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UPAS e l’avventura della fiction italiana

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Seminario alla Facoltà di Sociologia della “Federico II” con attori e addetti ai lavori

Martedì 18 ottobre, dalle ore 9:00 alle ore 13:00, presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università di Napoli “Federico II” – Aula Magna, Vico Monte della Pietà 1, Napoli, il prof. Sergio Brancato ha coordinato, in modo impeccabile, l’interessante seminario “Vent’anni dopo”. Un Posto al Sole e l’avventura della fiction italiana.

La scelta di inaugurare i suoi corsi di Sociologia dell’industria culturale e Sociologia di storia dei media con contributi di illustri ospiti, evidenzia come UPAS sia un prodotto culturale assoluto, un fenomeno sociologico straordinariamente importante, degno, per questo, di essere analizzato in un contesto altamente didattico. Lo spunto di partenza è stato offerto proprio dal ventennale di UPAS che ricorre in questi giorni e, precisamente, il 21 ottobre.

Oltre ad essere uno stimato docente, il sociologo è un volto noto per gli appassionati della serie e, più precisamente, l’esperto che interviene in UPAS Memories, lo speciale di quattro puntate che analizza i momenti salienti, i personaggi e la loro caratterizzazione nel corso del tempo e si relaziona con Michele Saviani e con il pubblico televisivo, circa l’evolversi dei costumi, spiegando, con un linguaggio semplice, immediato ed incisivo, come nel corso di due decenni l’attenzione verso la social soap sia sempre alta.

Al momento didattico partecipano cinque attori del cast, Miriam Candurro, Riccardo Polizzy Carbonelli, Patrizio Rispo, Claudia Ruffo e Michelangelo Tommaso, accolti dal folto pubblico di studenti con entusiasmo ed applausi calorosi.

Docenti universitari del calibro di Alberto Abruzzese, sociologo, fondatore degli studi italiani sulla serialità, i sociologi Enrica Amaturo, Direttore Dipartimento di Scienze Sociali dell’ateneo, Giovanni Boccia Artieri, dell’Università di Urbino, Fausto Colombo, sociologo dell’Università “La Cattolica” Milano, Lello Savonardo e Roberto Serpieri, sociologi dell’Università “Federico II”. Il Direttore di Città della Scienza, Luigi Amodio. Claudio Falco, sceneggiatore Sergio Bonelli Editore. Achille Pisanti, teorico dei media e sceneggiatore, Fabio Sabbioni, Produttore Creativo UPAS, Paolo Terracciano, Headwriter UPAS. Francesco Nardella, Capo-struttura RAI per la Fiction, Antonio Parlati, Vice-Direttore CPTV RAI Napoli.

Tutti interventi intensi e preziosi, impossibili però da riportare singolarmente; proveremo a sintetizzarli in modo quanto più fedele possibile. Un prodotto italiano unico nel suo genere dalla vocazione narratologicamente sociologica, che racconta un universo verticale rappresentato a Palazzo Palladini.
Non una soap opera che si incentri esclusivamente sull’amore, piuttosto un real drama, una social comedy che prende spunto da temi sociali attualissimi, che nasce da un modello britannico importato dall’Australia da When Doyle.

A fine anni ’70 il manager Massimo Fichera commissiona ad importanti ricercatori universitari uno studio di fattibilità su lunga serialità che si realizza nell’80 appunto nella facoltà di Sociologia della Federico “II”.
Il pool di esperti è capitanato da Alberto Abruzzese, cui vanno, a turno, sinceri ringraziamenti da parte di ognuno dei sociologi presenti, al tempo suoi allievi.
Poi l’intuizione di Giovanni Minoli che riprende la lunga serialità e Francesco Pinto che sostiene il progetto. UPAS, nella sua dimensione di media impresa, punta allo sviluppo e alla ripresa economica della città.
È la serialità che per prima realizza il meccanismo industriale della fiction che diviene di successo proprio perché sociologicamente rilevante, rispondente alle domande del pubblico nel suo presentare l’esperienza quotidiana, così come i cambiamenti che avvengono nel tempo. La mission che persegue ancora oggi, infatti, è attrarre lo spettatore con storie attuali, capaci di stare nello spirito del tempo, racconti di sentimenti, vita vera, personaggi e situazioni in cui potersi riconoscere e che appassionano proprio perché plausibili.
Il tutto in una delle location più straordinarie al mondo mentre, insieme al culto di Napoli e delle sue eccellenze, si sviluppa l’indotto produttivo ad esse legato.

Come afferma Abruzzese nel suo brillante intervento, c’è un forte nesso tra Napoli e la serialità; è la città stessa che scrive delle storie che per la loro dimensione territoriale restano nel vissuto e nella quotidianità e sono, al contempo, emblema dell’Italia tutta.
La ricchezza del territorio partenopeo rappresenta una grande lezione per la sociologia di massa; un territorio capace di assorbire e rielaborare gli elementi tipici degli altri luoghi. UPAS come risultato vincente di quotidianità, vita, serialità, verosimiglianza, rispetto della realtà, universalità dei messaggi, idealtipo di microcosmo.

Luigi Amodio, Direttore di Città della Scienza, ricorda, opportunamente, che vent’anni fa non c’erano le attuali tecnologie di autoproduzione, quelle che nella soap usa Vittorio Del Bue, ad esempio, e che per lungo tempo UPAS è stato girato proprio a Città della Scienza, quando Elena lavorava in radio, per intenderci.

Patrizio Rispo, uno degli attori protagonisti dalla prima puntata, torna proprio sull’importanza sociale di UPAS che si concretizza, non solo in personaggi come Viola, che da guida turistica mostra le meraviglie cittadine, o Giulia e Angela che da assistenti sociali aiutano le persone in difficoltà, ma in tutto il cast che nella vita privata si spende in campagne sociali e benefiche e ovviamente nella produzione, sempre sensibile a questo tipo di tematiche.

Paolo Terracciano, Headwriter UPAS, svela che un gruppo di autori diversi per specializzazione si concentra, con grande creatività, su trame ideate a strati, un’idea generale che viene arricchita e resa trattamento che passa, poi, ai dialoghisti, cinque a settimana, che si occupano della sceneggiatura. Lo script definitivo viene letto e successivamente girato. Gli autori frequentano anche i gruppi social dedicati ad UPAS per monitorare il riscontro del pubblico e verificare se i testi rispondano alle aspettative, ma, al contempo, sanno che lo specchio dei social è un po’ distorto anche dal fatto che la stesura precede più di 3 mesi, circa, la messa in onda e, nel frattempo, alcune situazioni potrebbero essere variate.

Si passa alla visione di qualche minuto della prima puntata, il pilot, dove è il napoletano a prevalere, così come i vicoli o il mercato del pesce: la realtà della città, appunto.
Sorrido, una miriade di emozioni tornano a galla; sono cresciuta anch’io seguendo UPAS, appuntamento quotidiano imperdibile.

Segue un bellissimo intervento video di Pinto, Direttore CPTV RAI Napoli, che racconta il primo giorno di lavorazione. Esterni di Palazzo Palladini in Villa Lauro, che avrebbe ceduto il passo, tempo dopo, a Villa Volpicelli, e, a dispetto del nome scelto, Un Posto al Sole, e del tempo solitamente bello, condizioni atmosferiche pessime, pioggia torrenziale e a disposizione solo due ore per poter riscrivere la scena e ripulire l’ambiente dall’acqua. Perché, chiosa, la produzione seriale si fa con una città che deve reinventarsi ogni giorno e non è spaventata dai cambiamenti, anzi, lotta con orgoglio.
Ringraziamento d’obbligo ai titoli di coda, troppo spesso ignorati dai più, che contribuiscono a fare di questa grande macchina organizzativa, un prodotto che ogni sera, da vent’anni, continua a tenere incollati davanti alla tv milioni di telespettatori e che si spinge anche oltre confini nazionali.

Tocca a Riccardo Polizzy Carbonelli che legge o meglio, interpreta, un brano tratto dal libro “La parte cattiva dell’Italia”, di Stefano Cristante, sociologo dell’Università del Salento, che per sopraggiunti impegni non ha potuto presenziare. Titolo volutamente ironico che sottolinea come UPAS vada a sconfessare i cliché legati a Napoli e mostri, invece, l’essenza della città. Temi e vicende scottanti trattati i modo sempre originale, mentre il plot si nutre di riferimenti costanti al quotidiano, di problematiche che ci riguardano da vicino.

La parola passa ad Antonio Parlati, Vice-Direttore CPTV RAI Napoli, che si sofferma sulle analogie con l’originale australiano The Neighbourns del 1985 e parla degli inizi difficili di UPAS. Dopo i primi 6-7 mesi di messa in onda in fascia preserale, ore 18:30, si rischia la chiusura con circa 1 milione di spettatori, poi la scelta rischiosa ma vincente, di spostarlo intorno all’orario attuale, 20:30, dove tocca le vette di ascolti. Man mano il format viene perfettamente adattato al racconto, in modo che il modello linguistico sia comprensivo proprio di comedy, drama, romance.

E da un punto di vista lavorativo la prima sfida vinta, l’introduzione di contratti migliori, più simili a quelli del cinema che a questa…”Nuova” tv, con circa duecento persone assunte, tra Rai e Fremantle. Poi la forte attenzione al sociale, con temi delicati ed importanti, con l’impegno personale degli attori in qualità di ambasciatori di associazioni umanitarie e con il servizio Rai di audio-descrizione, dettagliato e preciso.

L’attualità temporale con cui le scene sono presentate al pubblico sicuramente è uno dei punti di forza di UPAS: in questo sta la bravura e la capacità degli scrittori di stare al passo con i tempi, andando, a volte, anche incontro a situazioni imprevedibili.
È il caso della Maratona di New York del 2012, scena girata e mandata regolarmente in onda nonostante in realtà fosse stata annullata per condizioni meteo eccezionali.
Tuttora, se si cercano informazioni in merito, si trovano commenti su quello che è stato percepito come “errore” paragonabile all’uso degli orologi nei film dei centurioni romani, proprio a testimonianza dell’attenzione che si ha verso UPAS.

Un’altra nota distintiva riguarda la sigla, da vent’anni lo stesso brano di musica leggera, che diventa longevo e ci accompagna ogni sera.

Claudia Ruffo si sofferma, invece, sull’atmosfera lavorativa familiare, considerando il set come la sua seconda casa. La più grande vittoria di UPAS, per lei, è nel fatto che anche lo spettatore che non lo ha mai visto sa che esiste ed è ambientato a Napoli.
Il suo punto di forza consiste nel non essersi mai incanalato in un solo settore, ma aver percorso più strade stando sempre al passo con i tempi. A differenza di una soap opera, UPAS piace anche agli uomini proprio perché non parla solo d’amore ed affronta anche temi più spinosi e delicati che prendono spunto dall’attualità.

Fabio Sabbioni, Produttore Creativo UPAS, che si è occupato anche di regia, illustra l’importanza di una messa in scena che abbatta i tempi morti, resa possibile grazie al sistema delle multicamere. Spiega che, generalmente, il set è composto da tre pareti con l’arredamento al centro mentre si usano tre camere, il master che inquadra tutta la scena, e le altre due che si soffermano sui primi piani. Le tre camere vengono pilotate dal mixer che dà un’unica uscita, una sorta di premontaggio: un sistema, insomma, che punta essenzialmente sui primi piani. Ne derivano una serie di svantaggi innegabili: movimenti sacrificati degli attori, illuminazione piatta, innaturale, che viene dall’alto, con elementi di staticità, come ad esempio la presenza di un divano al centro della visuale. Di conseguenza, ancora oggi la scrittura deve sottostare a dei vincoli o limitazioni, piuttosto rigidi. Di contro, il primo piano consente un miglior rapporto tra potenzialità espressiva e costo: viene meno l’esigenza di una scenografia costosa, le luci sono mirate e si punta tutto sulla performance attoriale. Nel corso del tempo, ovviamente, si sono affinate anche le tecniche di ripresa, cui sono seguite scritture più articolate. Un’innovazione arriverà a breve: dal prossimo dicembre le camere saranno ridotte a due e saranno a spalla, in modo da poter entrare più agevolmente nella scenografia e dare più ritmo all’azione stessa. Sarà così utilizzata anche la quarta parete e la disposizione dell’arredamento sarà più logica, naturale e verosimile, così da avvicinarsi sempre più a location vere.

Michelangelo Tommaso ricorda con simpatia ed affetto il suo primo giorno sul set che conosceva bene, ma da spettatore assiduo. La stranezza di trovarsi all’alba in auto con attori che vedeva in tv, Gianguido Baldi e Marzio Honorato, scoprire quest’ultimo diversissimo caratterialmente da Renato Poggi, tanto da telefonare alla mamma per raccontare questa piacevole scoperta. La sua emozione, il recitare inizialmente legnoso per poi sciogliersi ed essere a suo agio, tanto da integrarsi in modo armonioso con gli altri.
Conclude il suo intervento con ciò che sarà poi condiviso da tutti i suoi colleghi, ovvero che il segreto vero di UPAS sta nella verosimiglianza, nel rispetto della realtà nell’universalità dei messaggi.

Miriam Candurro racconta che prima del suo esordio nella troupe non seguiva abitualmente UPAS. Il suo ricordo del primo giorno di lavoro è la frase di Michelangelo secondo cui la popolarità regalata da UPAS è tale che i fan braccano i protagonisti affettuosamente, tanto non permettere loro di prendere la metro in anonimato. La sua reazione istintiva fu di pensare che lui stesse esagerando, ma effettivamente non aveva considerato che entrare ogni sera nella casa dei telespettatori rende ognuno di loro parte della famiglia e così ogni fan che si avvicina, saluta con affetto sincero e spontaneità come se fosse un’amica di lunga data. Aggiunge poi che il suo personaggio, come gli altri, inizia a diventare talmente “reale” che anche nella recitazione ha dovuto aiutare questa credibilità. In qualsiasi interpretazione che esuli dalla serialità occorre recitare ad arte, con attenzione alle pause, agli sguardi, ma in UPAS ciò non è possibile, occorre, invece, che le battute coincidano con pensieri, che lei diventi Serena Cirillo, altrimenti viene a mancare la credibilità e il pubblico se ne accorge.

Conclude la giornata seminariale l’intervento Riccardo Polizzy Carbonelli, che ribadisce di essere felice di far parte di UPAS, un’onda meravigliosa in cui è coinvolto dal 2001. UPAS è nato in un momento di forti cambiamenti sociali che hanno comportato un necessario adattamento dell’attore alla serialità stessa; la figura dell’attore seriale, infatti, prima non esisteva. Anche il loro modo di recitare è cambiato. È molto grato al suo personaggio che, data la complessità, non gli ha mai permesso di “rilassarsi” e lo ha sempre spronato a migliorarsi. È orgoglioso di far parte del cast di UPAS, che rispetto a certi tipi di programmi che, al contrario, spacciano “vera verità o la verità vera” a cui non crede assolutamente, è un prodotto serio in cui si recita LA verosimiglianza. Il grande sforzo che la Rai ha fatto, conclude, è stato quello di coniugare la qualità consolidata degli sceneggiati alla velocità e alla quantità del girato. È una scommessa vinta che continua a gratificare tutti loro ogni giorno da vent’anni.

Autore Lorenza Iuliano

Lorenza Iuliano, vicedirettore ExPartibus, giornalista pubblicista, linguista, politologa, web master, esperta di comunicazione e SEO.