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Ancora una chiave sul Solstizio d’estate

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Solstizio d'estate


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Le nuvole non possono annientare il sole.
Franco Battiato – Lode all’Inviolato

Il Solstizio d’estate, all’interno della ruota dell’anno, è il punto di massima forza della Luce che da qui in poi degraderà progressivamente fino a congiungersi con il suo complementare, la festa del Solstizio d’inverno, dedicata a San Giovanni Evangelista, che secondo la tradizione “ride” in quanto tale stazione cosmica prelude al ritorno della Luce, alla sua resurrezione.

Celebrazione apotropaica quella di giugno, legata a San Giovanni Battista, o popolarmente San Giovanni che piange, “triste” per il ciclo ineluttabilmente declinante in cui il sole sembra indebolirsi e inabissarsi.

È questo il tempo in cui si accendono fuochi nelle campagne, si assorbe sui lenzuoli la rugiada dei prati, si raccoglie l’iperico che scaccia i diavoli della malinconia, si celebrano riti propiziatori con offerte di cibo agli dei, per bruciare ed emendare gli errori del passato e si invoca la discesa del divino che anima la Natura, affinché ci conceda un’altra possibilità.

In realtà ogni rito iniziatico, è un richiamo a noi stessi. Ad una rinnovata laboriosità, la spiga, e all’apertura del cuore, la rosa. Il “trucco” esoterico è che non c’è nulla di realmente “esterno”. Macrocosmo e microcosmo sono sottoposti alla stessa unica legge.

Non dimentichiamo che ognuno di noi è “centro” dell’universo e dentro di noi c’è un Sole che non può morire, il Sé, l’Atman, la Scintilla divina, il Sol Invictus interiore da cui, normalmente, ci allontaniamo di continuo.

Ricordiamo che il dio romano Giano, protettore delle soglie e delle porte dell’anno, possiede due volti. Uno rivolto verso l’alba, l’est e l’altro, che corrisponde al Solstizio d’estate, che guarda verso il tramonto, l’ovest.

Non è un caso che il Solstizio d’estate sia definito “la porta degli uomini” in quanto rappresenta l’incrocio spazio temporale, la feritoia cosmica deputata per la caduta delle anime che si incarnano nel mondo.

Come scrive Omraam Mikhaël Aïvanhov:

L’estate è posta sotto l’influsso dell’arcangelo Uriel, il cui nome significa “Dio è la mia luce”. In estate tutta la natura è in fuoco, e il 24 giugno, festa di san Giovanni Battista, dopo il solstizio d’estate, è tradizione accendere dei fuochi e celebrare con canti e danze la vittoria del calore e della luce.

Uriel non è menzionato nella tradizione cristiana e la Chiesa non ha incoraggiato questo modo di celebrare la festa di san Giovanni, perché le riunioni di uomini e donne che cantano, danzano e bevono intorno a un fuoco per tutta la notte, finiscono spesso in eccessi.

Il solstizio d’estate, che si situa nel momento in cui il Sole entra nella costellazione del Cancro, dove Venere è in esaltazione, in verità non è la festa del fuoco spirituale, ma del fuoco fisico, terrestre.

Uriel è l’arcangelo di Malkuth, la sfera della terra: il fuoco su cui egli regna non è solo quello che fa maturare il grano e i frutti, ma è anche il fuoco interno del pianeta che alimenta tutta una materia in fusione dove si elaborano i metalli, i minerali, e che è stato anche assimilato all’inferno. In certe tradizioni, l’estate è simbolizzata da un drago che sputa fiamme.

Il drago è appunto quell’animale mitico che, vivendo sotto terra, esce in superficie unicamente per bruciare, divorare e distruggere. Tuttavia, esso è anche il guardiano di tutti i tesori nascosti, ossia le pietre e i metalli preziosi, frutti della terra.

Anche qui numerose tradizioni celebrano l’eroe che è stato capace di sconfiggere il drago per impadronirsi dei suoi tesori.

Ecco dei racconti sui quali il discepolo deve meditare: se l’estate libera le forze sotterranee, ciò non significa che ci si debba lasciar divorare dal drago.

Credo che ci sia di che riflettere e meditare.

Personalmente credo che le circonvoluzioni e le traiettorie cosmiche della Ruota dell’anno – solstizi, equinozi – siano soprattutto dei passaggi microcosmici da percepire all’Interno di noi stessi, non delle traiettorie circolari rigide e ineluttabili, dei loop temporali sempre uguali che ci imprigionano nell’assurdo, come nel noto film commedia ‘Ricomincio da capo’.

Piuttosto, vedo il nostro percorso, come d’altra parte lo intende la Tradizione, ad esempio con Pico della Mirandola in De dignitate et excellentia hominis, un’opportunità evolutiva creativa, una spirale che può essere percorsa in senso ascensionale, se riusciamo a tenere fede all’impegno di percorrere incessantemente la via tradizionale o al contrario discendente, inabissante. Involutivo, se trascuriamo di compiere il nostro lavoro iniziatico. O lo viviamo in modo liturgico, dogmatico e ripetitivo.

Si sa che l’arte è lunga e la vita è breve e anche se è pur vero che “non è mai troppo tardi”, non vale la pena di rimandare l’appuntamento con noi stessi all’ultimo momento o peggio lasciando l’estrema occasione di liberazione al post mortem, nel Bardo Thodol.

Il loop inerte e metallico delle nostre cattive abitudini è la tomba dello Spirito. Come ha ben intuito il filosofo francese Gustave Thibon che ha scritto:

L’inferno è ripetizione; il cielo, rinnovamento.

Autore Hermes

Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.