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Tra esoterismo e alchimia un antico rito marino: l’acqua ‘e pesce

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Bocca Piccola, Capri - ph Rosy Guastafierro
Bocca Piccola, Capri - ph Rosy Guastafierro


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La pesca è uno dei mestieri che si tramandano di padre in figlio, dove la tradizione e il segreto per le tecniche utilizzate sono essenziali, fanno parte di un retaggio culturale che si aggrappa alla sopravvivenza, soprattutto per chi ha nel mare tutte le sue risorse.

Così i vecchi pescatori di Capri si preparano alla battuta degli scurmi o meglio degli sgombri, approntando, per prima cosa, le lenze, che sono molto particolari, poiché la madre, oltre ad essere lunga 60/70 metri, deve avere uno spessore molto grosso, con un terminale a più filamenti.

All’estremità viene fissato il peso, che non deve essere comprato, ma modellato in un calco in gesso, una sorta di cono in un barattolo di conserva con all’apice superiore un triangolino.

In una notte di luna piena si scioglie il piombo che, fuso, viene introdotto in questa impronta e lasciato raffreddare sotto i raggi argentei del satellite che ammicca dal cielo.

Qui troviamo il primo incontro tra l’elemento maschile, il piombo, e quello femminile per eccellenza, emblema della via umida, la Luna.

Natalino, un vecchio pescatore di Capri, con il viso sempre abbronzato e sorridente, soleva dire a mio padre:

Cca senza ‘e ffemmene nun facimme niente!

Agli uncini si deve legare, con del filo rosso, un ciuffetto di lana bianca, staccato da un vello di capra candida. A dir la verità, servono all’uopo quei tappeti a frange lunghe bianche in auge negli anni Settanta!

Il tutto poi, è legato a dei rettangoli di polistirolo che in maniera ordinata vengono stipati in grossi tini di colore azzurro. All’alba si esce con il gozzo, girando a destra e superando il salto di Tiberio si arriva in quello stretto braccio di mare che divide l’isola dalla terra ferma, Bocca Piccola.

Si mette il motore a basso regime e, dalla poppa, si lancia la prima lenza, così inizia la traina. Appena si sente uno strattone si rimane immoti, con il cuore che martella nella speranza di aver centrato il branco! Ecco il secondo e anche il terzo. Motore a folle, si inizia a ritirare con le mani inguantate avendo l’accortezza ogni metro di mollare leggermente.

Finalmente il primo sgombro sulla barca, grosso, di quell’azzurro argenteo che risplende ai raggi del nascente sole, liscio, senza squame che potrebbero creare asperità.

Sarà lui, che detiene la forza dell’onorato Dio Priapo, ad essere cucinato e mangiato secondo un antico rituale di auspicio e fortuna per la casa e le persone che in essa abitano.

Il rito è quello dell’acqua ‘e pesce preparato in onore della Bella ‘Mbriana, il nume protettore per antonomasia, colei che aiuta a superare le difficoltà, di cui ho trattato in un precedente articolo.

Per aumentare la forza bisogna lessarlo ancora freschissimo in acqua di mare limpida, avendo messo al posto delle viscere un trito calibrato di petrusino e vasenicola, elemento maschile il primo, prezzemolo, femminile il secondo, basilico, con l’aggiunta del peperoncino rosso, detto cerasiello per la sua particolare forma che ricorda una ciliegia, il cui colore, unito al piccante, aggiunge fuoco alla soluzione salina, senza dimenticare la cipolla che, con le sue lacrime, raffigura l’elemento di disturbo da sventare.

Sgombro - ph Rosy Guastafierro
Sgombro – ph Rosy Guastafierro

La pentola viene posta sul fuoco appena il primo raggio di sole scapola i monti Lattari. Deve essere una cottura lenta, penetrante, tanto da creare un’osmosi tra l’alimento che rappresenta il fallo e l’acqua, che assurge a pozione.

La cuoca, che si trasforma in officiante, solleva il pesce che diviene il cibo del successivo pasto rituale, pone al centro della stanza il postulante e inizia a spargere il liquido nei quattro angoli della casa, seguendo il senso orario e muovendo la mano in maniera sincopata.

I quattro elementi si sovrappongono ai punti cardinali che creano uno schermo di protezione, grazie alla formula di rito, addò và l’acqua ‘e ‘stu pesce aonna e cresce, ovvero dove arriva e bagna l’acqua di questo pesce abbonda e cresce, ripetuta per tre volte ad ogni stadio.

In realtà la parola aonna è tipica dei pescatori e sintetizza il moto ondoso che procura una rete colma, un fremito del blu, che si tinge quasi d’argento, che all’occhio attento dell’uomo di mare non sfugge e che al grido vaja ch’ ‘é cchiena, fa guizzare i muscoli stanchi e provati per issare sulla barca la piena inviata, ringraziando contemporaneamente la mamma di tutte le mamme.

L’auspicio dell’officiante è ulteriormente rinforzato dalla parola cresce, una sorta di superlativo assoluto volto a cancellare qualsiasi dubbio possa ancora manifestarsi nel richiedente.

Al termine, la tavola viene imbandita in maniera spartana, affinché questo semplice desinare sia condiviso per rinforzare il legame. Tutto ciò che non è commestibile, insieme al resto del preparato alchemico, deve ritornare al mare, solo così le forze negative non possono impossessarsene e l’involuzione lascia spazio alla buona sorte.

Usanze antiche che si tramandano da bocca ad orecchio, chi le detiene le custodisce gelosamente, scegliendo con cura la persona a cui tramandare l’intero cerimoniale.

Spesso, anche quando la scelta è fatta, si agisce con prudenza e la sequenza rituale viene trasmessa operando delle piccole omissioni al fine di testare la bontà di chi riceve il testimone, sciogliendo ogni riserva solo poco prima di oltrepassare la soglia, ammesso sempre che il prescelto se ne sia dimostrato degno.

Tradizioni popolari che rimandano a vie sapienziali antiche: chi di mare vive è intimamente consapevole della forza purificatrice della sua acqua, l’alchimista sa che solo distillandola può ottenere un elemento le cui proprietà sono paragonabili, per purezza e potenza vivificatrice, alle gocce di rugiada.

Autore Rosy Guastafierro

Rosy Guastafierro, giornalista pubblicista, esperta di economia e comunicazione, imprenditrice nel campo discografico e immobiliare, entra giovanissima nell'Ordine della Stella d'Oriente, nel Capitolo Mediterranean One di Napoli. Ha ricoperto le massime cariche a livello nazionale, compreso quello di Worthy Grand Matron del Gran Capitolo Italiano.