semplice, non lo svalorizza, anzi, contribuisce a far crescere la qualità della Loggia tutta. E questo vale anche per chi ha gradi inferiori, per chi lavora “dietro le quinte”.
Se ci si sente fondamentali, si attiva quel circolo virtuoso di cui beneficia la Loggia.
Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso, ogni uomo è un pezzo del continente, una parte di tutto.
Jhon Donne
Il concetto di “Mettersi a squadro” in Massoneria si esplicita in molteplici modi. Un Fratello chiede aiuto e un altro accorre; la Loggia assume un atteggiamento rigoroso e attento, di aiuto, di ascolto.
Tutti, e sottolineo tutti, si alzano, fosse solo metaforicamente, e si mettono all’ordine: portano la mano distesa orizzontalmente all’altezza della gola, pollice a squadra all’altezza della giugulare destra e le altre dita unite, gomito destro all’altezza della spalla, braccio sinistro pendente, mano sinistra distesa, con il pollice a squadra, talloni uniti, piedi a squadra a 90°.
Mettersi a squadro per sottolineare il senso di appartenenza alla Loggia, all’Obbedienza, alla Massoneria; quel bisogno che spinge l’uomo ad entrare a far parte di gruppi che condividono obiettivi, interessi, passioni e lo porta a bussare alla porta del Tempio.
L’appartenenza alla Massoneria diventa motore importante per muoversi verso una meta comune, collante che riesce a tenere insieme tante individualità a volte molto diverse tra loro.
È questo che racchiude il concetto di “Mettere, mettersi a squadro”: sentire di appartenere ad una Loggia, permettendo ai Fratelli di dare un maggiore significato alla vita.
La reciproca conoscenza e le relazioni affettive che si sviluppano favoriscono la nascita di una serie di emozioni e sentimenti in continuo divenire; l’interazione tra Fratelli, la consapevolezza di fare parte di una stessa Catena d’unione, la possibilità data di interagire gli uni con gli altri, la consapevolezza di avere un ruolo preciso all’interno del Tempio, che aiuta a stabilire il comportamento individuale, ma avendo chiaro il filo comune: il sapere cosa bisogna fare, dove si deve andare, che cosa dire e quando dirlo, permettono ad ogni Fratello di mettersi a squadro.
Un filo invisibile, ma ben saldo, che ogni Fratello sente che è dentro di sé.
Autore Rosmunda Cristiano
Mi chiamo Rosmunda. Vivo la Vita con Passione. Ho un difetto: sono un Libero Pensatore. Ho un pregio: sono un Libero Pensatore.