Home Rubriche Pensieri di un massone qualsiasi In morte di mia madre

In morte di mia madre

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madre


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Da oggi questa rubrica, che ha superato il ragguardevole numero di 100 articoli, cambia nome.

E, sull’onda di un nuovo slancio evolutivo, amplia i propri orizzonti, puntando verso una dimensione sperimentale ed operativa senza dogmi e senza confini. Da qui inizia ‘Il Viaggio Iniziatico’.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Pier Paolo Pasolini – Supplica a mia madre

Domani, continuerò ad essere. Ma dovrai essere molto attento per vedermi. Sarò un fiore o una foglia. Sarò in quelle forme e ti manderò un saluto. Se sarai abbastanza consapevole, mi riconoscerai, e potrai sorridermi. Ne sarò molto felice.
Thich Nhat Hanh

La madre è la nostra casa. È la natura sacra che concepisce e trasmette il miracolo della vita. La madre è nostra mamma. Ma la mamma è contemporaneamente la Madre del Creato. La madre di tutti. È l’argine che contiene il fiume della vita. È il petto su cui, neonati, ci siamo posati e riposati per sincronizzare il battito del nostro cuore con il suo battito rassicurante.

La mamma è la lingua madre. Il primo modello verbale. Le nostre inflessioni dialettali. I nostri difetti di pronuncia. E lo stile che ci
rende unici. Le prime filastrocche imparate a memoria. I giochi giocati all’infinito. Lo specchio dei nostri sorrisi. L’identità, l’autostima. La protezione. La madre comprende (cum-prende) ed attutisce i nostri difetti. E tutti i difetti dell’umanità.

La madre è la vita e la morte. Il principio femminile che limita il fuoco primordiale e straripante del principio maschile, le sue derive narcisistiche, e lo contiene. Gli dà una forma e un’intenzione. Lo conforma.

La mamma ha un nome. La mia si chiamava, si chiama e sempre si chiamerà Maria. Nome che contiene, come la parola mamma, la radice “ma”. Il suono universale della lallazione. Da Oriente ad Occidente.

Mamma Maria aveva il dono che hanno tutte le donne compiute. Il realismo. L’accoglienza. La terrestrità. La sdrammatizzazione, la rassicurazione. Ma anche la chiaroveggenza del metafisico.

La percezione innata del mondo misterioso che precede la nostra nascita e che ci attende alla fine del transito terrestre. Un salto che sento, pur dolorosamente, evolutivo. Trasmutativo. Negli ultimi giorni, prima del trapasso, mamma letteralmente vedeva i suoi cari.

Secondo me non sragionava poi così tanto. Vedeva la cara sorella maggiore defunta da tempo seduta su una graziosa poltroncina rossa e le faceva i complimenti.

Mamma anelava a ricongiungersi a quegli angeli. A quelle anime disincarnate. Ecco, lei ha sempre vissuto in una continua ubiquità. Gli affetti dell’al-di-qua da una parte e gli affetti dell’al-di-là dall’altra.

La sua è stata una morte aperta, pronta al distacco, al salto. Non una morte chiusa, abbarbicata all’ego. Al possesso della potestà terrena, degli effimeri attaccamenti temporali. Ma una vita che continua, che si abbandona al flusso, al divenire della Vita e non si trattiene e non trattiene.

Nelle nostre ultime telefonate mi ripeteva spesso, con il sorriso sulle labbra, il desiderio di chiuderla lì. Constatata la consunzione del corpo fisico. E i conseguenti insopportabili dolori. Anche se devo rimarcare un fattore aggravante non proprio “naturale” o fisiologico: quel maledetto fumo. Maledetto fumo! Forse senza quell’unico suo vizio atavico, consolatorio, un inveterato marchio di famiglia, sarebbe arrivata a 110 anni… chissà?Ma ora poco importa.

Sempre nel corso delle ultime telefonate, mamma rievocava i tanti momenti d’amore familiare vissuti e mai dimenticati in cui abbracciava il suo piccolo, il sottoscritto, per tranquillizzarlo e proteggerlo. E mi ricordava i miei piccoli eroismi di bambino buono e premuroso.

E poi ancora uno sguardo dall’al-di-qua all’aldilà. Voleva andare dal suo amato Aldo. Mio padre. Un amore tenace ed ininterrotto. Fino in fondo. Fino all’ultimo. Costante e testarda anche nei sentimenti: accento veneto ma anima calabrese.

Mamma, te ne sei andata in un momento terribile. Pandemia, guerre devastanti nel cuore dell’Europa, egoismo ed inaridimento sociale, inquietanti prospettive climatiche. Materialismo dilagante. Irragionevolezza.

Qualcuno ha detto che la tua generazione, mamma, quella che ha vissuto la seconda guerra mondiale, era di ferro. E che le attuali, soprattutto la mia, sono fragili, di cristallo. Fiaccate dall’eccesso di protezione, o dal consumismo scambiato per benessere, da un cattivo utilizzo dei social e da un’ignoranza diffusa: un palpabile analfabetismo di ritorno.

Ben venga allora il ricordo del tuo carattere forte, dolce e grintoso, pur se apparentemente remissivo. Lascia a noi che per ora restiamo qui il dono della tua autonomia, la tua capacità di comprensione, la forza morale. E anche quella tua simpatica testardaggine che, a ben vedere, non è stata
mai un difetto, ma una potente forza vitale, che ci ha travolto e sempre guidato.

Grazie di tutto mamma. Continua sempre a proteggermi. Continua a proteggerci.

Autore Hermes

Sono un iniziato qualsiasi. Orgogliosamente collocato alla base della Piramide. Ogni tanto mi alzo verso il vertice per sgranchirmi le gambe. E mi vengono in mente delle riflessioni, delle meditazioni, dei pensieri che poi fermo sul foglio.