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Giocare con la coda del leone (با دم شیر بازی کردن)
Proverbio iraniano 

Mahsa (Jina) Amini aveva 22 anni quando è morta il 16 settembre a Teheran, dopo essere stata arrestata dalla polizia perché non indossava il velo in modo coerente alla loro “morale”. L’accaduto ha acceso la rivolta in tutto il Paese, con una conseguenziale decisa e dura repressione da parte del regime iraniano.

Di sponda, all’estero sono sorte numerose manifestazioni di solidarietà con il popolo “finalmente” in sommossa. Siamo ora a quasi un mese di continue manifestazioni a livello nazionale e in tutto il mondo contro la legittimità politica della Repubblica Islamica in Iran, accusata, ovviamente, di arcaica visione del mondo reale, oltre che di controllo cruento della vita della sua gente.

Per esattezza dovremmo affermare che le contestazioni stanno velocemente mutando in rivolte radicali contro l’esistenza stessa del governo con i dimostranti che urlano con veemenza e determinazione che quella che stanno facendo non è più una protesa, è l’inizio di una vera e propria rivoluzione.

È ancora troppo presto per dire a cosa porteranno o se avranno successo, ma sono già le più lunghe in termini di durata e le più grandi in termini di partecipazione popolare che abbiamo mai visto nel Paese.

Andando indietro nel tempo, possiamo definire la storia della donna un argomento poco affrontato: nell’immaginario collettivo predomina principalmente la figura di “angelo del focolare”; nel secolo scorso, ad esempio, non si è studiato approfonditamente né il suo ruolo all’interno della società, né i testi pubblicati dalle scrittrici che evidenziano il pensiero e la situazione femminile. Come una rimozione dovuta.

La società patriarcale non ammette accelerazioni che possano comportare una revisione del proprio pensiero maschio-centrico e delega alla donna la missione “casalinga”, rassicurante e morbosamente pantofolaia.

La realtà in rosa, al contrario, delinea profili volutamente costruiti ed imposti come marginali, espone passaggi quotidiani che procurano un riscontro degli aspetti più discussi della vita delle donne quali, ad esempio, la violenza domestica e l’aborto volontario, argomenti appartenenti alla realtà muliebre che si aggredisce con una visione aperta e progressista.

Tali tematiche risultano oggi molto attuali, poiché nonostante diversi pregiudizi siano stati superati e il campo d’azione femminile si sia ampliato rispetto a decenni e oltre orsono, alcuni stereotipi perdurano.

La condizione delle donne in Italia è completamente modificata rispetto al passato, merito di una maggiore partecipazione alla società e alla vita politica, seppure con limiti ancora molto palesi. La lotta al femminile per giungere a questi primi risultati è stata lunga, difficile e contraddistinta da secoli di ingiustizie, intralci e sacrifici.

Complice l’eredità di una mentalità patriarcale, appunto, che ha visto nel corso della storia le donne “solo” mogli e madri, senza percepire la cura e la devozione nei riguardi della famiglia come un vero e proprio lavoro, un impegno anche formativo, particolarmente nei riguardi della prole.

Tuttavia, questo modo di pensare, seppure del tutto inopportuno, ha ancora conseguenze sulle opzioni di molte ragazze e lavoratrici che patiscono determinate forme di ragionamento. Solo ultimamente sono state emanate leggi che tutelano le donne dal femminicidio, dallo stalking e dalla violenza domestica.

In ambito lavorativo, invece, nonostante ci siano leggi che individuano la parità di trattamento e il divieto di licenziamento per le donne in stato di gravidanza, molte sono state obbligate a scegliere tra vita professionale e vita familiare, rinunciando ai figli sin dai primissimi mesi di vita con un’eco sulla crescita e sul rapporto molto evidente.

Cosa manca se un duplice sostegno a favore della parità, maggiormente nell’ambito del lavoro, della famiglia e della violenza di genere? Da una parte sono sempre urgenti riforme e regolamentazioni strutturali; dall’altra è fondamentale sostenere un cambio di mentalità.

Il concetto di parità va ripartito nei luoghi dell’educazione fin dalla prima infanzia, tramandando l’arricchimento che deriva dalle diversità di ognuno, da onorare e valorizzare. Per permettere alle donne di sviluppare la propria carriera professionale al pari degli uomini servono maggiori servizi riservati ai bambini e alle famiglie a prezzi accessibili, oltre che un contributo maggiore da parte dei padri, che dovrebbero poter avvalersi di un congedo parentale simile a quello della madre.

Per quanto riguarda le violenze, dovrebbero essere condannate in qualsiasi caso con pene più forti. Bisogna pensare ai diritti oggi, quando le voci delle donne hanno risolutivamente rotto quell’antico silenzio e sono sempre più pretenziose, ora che le asimmetrie nelle relazioni di genere sono state rimosse per qualche tempo dalle sfere di vita pubblica e privata, ci si potrebbe ancora chiedere quali norme che operano all’interno dei diversi sostrati culturali facciano della retorica dei diritti umani uno strumento non sufficientemente potente da rendere giustizia alla questione.

Gli strumenti legali rappresentano un modo grandemente adeguato ad annunciare mutamenti ai ruoli di genere stereotipati, dal momento che procurano un canale attraverso il quale le strutture di potere esistenti possono essere messe in discussione.

Forse è altrettanto utile domandarsi che cosa siamo in grado di fare per questa causa, senza utilizzare nessun tipo di schematizzazione, né predire in quale inaspettato modo le interpretazioni e le analisi eventuali, insieme alle intuizioni e alle critiche, saranno considerate utili in questo senso.

Credo che il conseguimento dei diritti della donna possa essere definito come uno scopo che esige una significativa trasformazione della società tradizionale e crea un’importante forma di rivoluzione sociale.

Non è soltanto la promulgazione di nuove leggi ad assicurare i diritti della donna, è necessario tentare di colmare quelle lacune che acconsentono ad una data società di schivare la legge nella pratica. Il maggiore traguardo attuale è quello di avere iniziato ad ascoltare la voce delle donne.

In Iran quello che sta accadendo è grave e, ovviamente, supera le seppur coerenti, urgenze della nostra civiltà occidentale. Quello che succederà non lo possiamo prevedere: è la fase più complessa e alla fine saranno i suoi abitanti a scegliere.

I gruppi di opposizione o le organizzazioni politiche che fanno progetti sul futuro del Paese sono per lo più all’estero e sono stati lontani per decenni dalla vera esperienza di vita in Iran.

La maggior parte di loro, inclusi quelli monarchici, socialdemocratici e di sinistra, non ha un evidente programma o piano di transizione e sta ancora combattendo con il proprio passato se non con altre questioni come il settarismo ideologico o etnico. Non ha attendibilità e non è ancora organizzata per l’unità nazionale a livello politico, anche se unita nell’opposizione alla Repubblica Islamica e nella solidarietà con i manifestanti.

In questo sfondo poco chiaro, l’unica speranza è nella lotta molto umana e spontanea nelle strade per la libertà, cercando di trovare ogni possibile soluzione per un’effettiva organizzazione dal basso e per fare in modo che il male scompaia, evitando di far degenerare il precario equilibrio sociale e politico internazionale. Il fantasma di una altra Libia si paventa.

Quello che le donne stanno facendo in Iran è la vera resistenza: sono loro le reali partigiane, non certo le nostre dive glamour che si oppongono all’esito delle elezioni politiche nostrane facendo opposizione sulle passerelle della moda o sui palchi televisivi.

Alle donne iraniane dovremmo porgere il nostro ossequio e la nostra preghiera, il nostro rispetto e il nostro sostegno, prendendo per i capelli l’ultimo anelito di assoluta ribellione verso questo residuo medioevale che spegne la Persia.

Non sono un uccello, e non c’è rete che possa intrappolarmi: sono una creatura umana libera, con una libera volontà.
Charlotte Brontë

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Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.