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‘Sarnammore’: l’omaggio di Ida Diodati alla sua terra

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Ida Diodati, Sarnammore


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Poesie in vernacolo sarnese tra nostalgia e rimpianto nella speranza che Sarno (SA) rinasca a nuova vita

Ci sono tanti modi per esternare “amore” alla propria città, Ida Diodati ha scelto un libello di versi scritto in vernacolo sarnese, nel quale confluiscono tutti i ricordi, le emozioni e una vita vissuta nella cittadina che ha dato al nome ad un fiume, che poi è stato divinizzato, e alla terra più fertile del mondo, anche se pervade un po’ di nostalgia per quel borgo di quando l’autrice era bambina ed adolescente e che non esiste più.
Il titolo Sarnammore dice già tutto. In 80 pagine si scorgono i liberi “pensieri”, divisi tra ricordi e rimpianti per le tradizioni e le feste, mentre le ultime poesie sono dedicate agli affetti più cari.

Ida Diodati
Ida Diodati

Descrivere Ida Diodati è praticamente impossibile. Ex maestra, moglie, mamma, amica e soprattutto donna schietta e passionale guidata dalla fede e dall’amore per la sua famiglia.

L’abbiamo incontrata, naturalmente al centro di Sarno, in prossimità della statua di Mariano Abignente, eroe della disfida di Barletta, in compagnia del marito Orazio Ferrara, anch’egli scrittore, e dopo aver parcheggiato la loro fiammante FIAT 126, ci ha raggiunto al tavolino di un bar e ha risposto alle nostre domande.

Hai scelto la poesia e non la prosa per comunicare, perché?

Ho scelto la poesia perché la ritengo uno dei mezzi più idonei di comunicazione che, pur nella sua semplicità, è in grado di veicolare nell’interlocutore – lettore stati d’animo più o meno complessi e sentimenti profondi.

Le poesie racchiudono sempre in sé un mondo nascosto di emozioni provate nel momento della loro stesura, offrendo un’interessante descrizione di sentimenti palpitanti e vivi di un’anima ansimante su situazioni reali in cui l’amore, la tristezza, la speranza, la fede e il coraggio si fondono in un unico equilibrio di vita.

Il tuo libro è un atto d’amore alla tua città, Sarno. Cosa preserveresti e cosa cambieresti della tua città?

‘Sarnammore’ è un canto di rimpianto per la Sarno di una volta e un canto d’amore per le persone a me care. Di queste ultime non cambierei niente, ma se potessi, riporterei indietro nel tempo la mia città per poterle fare riacquistare quella dignità e quei valori delle meraviglie naturali calpestate nel presente da una presunta progettualità a fin di bene del potere.

Come è nata l’idea di un libro di poesia in dialetto sarnese?

Valorizzare la propria “lingua” natia è un’attività non solo culturale ma di pregio sociale ed umano.

L’Amore per la propria “terra” e per la comunità sarnese si trasforma in versi, in poesia, con l’auspicio che l’opera in demo psicologia sarnese, scritta senza alcuna pretesa, appaia ricca e interessante, ricordando un vecchio detto: “le opere buone dei singoli cittadini onorano anche la città tutta”.

La parola in sarnese che usi più spesso?

“Ammore”. Perché l’amore è tutto. Vita, felicità, speranza, famiglia.

Sei sposata con Orazio, scrittore anche lui; ti ha dato qualche consiglio?

Mio marito è stato un interlocutore allo stato embrionale della stesura delle poesie. Mi ha incoraggiata a proseguire.

Sei stata una maestra, sei favorevole all’introduzione della storia locale?

L’introduzione della storia locale nelle scuole riveste una grande importanza, anzi, è una sfida vincente per tutti, studenti e docenti, perché attraverso la sua conoscenza si può risalire alla propria storia, alla propria identità e alle proprie radici.

Sei molto religiosa, cosa chiedi a Dio e cosa ti fa paura?

Chiederei a Nostro Signore salute e amore. Quello che mi fa paura, o meglio, m’intimorisce, è l’incognita di quel momento X che aspetta ogni essere umano, perché vi è il distacco dagli affetti più cari.

Ci sono molte tradizioni che si tramandano da generazioni, i paputi, il carnevale… Quale ti sta più a cuore e perché?

La Processione dell’Immacolata dell’8 dicembre, che purtroppo, per il terzo anno consecutivo, è restata un mito negato per noi sarnesi.

Processione dell'Immacolata a Sarno
Processione dell’Immacolata a Sarno

C’è ancora un angolo della tua Sarno che fa rivivere la Ida bambina o adolescente?

Il borgo Medievale di San Matteo, dove, fortunatamente, l’opera dell’uomo moderno non ha potuto scalfire la bellezza naturale e quella paesaggistica.

Un aggettivo e un colore per definire Sarno.

Come aggettivo dormiente, ma in senso di speranza, in quanto spero che somigli al pastore dormiente del presepe, Benino, che è destinato a rinascere a nuova vita, più bella e “miracolosa”.

La tinta è senz’altro l’azzurro, che mi ricorda le belle acque “azzurrine” e pulite del fiume Sarno della mia giovinezza. Ritorneranno come allora?

Ringraziamo Ida e ci diamo appuntamento in occasione della sua prossima fatica letteraria.

Autore Mimmo Bafurno

Mimmo Bafurno, esperto di comunicazione e scrittore, ha collaborato con le maggiori case editrici. Ha pubblicato il volume "Datemi la Parola, Sono un Terrone". Attualmente collabora con terronitv.