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I simboli e il Male. Iniziazione e Controiniziazione

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Cos’è un simbolo, qual è la sua funzione nella nostra evoluzione personale e nella comunicazione con i nostri simili?

A volte c’è una certa confusione tra i termini “segno” e “simbolo”. Un insieme di suoni o di segni grafici traggono il loro significato dal fatto che gli uomini che li utilizzano hanno convenuto tra loro che il significato di quei segni, di quei suoni, dovesse essere proprio quello.

Da un punto di vista meramente logico, quindi, chiamiamo “simboli” gli insiemi di segni “significanti”, dotati di significato, che evocano inoltre, per associazione mentale, una costellazione di altri significati. In quanto veicoli di un determinato significato essi vengono definiti dalla logica “significanti”, e uno stesso significato può essere veicolato da diversi simboli. In questo senso, anche il senso unico stradale o il divieto di sosta sono simboli.

Nella storia delle religioni e del pensiero umano, nella storia dell’evoluzione della coscienza e nell’analisi del “linguaggio dell’anima”, il termine “simbolo” ha tuttavia acquisito altri valori, molto più profondi.

Già nella Grecia antica il termine, σύμβολον da sunballo, riunire, indicava una tessera di terracotta che veniva spezzata in due parti e conservata da due famiglie, da due città, o da un uomo che doveva allontanarsi per lungo tempo e dalla sua comunità. Il fatto di riunire quelle parti testimoniava l’accordo e il patto sussistente tra quelle famiglie o quelle città. Se un uomo fosse partito per un lungo viaggio, chiunque si fosse presentato con quel pezzo di terracotta avrebbe potuto farsi riconoscere come suo legittimo emissario.

Accanto al senso convenzionale del simbolo, per cui ogni parola del nostro linguaggio è simbolo dell’oggetto o della relazione che essa designa, il simbolo viene quindi ad assumere un altro significato, che è quello che qui ci interessa: il simbolo ha il potere di evocare, a partire dall’insieme di segni o di fonemi che lo caratterizzano, un’immagine mentale, ha il potere di ricreare una relazione tra un oggetto materiale e una condizione dell’anima. Con “condizione dell’anima” non intendiamo qui un sentimento predominante, ma piuttosto un’immagine mentale numinosa, un archetipo che si manifesta.

I simboli possono essere utilizzati in modo “orizzontale”, cioè facendo riferimento al loro uso convenzionale per comunicare, oppure in modo “verticale”, avvalendosi della loro capacità di ricondurre chi li sperimenta ad archetipi, a immagini numinose, di stimolare l’immaginazione attiva.

Nel suo mito della caverna, Platone parla delle ombre che si stagliano sulla parete della caverna, che possono ricondurre a quelle Idee, a quegli archetipi, di cui sono solo un’immagine deformata.

Ebbene, le due parti della tessera spezzata, il σύμβολον, in questo caso costituiscono un patto tra terra e cielo ed hanno il potere di “riunire ciò che è disperso”, esse uniscono cioè una forma sensibile con la realtà invisibile a cui quella forma fa riferimento.

Beninteso, il simbolo non è soltanto da intendersi come insieme di segni grafici, anche il suono di una parola o di una frase, anche la vibrazione contenuta in quel suono, può avere la funzione che abbiamo appena descritto; si pensi ai mantra delle tradizioni induista e buddhista.

Ma questa funzione del simbolo di “riunire ciò che è disperso” ha una portata ben più ampia. L’uomo paga un prezzo molto alto per la formazione del proprio Ego e della propria Persona: una parte molto importante delle nostre energie è dispersa nel mondo sotto forma di proiezione e di non consapevolezza di noi stessi.

Le iniziazioni sciamaniche passano sempre attraverso uno smembramento dell’aspirante sciamano e una successiva ricomposizione: lo sciamano sperimenta attraverso una morte simbolica e uno smembramento il fatto che la parte sottile del suo essere è dispersa nel mondo, ogni attaccamento, ogni identificazione che egli ha effettuato nel passato gli ha portato un brandello di identità ma, nell’individuarsi, nel distinguersi dall’Universo che lo circonda, nell’attribuirsi delle qualità, egli ha dovuto cedere agli oggetti delle sue proiezioni una parte importante di sé.

I miti in cui il dio, l’eroe o il protagonista uccidono il proprio fratello o il proprio gemello o lo perdono in circostanze drammatiche sembrano alludere a questo.

È il caso di Caino e Abele, di Gilgamesh ed Enkidu; è la morte di Enkidu a spingere l’eroe verso la sua ricerca dell’immortalità, di Seth ed Osiride, di Atena e di Pallade, di Romolo e Remo…

Atena uccise accidentalmente la sua compagna inseparabile Pallade con un colpo di giavellotto. Una effige di Pallade, detta Palladium, veniva conservata gelosamente nel tempio delle Vestali e si riteneva fosse la garanzia della sussistenza della città nel tempo.

Tutti questi casi sembrano prefigurare la perdita o l’assassinio del proprio Doppio, che deve risorgere perché l’uomo possa integrare tra loro la sua parte “orizzontale” con quella “verticale”.

La ricerca delle parti disperse, che devono essere riunite perché la parte di noi che è dispersa possa risorgere, è identica alla ricerca di Iside, che deve riunire le 14 parti in cui Seth ha smembrato il corpo di Osiride perché il suo sposo possa risorgere. 14 come i giorni della luna calante e, in effetti, Osiride è un dio lunare. I 14 giorni della luna crescente venivano interpretati come il progressivo recupero di Iside delle parti del corpo di Osiride, le porzioni di luce riacquistate dalla luna.

Questa ricerca è la stessa che nel mito di Dioniso, smembrato dai Titani, deve compiere suo fratello Apollo o Atena, o Persefone, in altre versioni del mito, per far rinascere il dio. Resuscitare il nostro doppio che giace disperso, ucciso o profondamente addormentato, nel mondo, questo è quindi il compito occulto dei simboli.

Veniamo ora al “diaballo”, divido, e al diavolo, collegato a questa funzione. Se la funzione del simbolo è quella di riunire ciò che è disperso, di reintegrare, la funzione opposta sarà quella di dividere, disperdere, smembrare quel che è unito.

Abbiamo visto che lo smembramento è comunque una fase fondamentale delle iniziazioni sciamaniche, ma nel senso di riconoscere la propria condizione per poterla superare, non ne è certo l’obiettivo.

Le vie attraverso le quali opera la dispersione sembrano fondamentalmente due: una che potremmo definire “satanica”, l’altra che potrebbe dirsi “luciferica”.

La via “satanica” passa attraverso una discesa nella materia, attraverso l’identificazione con l’avere più che con l’essere, attraverso la sistematica negazione di tutto ciò che è trascendente.

La via “luciferica”, invece, è quella di chi si perde nel proprio moto ascendente e rifiuta orgogliosamente la discesa nella materia, concependo il proprio percorso spirituale come altezzoso rifiuto di tutto ciò che è concreto e materiale, come fuga dello spirito dalla materia.

Entrambe queste vie conducono alla dissipazione delle proprie energie, al nutrire forme-pensiero ispirate da brama, rabbia, paura, frustrazione, orgoglio smisurato, che finiscono per ottenebrare chi prende questa direzione, nutrendosi della sua consapevolezza.

In un suo fondamentale articolo Giovanni Vannucci (1913 – 1984) indicava nella croce il simbolo del princìpio unificante, in grado di neutralizzare sia il potere distruttivo della forza ascendente di tipo luciferico che quella discendente della forza satanica, tesa alla dispersione e alla dissipazione delle energie dell’uomo.

Egli scrive:

Cristo ha introdotto nell’asse verticale [della croce] in cui opera la spinta luciferina, la forza discendente dell’incarnazione e nell’asse orizzontale, diabolico, la spinta verticale della resurrezione della carne.
Giovanni Vannucci – Lucifero, Satana, Cristo in Fraternità 12, marzo 1977 e Fraternità del Giugno 1994, pp 55-75

Posto che nel mondo moderno si possa ancora parlare di iniziazione, veniamo ora al punto di vista di chi viene iniziato. I simboli sono legati alla sua possibilità di trasformazione. Inoltre, un uso cosciente delle “forze sottili” presuppone un rapporto organico con una Tradizione iniziatica.

Una delle funzioni dei riti iniziatici che si svolgono nelle Tradizioni di tutto il mondo è anche quella di attivare i simboli, di facilitare il ruolo, che essi possono avere, di ricondurre l’anima verso il significato sottile di ciò che essi rappresentano. In questo contesto potremmo dire che esiste una “scienza tradizionale” che sottende lo svolgersi dei riti e la capacità di risvegliare il potere di trasmissione dei simboli.

Inoltre, l’atteggiamento che l’iniziato ha di fronte ai simboli è quello di ritenerli la vera realtà, l’essere, mentre le cangianti immagini che provengono dal mondo sono solo riflessi di quella realtà immutabile e atemporale. I simboli, insomma, divengono una “finestra” attraverso la quale l’iniziato può scorgere l’Ordine del Macrocosmo, osservandolo dal Microcosmo in cui egli è confinato.

Vi è poi il caso della “contro-iniziazione”, una via che conduce al totale decentramento dell’essere, praticata da chi promuove il potenziamento dell’Io anziché la sua dissoluzione, da chi ricerca un dominio sulle forze sottili finalizzato alla volontà di potenza e si propone come obiettivo non l’armonizzazione di sé col cosmo, ma il dominio e la trasformazione del cosmo al fine di adattarlo ad un ego immobile e ipertrofico.

In tal modo viene perseguita una via opposta a quella iniziatica, di allontanamento progressivo dal Centro, dalla condizione di Uomo Universale, una condizione perversa che viene ottenuta potenziando i legami che avvincono ai livelli più bassi dell’essere.

Anche in questo caso possono essere utilizzati i simboli per ottenere un simile risultato, ma essi verranno, per così dire, “rovesciati”, nel senso che dovranno servire a “ridurre” la legge e l’ordine cosmico all’ordine cadaverico stabilito dall’Io, finalizzati a una ricerca del potere fine a se stessa.

Affrontare il nodo della dispersione e del male ci conduce a un confronto profondo con la nostra condizione umana. Chi vuole progredire nel proprio cammino deve riconoscere e combattere le forze che, dentro e fuori di lui, lavorano per separare ciò che dovrebbe essere unito.

Di natura sia sottile che materiale, sia invisibile che visibile, esse sono al servizio della frammentazione dell’essere, nonché della disgregazione, scissione e dissipazione delle nostre energie e si rafforzano attraverso una forma di intorpidimento e anestesia dell’anima, producendo sterilità creativa, una sorta di vuoto di valori e una cecità percettiva, che si manifesta con una totale mancanza di bellezza in ciò che ci circonda.

La povertà di elaborazione che si accompagna a queste malattie dell’anima riduce l’immagine del mondo di chi ne è afflitto alla fissazione su poche forme-pensiero ossessivamente ricorrenti.

Chi si circonda di simili forme-pensiero è già pronto a diventare veicolo inconsapevole di forze sottili che possono manipolarlo a sua insaputa. E purtroppo non è impossibile che molti degli uomini che guidano i destini della storia contemporanea si trovino in questa condizione.

Ciò che, fuori di noi, è stato chiamato nei secoli “il diavolo” sono proprio quelle forze ed energie di natura sottile che si servono, come veicoli per manifestarsi, delle forme-pensiero che si accompagnano alle due “malattie dell’anima” che abbiamo citato, la satanica e la luciferica.

È dunque completamente inutile elencare in modo dotto i vari nomi del Male, le immagini che l’uomo si è costruito nelle diverse tradizioni, riferirsi a quella presenza paragonandola ai Jinn, al dio della morte Mara che tenta il Buddha in meditazione, ai demoni del Cristianesimo, a Satanael e agli altri demoni della tradizione ebraica, etc.

Così, come sarebbe completamente inutile restare nell’ambito fenomenico e tracciare una mappa dei fenomeni paranormali connessi al manifestarsi del lato Oscuro.

Le forze sottili si manifestano ad ogni uomo e ad ogni cultura secondo forme diverse che si adattano alle forme-pensiero dominanti in quella cultura o in quella esistenza individuale. Da questo punto di vista, se paragoniamo le immagini dell’Aldilà che le diverse culture religiose hanno elaborato, immagini diverse e contrastanti tra loro, potremmo dire che quelle immagini sono tutte “vere”!

Le forze negative a noi esterne, che chiamiamo “Male”, utilizzano come veicolo una condizione di scissione dell’anima, servendosi delle forme-pensiero che di quella scissione sono espressione.

L’effetto di tale “possessione” sottile è proprio quel diaballein a cui si contrappone il synballein, il riunire ciò che è disperso, caratteristico dei simboli. Le forze di ordine spirituale rivolte alla dispersione agiscono servendosi delle disarmonie e utilizzano gli esseri umani come veicoli, spesso inconsapevoli, per realizzare i loro disegni.

La natura dei simboli viene da esse rovesciata e rivolta ad aumentare la confusione e rendere sempre più numerosi e oscuri i “dialetti” con i quali gli uomini si rivolgono al loro Creatore e con i quali descrivono la via della loro evoluzione interiore.

Un cammino di consapevolezza deve quindi cominciare dai conflitti interni ed esterni, dalla incapacità di amare e di abbandonare le false certezze dell’Ego, dall’ignoranza della corrispondenza tra ciò che siamo veramente e ciò che accade intorno a noi.

Queste considerazioni si riferiscono in modo particolare alla differenza tra la via iniziatica, propria delle grandi tradizioni, e la via contro-iniziatica, praticata da gruppi pseudo iniziatici o new age, che scimmiottano i modi e il linguaggio dell’iniziazione e finiscono con l’alimentare una Torre di Babele di dialetti che sembrano creati per rendere impossibile la comunicazione tra gli uomini.

Dice Elemire Zolla in Uscite dal Mondo:

Nelle iniziazioni maligne l’Io deve affrontare sacrifici come nelle altre ma, qui la differenza, esse non mirano alla sua completa estinzione, ne isolano anzi un nucleo fatto di purissima vendicatività verso il cosmo, di vampiresca brama dell’altrui vita, di furibonda e nuda volontà. A questo nucleo il tremendo sacrificio è fatto, la mutilazione di ogni altra parte dell’uomo dedicata.

Che questo processo sia del tutto consapevole e avvenga all’interno di una organizzazione contro-iniziatica, o che sia dettato da contingenze storiche e riguardi migliaia di individui, si pensi al terrorismo islamico, non fa poi una grande differenza dal punto di vista dei risultati finali per l’anima…

Va detto che la psicologia è un prezioso strumento di studio e di comprensione al fine di penetrare meglio la natura e il dominio dei fenomeni che attribuiamo al “Male”.

Ma resta il fatto che, quando si parla di possessione, se si eccettuano quei casi nei quali gravi disturbi come la schizofrenia sono stati fraintesi e male interpretati, si tratta di una sfera di ordine eminentemente spirituale, che ha a che fare con l’evoluzione degli individui, con le loro scelte etiche e con le “deformità” dell’anima.

Una psicologia non suffragata dalla “visione” che proviene dallo spirito è destinata a restare irrimediabilmente cieca di fronte a questo tipo di “realtà”.

Purtroppo, molte delle organizzazioni “iniziatiche” oggi esistenti hanno perso il senso profondo dei riti che praticano e dei simboli che questi sottendono. Il risultato è che, più che avviarsi verso un risveglio del proprio Sé, gli “iniziati” intraprendono una via luciferica, rivolta all’accumulo di potere e alla propria autoaffermazione.

Il 29 gennaio 1933 Adolf Hitler veniva nominato Cancelliere dal Presidente tedesco Paul von Hindenburg.

Sull’ascesa al potere del nazismo sono stati scritti innumerevoli libri, sulla nascita del nazismo come reazione alla sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, sul nazismo come cattiva coscienza dell’Europa, come incarnazione delle Ombre dell’Occidente, come follia collettiva di un uomo e di un regime, che hanno incarnato il sadismo e la distruttività umana, Erich Fromm, in Anatomia della distruttività umana, sulle radici “esoteriche” e magiche del nazismo, nei Diari di Mère, Mirra Alfassa racconta persino un incredibile episodio che riguarda Aurobindo e Hitler.

Ma quello che mi ha sempre colpito di più sono i racconti dei sopravvissuti ai campi di concentramento, la cosiddetta “banalità del male”, l’orrore che si trasforma in abitudine e in quotidianità, l’accecamento di un intero popolo che ha finto di non vedere e di non sapere.

Eppure, anche in quei racconti, quasi insopportabili da ascoltare, c’è luce e grandezza: la speranza che non muore, i piccoli atti di eroismo, la forza interiore e la dignità di alcuni che sopravvivono e sono di esempio persino quando tutto sembra perduto.

Nessuna riflessione su cosa sia veramente il Male può prescindere dalla memoria di quegli eventi. Impossibile dimenticare.

Autore Alessandro Orlandi

Alessandro Orlandi (1953) matematico, museologo, curatore per 20 anni dell'ex museo kircheriano, musicista, saggista ed editore della Lepre edizioni, è autore di numerosi articoli e libri riguardanti la matematica, la museologia scientifica, la storia delle religioni, la tradizione ermetica, l’alchimia, le origini del Cristianesimo e i Misteri del mondo antico.