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L’Alchimia massonica

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Alchimia


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A cosa serve l’Alchimia? L’Alchimia serve a separare il vero dal falso.
Paracelso

Sin dal suo ingresso nel Gabinetto di Riflessione, al momento della sua iniziazione, il Massone nota un forte legame con il simbolismo della scienza alchemica e, con l’avvio della costruzione del proprio Tempio personale, si scoprirà alchimista, trovandosi a modificare il mondo che lo circonda e a trasformarsi interiormente.

Spesso, parlando con dei giovani Fratelli, mi viene chiesto per quale motivo gli alchimisti non parlino chiaramente e perché utilizzino un linguaggio incomprensibile ai più o che si può facilmente travisare.

Queste domande mi fanno sorridere, non in segno di scherno sia chiaro, semplicemente perché la non conoscenza, inevitabilmente, porta a fare delle deduzioni superficiali e apparentemente sciocche.

Gli alchimisti miravano all’uomo e al suo perfezionamento spirituale, per loro la crescita interiore non può essere oggettivata, esportata, trasmessa, ma deve essere suscitata in coloro che sono pronti o “pieni”, come diceva Socrate al discepolo Teeteto.

Allo stesso modo, Gesù di Nazareth, riferendosi alla moltitudine di chi lo ascoltava, disse ai suoi discepoli:

A loro parlo in parabole.

E ancora:

Chi ha orecchi intenda.

O

Non date le perle ai porci, perché vi si potrebbero rivoltare contro.

Gli studi dei testi alchemici hanno riscontrato due tipi di discipline, la fisica e la spirituale, quest’ultima ritenuta il vero obiettivo. In tal senso, la prima non è altro che la metafora per indicare l’obiettivo reale: la trasmutazione dell’impuro in puro, del negativo in positivo, della materia in spirito.

I metalli, ma anche gli astri e le viscere erano legati alle qualità morali dell’individuo: il piombo corrispondeva alla massima imperfezione della materia e anche morale; l’oro corrispondeva alla perfezione.

Diventa così chiaro il parallelismo tra la trasmutazione del piombo, il metallo più vile, in oro, quello perfetto, con il raggiungimento spirituale dello stato di grazia originario dell’uomo.

Coloro che hanno colto soltanto l’aspetto fisico dell’alchimia, nella migliore delle ipotesi, sono divenuti esperti chimici e sperimentatori, ma molti si sono persi dietro l’idea di ricchezza e potere.

Chi ha seguito la via dello spirito per la sete di potere ha fallito. Chi, invece, l’ha intrapresa ispirato dalla conoscenza e dal bene si è elevato, riuscendo a dominare le passioni, divenendo signore del proprio corpo e della natura, non per acquisire potere, ma nella convinzione che, sacrificandosi alla conoscenza, avrebbe fatto il bene dell’umanità.

E non è proprio quello che accade anche a molti Fratelli?

Quanti di loro si sono persi, sono rimasti “piombo”, credendo che la Massoneria potesse “magicamente” cambiare la loro vita profana?

Quanti, invece, sono diventati “oro”, di quello più prezioso e splendente? Quanti hanno reso la loro vita un capolavoro?

Nel termine ‘Al-Kimia’ il prefisso ‘Al’ ha il significato di Essere Supremo; etimologicamente, dunque, l’alchimia è la scienza divina, quella che conduce l’uomo di buona volontà a risvegliare in sé la scintilla divina ponendosi, come sosteneva Spinoza, dal punto di vista di Dio.

L’alchimia rappresenta, dunque, un percorso di messa in atto delle potenzialità spirituali.

Gli alchimisti ricercavano la pietra filosofale in quanto credevano potesse trasformare i metalli in oro e produrre l’elisir di lunga vita. Il tutto avveniva attraverso un vero e proprio rituale: sette erano i metalli – oro, argento, rame, stagno, mercurio, ferro e piombo – legati ai sette astri – Sole, Luna, Venere, Giove, Mercurio, Marte e Terra – che, a loro volta, erano connessi con le sette viscere dell’uomo e, addirittura, con le sette note e con i sette colori.

I sette procedimenti si suddividevano in quattro operazioni, putrefazione, calcinazione, distillazione e sublimazione, e in tre fasi, soluzione, coagulazione e unione.

Attraverso questi sette procedimenti la materia prima, mescolata con lo zolfo e il mercurio e scaldata nella fornace, l’Atanor, si trasformava gradualmente, passando attraverso vari stadi, da 3 a 12, legati al significato magico dei numeri, contraddistinti dal colore assunto dalla stessa materia durante la trasmutazione.

Gli stadi fondamentali sono: nigredo, opera al nero, in cui la materia si dissolve, putrefacendosi; albedo, opera al bianco, durante la quale la sostanza si purifica, sublimandosi; rubedo, opera al rosso, che rappresenta lo stadio finale.

Quanti di noi Massoni, rileggendo questi passaggi, non ha pensato ai cambiamenti che sono avvenuti nel nostro intimo, alla mescolanza delle nostre credenze con le nostre esperienze, alla fusione di quello che eravamo con quello che siamo diventati?

Come sosteneva Pico della Mirandola l’uomo ha la possibilità di elevarsi o di abbassarsi.

La degenerazione dell’Alchimia massonica è stata possibile in quanto i più, fraintendendola, non ne hanno compreso il senso spirituale, e, interpretando alla lettera le formule alchemiche, l’hanno ridicolizzata, o per tutta la loro vita, hanno rincorso il sogno di una facile ricchezza, cercando la formula che trasmutasse i metalli in oro.

Concludo con le parole del filosofo Wittgenstein che sosteneva

Ciò di cui non si può parlare, meglio tacere

lasciando la parola a coloro che, consapevolmente, con passione, determinazione e tanto lavoro su di sé, hanno deciso di trasformare il piombo in oro.

Autore Rosmunda Cristiano

Mi chiamo Rosmunda. Vivo la Vita con Passione. Ho un difetto: sono un Libero Pensatore. Ho un pregio: sono un Libero Pensatore.