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La guerra del governo unitario al Banco di Napoli

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Banco di Napoli


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Nessun testo scolastico riporta che, dopo il 1861, un comitato affaristico piemontese capeggiato dal primo Ministro Ricasoli e dai suoi amici di merenda e compagni di partito, come Bastogi, Bomprimi e Balduini diede vita, a un rapido processo di depredazione dei beni del Sud.

Questi signori fondarono una società, con a capo Ricasoli e il Ministro dei lavori pubblici, Bastogi, che si aggiudicò “per decreto governativo” il prolungamento delle strade ferrate nel meridione, dando vita alla madre di tutti i conflitti di interesse.

Il governo piemontese vendette, poi, i terreni demaniali ed ecclesiastici a privati, incassando l’equivalente odierno di oltre 3 miliardi di euro, somma che fu utilizzata per opere pubbliche nel nord della Penisola.

Nel 1861 il governo autorizzò la Banca Nazionale di Torino, che era l’istituto di credito di riferimento del comitato affaristico sopra citato, ad aprire filiali nel Meridione, mentre negò al Banco di Napoli il permesso di inaugurare succursali nel nord della Penisola.

Altro Decreto del governo fu quello del “Corso forzoso”, grazie al quale, il Banco di Napoli fu costretto a cedere le monete in metallo prezioso alla Banca Nazionale di Torino, dando il via alla guerra che lo Stato italiano fece al Banco di Napoli, senza riuscire mai a sconfiggerlo.

Nonostante non avesse aperto nuove agenzie, il Banco di Napoli aumentò le proprie riserve, grazie alla borghesia meridionale che, intuendo le intenzioni del governo piemontese, si ricompattò attorno all’unica struttura che sopravviveva del “fu” Regno borbonico, diventando, quindi, l’ultima e più efficace resistenza alla depredazione savoiarda del Sud.

Infatti, chi possedeva somme di denaro in casa decise di depositarle nelle casse del Banco, snobbando le filiali della Banca piemontese che si erano insediate al sud alla media di 10 ogni anno.

Quindi, non solo il Banco di Napoli non fu scalfito dall’assalto piemontese, ma, grazie alla sua classe dirigente e all’appoggio del Parlamento e dalla borghesia, disposta anche ad una rivolta armata, ottenne il permesso di aprire le filiali al Nord.

Il Presidente del Banco di Napoli, nell’aprire il Consiglio d’Amministrazione ebbe a dire:

Finalmente possiamo andare a mettere la bandiera sul territorio del nemico.

Il successo fu immediato, catturando i capitali della borghesia industriale settentrionale, sottraendo alla Banca Nazionale di Torino i loro migliori clienti, portandola, intorno al 1890, sull’orlo del fallimento.

Intervenne nuovamente il governo e chiese al Banco di Napoli di fare una fidejussione per salvare la banca piemontese. Il Banco di Napoli rifiutò e fu commissariato dal governo.

Indovinate quale fu il primo provvedimento del Commissario?

La fidejussione alla banca piemontese!

Ma come sarebbe poi avvenuto ai tempi nostri per Alitalia, la banca piemontese, dopo pochi anni, si trovò di nuovo in difficoltà.

Nel 1894 il governo procedette ad una riforma del sistema bancario, creando la Banca d’Italia, fondendo la Banca Nazionale di Torino con la Banca Romana, che aveva stampato sessanta milioni di monete false.

Per ricordare questa vicenda, la Rai, alcuni anni, fa trasmise uno sceneggiato sull’argomento.

Il Banco di Napoli riuscì ad arginare la fusione, mantenendo la competenza per il Sud Italia, mentre la Banca d’Italia ebbe pertinenza nel Nord e centro della Penisola.

Per l’economia del Sud fu un toccasana, perché il Banco di Napoli emetteva monete italiane, le prestava agli altri istituti di credito e condizionava la politica economica. Con l’avvento del Fascismo, invece, finì con l’essere inglobato nella Banca d’Italia.

Si deve al Banco di Napoli la sopravvivenza dell’economia meridionale, dopo che il governo piemontese smantellò le industrie presenti al Sud per impiantarle nel settentrione.

L’istituto di credito, infatti, intraprese una politica di aiuti all’agricoltura meridionale, trasformando l’economia da proto industriale ad agricola.

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Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.