http://il-nimnchialista-cinematografico.webnode.it/
Facebook
Siamo appena nel 1967 quando la Rai comincia la produzione di un film che inaugura gli inizi di una narrazione cinematografica proposta dalla televisione.
L’occasione è stata fornita dalla produzione, appunto, di una di quelle che oggi chiameremo fiction televisive (non cito la prima vera produzione “Odissea” che comunque aveva un soggetto storico più vicino agli sceneggiati come impostazione, che alle contemporanee fiction): si tratta di “Geminus” con Walter Chiari e Alida Chelli, diretto da Luciano Emmer.
Il giornalista Vittorio Bonicelli che ne scrive per il Tv Radio Corriere dell’ottobre del 1967 lo definisce nientepopodimenoche un “teleromanzo-giallo-sentimental-satirico” ideato/diretto e prodotto da Luciano Emmer.
Troppa grazia per un uomo solo se non si fosse trattato dello stesso regista che aveva inventato la sigla di Carosello, tanto per citare uno solo dei suoi innumerevoli contributi al mondo della pubblicità e del cinema, della televisione e del documentario artistico.
Quella sigla, la sola e l’unica, che tutti ricorderemo sempre, fatta di sipari cartonati che si svelano uno dietro l’altro.
Geminus dunque è un po’ il papà degli attuali Don Matteo, con i dovuti distinguo.
Si tratta della storia di un fotografo, Alberto Piergiorgi, interpretato da Walter Chiari conteso tra due bellezze: una cantante beat (Alida Chelli) ed una affasciante straniera (Ira Furstenberg), rimasto invischiato in una storia di misteri e delitti nella Roma sotterranea.
“Geminus” è il titolo di uno sceneggiato in 6 puntate, mandato in onda dalla RAI sul Secondo Programma dal 15 agosto al 17 settembre 1969, con la regia di Luciano Emmer e la sceneggiatura di Francesco Milizia ed Enrico Roda.
Caratteristica della serie è l’affascinante ambientazione nei sotterranei di Roma, pare in concomitanza con alcuni lavori nel sottosuolo, rimaneggiamenti urbanistici che alla fine degli anni sessanta investirono il centro storico della capitale per la costruzione di numerosi sottopassi. È in questi paesaggi sotterranei di Roma, che il protagonista si aggira talvolta inseguito altre inseguitore, per riemergere nei posti più strani, dal Colosseo all’uscita in tenuta da sub nientemeno che nella vasca circondata di turisti della fontana di Trevi!
Il titolo dice tutto: Geminus, ovvero Giano il Dio bifronte – custode di ogni forma di passaggio e mutamento, protettore di tutto ciò che riguardava un inizio ed una fine – protettore delle porte della città di Roma e sarà questa a essere minacciata durante l’evolversi della storia; al nostro insospettabile eroe il compito di salvarla insieme al prezioso busto marmoreo.”
Chiaramente gli ingredienti per destare l’attenzione sulla serie, composta di sei ore di film, ci sono tutti. Primo tra tutti la presenza della principessa Furstenberg che, come ogni membro di famiglia reale, promette scandali già solo per la sua presenza sul set.
Ed effettivamente arriva in ritardo, non raggiungendo il set il primo giorno e costringendo la Valli ad interpretare la scena in cui si affrontavano per contendersi le attenzioni di Chiari con una “effige”.
Ma Dino de Laurentis che ha curato la trattativa per averla nel cast, si dice fiducioso più di quanto non lo sia stato con Soraya, altro tentativo di introdurre altezze reali nel mondo dei film.
Altro intoppo singolare è la caduta di Walter Chiari da un cornicione del Colosseo durante una scena d’azione, certo l’altezza non era da brivido, ma il colpo alla testa c’è stato, eccome e lo costringe a giorni di riposo.
Ma l’attenzione è tutta per Emmer, in realtà, poiché il regista aveva lasciato in un momento di grande successo la propria carriera di artista cinematografico per non si capisce bene quale motivo, ed anzi qualcuno afferma crudelmente che ha preferito lasciare il successo di “Ragazze di Spagna” per dedicarsi alle saponette.
Fatto sta che Emmer riesce a tradurre perfettamente in chiave ironica ed efficace, con quel pizzico di brivido che non guasta, le avventure di questo James Bond nostrano, non troppo agente segreto, ma sicuramente di una certa raffinatezza estetica ed etica.
D’altra parte Chiari è in splendida forma, botta in testa a parte, si fa per dire.
In Italia, però, e tutti quelli che hanno la leggerezza come oggetto e obiettivo lo sanno bene, se non hai derive psico-drammatico-psicologiche non sei nessuno.
Dunque qualche malignetto non può fare a meno che considerare questo lavoro come una sorta di “Blow up” dei poveri.
Perché NON DIMENTICATELO MAI ogni volta che la televisione ha alzato la testa, qualche cinematografaro gliel’ha rificcata nel sacco a suon di calcioni.
Meno male per lei che poi è arrivato Netflix.
Autore Barbara Napolitano
Barbara Napolitano, nata a Napoli nel dicembre del 1971, si avvicina fin da ragazza allo studio dell’antropologia per districare il suo complicato albero genealogico, che vede protagonisti, tra l’altro, un nonno filippino ed una bisnonna sudamericana. Completati gli studi universitari si occupa di Antropologia Visuale, pubblicando articoli e saggi nel merito, e lavorando sempre più spesso nell’ambito del filmato documentaristico. Come regista il suo lavoro più conosciuto è legato alle dirette televisive dedicate a opere teatrali e liriche. Come regista teatrale e autrice mette in scena ‘Le metamorfosi di Nanni’, con protagonisti Lello Arena e Giovanni Block. Per la narrativa pubblica ‘Zaro. Avventure di un visionauta’ (2003), ‘Il mercante di favole su misura’ (2007), ‘Allora sono cretina’ (2013), ‘Pazienti inGattiviti’ (2016) ‘Le metamorfosi di Nanni’ (2019). Il libro ‘Produzione televisiva’ (2014), invece, è dedicato al mondo della TV. Ha tenuto i blog ‘iltempoelafotografia’ ed ‘il niminchialista cinematografico’ dedicati alla multimedialità.