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La fattoria degli uomini

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La fattoria degli animali


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‘La fattoria degli animali’, ‘Animal farm’ in lingua originale, è un romanzo scritto da George Orwell nel 1943. I suoi capolavori dal 1° gennaio sono diventati di pubblico dominio.

La legge europea prevede, infatti, che, passati i 70 anni dalla morte di un autore, le sue opere possano essere pubblicate senza pagare i diritti agli eredi. Nel 2021 l’anniversario della sua scomparsa si celebra dunque con il grande ritorno in nuove edizioni e traduzioni del suo romanzo distopico del ‘1984’ e della sua favola morale del 1945, che mette in guardia dal fascino del potere e racconta il prevalere dello stalinismo sugli ideali rivoluzionari: due opere che parlano al presente e ancora di più nel periodo della pandemia.

L’opera satirica descrive gli avvenimenti di una fattoria nella quale gli animali si rivoltano contro il padrone sfruttatore, cacciandolo e prendendo il controllo del podere. Essi instaurano allora tra di loro una nuova forma di convivenza basata, in linea di principio, sull’uguaglianza. Tuttavia, con il passare del tempo sono i maiali ad imporsi sulle altre specie e a rivelarsi, infine, uguali al vecchio padrone.

La narrazione ripercorre in maniera satirica la cacciata dello zar dalla Russia, la presa di potere dei bolscevichi e la creazione del sistema totalitario sovietico. Per questa ragione, il romanzo fu pubblicato solo alla fine della Seconda guerra mondiale, il 17 agosto 1945, per evitare di urtare la suscettibilità di Mosca.

Ad Orwell fu detto chiaramente che, se il libro si fosse rivolto alle dittature in generale, non ci sarebbe stato problema. Tuttavia, era chiaro che ci si riferisse alla Russia Sovietica, in quel momento alleata di guerra della Gran Bretagna. La pubblicazione di questa favola, dunque, era ritenuta risolutamente inopportuna perché avrebbe ingiuriato gli alleati.

Dalla sua penna si raffigura il regime, l’allegoria della Rivoluzione russa che confluirà nello strapotere dell’URSS di Stalin, un’ideologia, un notturno fosco della ragione, che non è altro che oppressione, buio assoluto della volontà.

Gli animali rappresentano i deboli, decretano di ribellarsi ai soprusi umani e si svincolano per creare una vita migliore fatta di pace e uguaglianza.

C’è una frase che è entrata prepotente nel nostro immaginario collettivo, quella del potentissimo maiale Napoleone:

Tutti gli animali sono uguali. Ma alcuni animali sono più uguali degli altri.

Sulla falsa riga di Esopo e Fedro, i protagonisti di questa favola sono degli animali, dietro i quali si nascondono allegoricamente figure storiche. Un bel giorno nella loro fattoria, l’anziano maiale Vecchio Maggiore, che rappresenta Marx, convoca le bestie per esporre la sua teoria dell’Animalismo, Comunismo.

È il trionfo della menzogna e della prevaricazione che chiude l’apologo e capiamo molto bene perché sia stato tanto contrastato dai suoi contemporanei e come sia attuale oggi di fronte ad altre storie di popoli che avviano a combattere per la libertà, l’uguaglianza e finiscono per cadere in nuove diseguaglianze e nuove ingiustizie, incarcerati in sistemi autoritari che recriminano di comandare in nome del popolo e di Dio.

Perché la sensibile e rosea previsione di un futuro di equità e pace si disintegra quando gli stessi suini che avevano fomentato la rivoluzione, si impadroniscono del potere con la forza e divengono rigorosamente come i loro padroni imitandone tutte le ferocie. E la massima del libro a questo punto diventa un vero e proprio comandamento, un ordine prestabilito che compromette e corrode tutto.

Anche se le intenzioni all’inizio sono positive, nessuno riuscirà mai ad annientare il desiderio di potere degli esseri umani e non, anzi maggiore sarà e più se ne sentirà il bisogno.

‘La fattoria degli animali’ è una metafora sull’uomo e sul potere ed evidenzia quanto quest’ultimo, se supera ogni impulso, possa diventare distruttivo. La fattoria degli animali è l’URSS, ma l’immagine regge esattamente per qualunque potere degenere, persino per la stessa democrazia. Con tutti i suoi limiti il “governo del popolo” è tutto ciò che abbiamo e dobbiamo tenercelo stretto perché ci permette un grado di libertà che diamo per scontato, ma che così scontato non è.

Orwell era dunque consapevole del potenziale profetico della sua opera, anche in caso di vittoria della democrazia. Non parlo di realtà aliene e rétro come il regime della Corea del Nord, ma delle società in cui viviamo. Ogni elemento del totalitarismo Orwelliano è oggi presente intorno, dentro e sopra di noi. In questo romanzo è sempre buio, manca il cielo e manca anche la ragione che illumina l’anima e permette di focalizzare la verità, o quanto meno, la parte più essenziale di essa.

Il grande filosofo tedesco Kant affermava che esiste un regno morale in cui gli uomini sono fieri di avere dei valori proprio grazie alla ragione. Forse era ironico, ma non lo sapremo mai. Credo che per esserci ragione debba esserci critica e per esserci critica debba esserci pensiero, libertà, cioè proprio ciò che i maiali non vogliono.

La ragione nella Storia spesso non è riuscita a imporsi e, ancora oggi, è rimpiazzata da fanatismi e ottusità. Lo vediamo tutti i giorni e oggi ancora di più, con il politicamente corretto che vuole soppiantare il pensiero libero con quello unico.

Ed ecco che, alla fine del libro e di tante vite massacrate, il passo prima della morte – quella sì rivoluzionaria, perché liberatrice – quel passo che è la pensione, la pace, il riposo nel campo destinato al pascolo degli animali anziani, viene rubato della gola alcolista dei maiali, che scelgono di coltivarlo per produrre birra e alcool.

Un forte rimbalzo ad una rivoluzione mai avvenuta e che addirittura non permette di scorgere né il cielo né la pace ultima tanto attesa invano. Il riposo non arriverà, ma sarà un glaciale silenzio che è l’anticamera di ogni dittatura. Un silenzio che nega la vita e che ferocemente rabbuia ogni animo e ogni pensiero.

Cosa ci resta di questo capolavoro se non l’amarezza di non aver compreso una verità che si stava distillando nel mondo e che si reggeva su un individualismo buio, che sarebbe poi giunto con l’omologazione, il conformismo e con una sfrenata massificazione?

È una deriva lenta ma inesorabile oltre che deleteria. Qualcuno non ha ancora capito che incoraggiando i metodi totalitari si arriverà alla prigione del pensiero e ognuno di noi morirà in anticipo sul tempo che gli spetta.

Il parallelismo con l’attualità, per me, è molto chiaro, seppur le dinamiche siano ovviamente diverse, oserei dire speculari: nella società contemporanea, proprio come predetto, quasi profeticamente, da Orwell, la dimensione personale e privata è stata quasi del tutto cancellata, ma non è un qualche regime totalitario o qualche partito politico a negarcela, al contrario, la dinamica è molto più sottile, seppur l’effetto prodotto, alla fine, non cambi molto.

Il passo dagli animali all’uomo è stato breve: il secolo scorso ha dato un colpo finale, quello in corso sta solo consolidando il peggio che abbiamo seminato. Nella nostra fattoria oggi i maiali stanno sguazzando e nessuno li ferma più.

Allo specchio abbiamo lo stesso grugno indecoroso e abbiamo compreso che di noi, oramai, non si butta più niente.

Buon Ferragosto.

Autore Massimo Frenda

Massimo Frenda, nato a Napoli il 2 settembre 1974. Giornalista pubblicista. Opera come manager in una azienda delle TLC da oltre vent'anni, ama scrivere e leggere. Sposato, ha due bambine.