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Sui Misteri eleusini

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Misteri eleusini


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Molti anni fa, nel 2001, sono andato a visitare il parco archeologico di Eleusi, vicino ad Atene. Era un giorno festivo e il parco era chiuso, così ho potuto vederlo solo dall’esterno, tra le sbarre della recinzione, intravvedendo da lontano le rovine del Telesterion, l’edificio monumentale destinato ai riti di iniziazione.

Al di fuori del parco archeologico, Eleusi è oggi un piccolo e orribile centro industriale che non lascia al visitatore nessun ricordo degno di nota. Subito fuori dall’entrata chiusa alle rovine archeologiche, mi sono imbattuto in un grosso cane nero agonizzante, che era stato appena investito da una macchina. Impossibile aiutarlo o alleviarne le sofferenze, perché gli ambulatori veterinari erano chiusi, il cane non era trasportabile e perdeva moltissimo sangue.

Difficile per me non associare le condizioni di quel cane a ciò che resta oggi nel mondo moderno di quella antichissima tradizione spirituale… Comunque sia, Eleusi mi è “venuta incontro” così.

Gli studiosi di storia delle religioni sostengono che i Misteri eleusini cominciarono ad essere celebrati nel periodo miceneo, tra il 1500 e il 1400 a.C. ed ebbero termine con l’editto dell’imperatore Teodosio del 392 d.C., che li proibiva, mentre il santuario di Eleusi venne definitivamente distrutto nel 396 dai Goti di Alarico.

Poco si conosce dei dettagli di ciò che avveniva durante i Misteri: gli iniziati erano tenuti al segreto, pena la morte, e il poco che sappiamo si deve soprattutto agli scritti di autori cristiani, scritti apologetici, tesi a gettare una luce negativa sui preesistenti culti pagani. Aristofane ed Eschilo, che rispettivamente nelle Rane e in alcune tragedie (Arcieri, Ifigenia, Le sacerdotesse, Sisifo) svelarono qualche dettaglio dell’iniziazione, rischiarono una severa condanna.

È certo che durante i Misteri venissero rievocate, forse in forma teatrale, con l’aiuto di attori mascherati, le vicende relative al mito di Demetra e Persefone, che qui riprendo dalla versione che ne dà Mircea Eliade nel vol. I della sua Storia delle credenze e delle idee religiose.

Narrava il mito che, mentre coglieva fiori nella pianura di Nysa, probabilmente papaveri o asfodeli, Persefone, Kore, la fanciulla, fu rapita da Ade, dio degli inferi. Sua madre Demetra la cercò per nove giorni – nove è un numero legato all’estinguersi della luce della luna calante – finché Elios, dio del sole, non le rivelò che Persefone era stata rapita da Ade e trascinata agli inferi. In altre versioni, ad avvertire Demetra della sorte di Persefone, era stata Ecate.

Assunto l’aspetto di una vecchia, vagando per la terra alla ricerca della figlia perduta, arrivò ad Eleusi, dove regnava il re Celeo. Presentandosi col nome di Doso, accettò di diventare la nutrice di Demofoonte, “uccisore di popoli”, figlio di Celeo e Metanira. Solo una delle serve del palazzo, Iambe, riuscì a far sorridere Demetra con scherzi osceni. Rifiutò cibi e bevande, accettando da Metanira soltanto il ciceone, una bevanda a base di orzo e menta.

Invece di allattare Demofoonte, Demetra lo cosparse di ambrosia e lo sottopose all’azione del fuoco, con il segreto scopo di renderlo immortale. Scoperta e accusata da Metanira, Demetra tacciò allora chi inveiva contro di lei di cecità e di incapacità di discriminare la fortuna dalla sventura e abbandonò Demofoonte al suo destino mortale. Si rivelò allora con una luce abbagliante nel suo splendore e chiese che si elevasse ad Eleusi un tempio in suo onore dove sarebbero stati celebrati riti che lei stessa avrebbe insegnato agli uomini.

Seguì un periodo di carestia e siccità, con il quale la dea delle messi manifestava il suo dolore per la perdita della figlia amata. Per intercessione di Zeus, ottenne allora che Ade le restituisse Persefone. Ma Ascalafo, giardiniere degli inferi, le offrì subdolamente un frutto di melograno, ben sapendo che chiunque avesse gustato il cibo infero sarebbe stato costretto a tornare in quel luogo maledetto. Persefone ne assaggiò sette chicchi, il che la obbligò a dover ritornare periodicamente, ogni anno, nell’Oltretomba per tre mesi, perché Ascalafo depose contro di lei. In seguito Demetra si vendicò della testimonianza di Ascalafo trasformandolo in barbagianni.

Quando le due dee si riunirono la terrà tornò a ricoprirsi di vegetazione e Demetra rivelò a Celeo, Trittolemo, Eumolpo e Diocle i riti che avrebbero poi costituito gli aspetti segreti dei Misteri eleusini.

Si potrebbe dire che l’inno omerico a Demetra sia forse la principale fonte pagana di cui disponiamo per comprendere il significato dei Misteri eleusini: in esso vengono enfatizzati due aspetti dell’iniziazione ai Misteri, uno legato al ricongiungimento delle due dee, l’altro ha a che fare con il fatto che Demetra non aveva potuto portare a termine il rito che doveva rendere Demofoonte eternamente giovane ed immortale.

Eliade, tuttavia, dubita che gli iniziati ai Misteri ‘prendessero il posto’ di Demofoonte per essere resi immortali con il fuoco dalle due dee. Si parla piuttosto di una beatitudine che attende gli uomini dopo la morte.

Felice tra coloro che vivono sulla terra, colui che ha visto questi misteri!

dice l’Inno a Demetra e

Felice chi vide ciò prima di scendere sottoterra… egli conosce la fine della vita e ne conosce anche il princìpio

scrive Pindaro (Threnoi, fr. 10), e gli fa eco anche Sofocle, più o meno con le stesse parole. Sembra che questi autori alludano ad una specie di memoria che gli iniziati portano con sé anche dopo la morte.

In un passo del dialogo Assioco, da alcuni attribuito a Platone, Socrate afferma:

Non devi temere la morte, anche tu avrai un posto d’onore nell’aldilà, sicuramente, perché in quanto iniziato ai Misteri eleusini anche tu appartieni alla stirpe degli dei.

Anche Cicerone, scrive a proposito dei Misteri eleusini:

Si chiamano iniziazioni perché certo con esse abbiamo conosciuto i princìpi della vita; e non solo abbiamo appreso il modo di vivere in letizia, ma anche quello di morire con speranza di miglior vita.

Nell’inno a Demetra si allude anche al fatto che la dea insegnò a Trittolemo i segreti dell’agricoltura e, in particolare, della coltivazione del grano.

Si può immaginare, come del resto fanno Eliade, Walter Otto o Karoli Kerenji, che il mito di Demetra e Persefone sia stato originato dall’aver riferito alle vicende umane il periodico scomparire e riapparire della vegetazione sulla terra, con l’alternarsi delle stagioni.

Vorrei aggiungere che, secondo me, il particolare significato spirituale attribuito dai greci a queste iniziazioni potrebbe essere connesso ad una identificazione tra il destino dell’anima dell’iniziato e la sorte della stessa Persefone, e, come vedremo, quella del fanciullo Iacco – Dioniso, grazie alla mediazione di Demetra e ai segreti da lei trasmessi a Trittolemo, Eumolpo, Celeo e Diocle.

Anche Frazer ne Il Ramo d’oro si diffonde sull’argomento della bambola di grano che nelle arcaiche civiltà contadine in molte regioni dell’Europa veniva sepolta alla fine dell’autunno in attesa della sua resurrezione in primavera, bambola che avrebbe sostituito sacrifici umani in uso in tempi ancora più remoti.

La mia ipotesi è che gli iniziati si identificassero successivamente con ognuno degli attori del mito: prima con Persefone, rapita da Ade e riscattata dagli inferi, poi con Demetra, disperata alla ricerca della figlia, quindi con Trittolemo, destinatario principale dei segreti riguardanti i riti eleusini e il ciclo agricolo di morte e rinascita, e, infine, con Iacco, il fanciullo divino che rinasceva al termine di ogni celebrazione dei Misteri.

Questa supposizione, come si vedrà più avanti, è confortata dal fatto che, secondo le testimonianze arrivate fino a noi, a un certo punto del rituale i neofiti si aggiravano di notte con delle torce, impersonando Demetra alla ricerca della figlia perduta.

Prima di occuparci del significato dei Misteri, ancora qualche informazione su come essi si svolgevano. I neofiti venivano anzitutto iniziati ai Piccoli Misteri, che si svolgevano in un sobborgo di Atene nel mese di Antesterione, intorno all’equinozio di Primavera, e sottoposti a digiuni, sacrifici ed abluzioni, oltre che alla narrazione di alcuni aspetti del mito delle due dee.

I Grandi Misteri avevano invece luogo nel mese di Boedromione, tra settembre e ottobre, e duravano otto giorni. Nella descrizione che ne dà Eliade, il primo giorno si svolgeva nell’Eleusinion di Atene, dove erano stati già trasportati gli oggetti sacri. Il secondo giorno una processione si dirigeva verso il mare e ogni neofita lavava nel mare un porcellino, che avrebbe poi sacrificato a Demetra al suo ritorno ad Atene. Nel terzo giorno, alla presenza delle autorità di varie città, l’Arconte e la sua sposa eseguivano un grande sacrificio. Il quinto giorno una grande processione accompagnava il ritorno degli oggetti sacri ad Eleusi. In prossimità di un certo ponte, uomini mascherati lanciavano lazzi ed ingiurie oscene contro i cittadini più illustri. Seguivano, la notte, canti e danze in onore alle dee. Il sesto giorno si digiunava e si celebravano le teletes, i riti segreti, sui quali si sa pochissimo, e si svolgevano sia all’esterno che all’interno del Telesterion.

Minucio Felice nel dialogo Octavius ci dice che i neofiti, muniti di fiaccole, imitavano Demetra alla ricerca di sua figlia Persefone. I teletes includevano anche i legomena, formule e invocazioni di cui non ci resta nessuna traccia. A tarda notte i neofiti venivano sottoposti al più importante atto dell’iniziazione, che comprendeva quasi sicuramente, dai frammenti delle testimonianze giunte fino a noi, anche una visione, l’epopteia, che era riservata a chi era stato iniziato già da un anno e avveniva in una luce sfolgorante. Il giorno successivo gli iniziati tornavano ad Atene.

In un passo di Temistio riferito da Plutarco le prove dell’iniziato durante i Grandi Misteri venivano paragonate alle esperienze che l’anima deve subire subito dopo la morte. È escluso che ci fosse una rituale discesa agli inferi: gli scavi ad Eleusi, in particolare quelli del Telesterion, hanno dimostrato che non esistevano luoghi sotterranei.

Clemente Alessandrino, nel Proptreptico, II, 21, 2, ci ha trasmesso una formula pronunciata dagli iniziati:

Ho digiunato, ho bevuto il ciceone, ho preso il paniere e, dopo averlo maneggiato, l’ho riposto nella cesta, poi, riprendendo dalla cesta, ho ricollocato nel paniere.

Un’evidente allusione al digiuno di Demetra e alla sua assunzione del ciceone. Alcuni hanno ipotizzato che cesta e paniere potessero contenere serpenti. Si è anche parlato di un pasto rituale. Proclo, nell'”Ad Timaeum“, afferma anche che gli iniziati, guardando il cielo, esclamassero “Piovi!” e guardando la terra “Concepisci!”.

Nel III secolo Ippolito affermò anche, nel suo Philosophumena, che nel momento culminante dell’epopteia venisse mostrata in silenzio una spiga di grano. Walter Otto sostiene addirittura che si verificasse il miracolo di una spiga di grano che cresceva dal seme in poco tempo davanti agli occhi degli iniziati. Secondo Kerenyi lo ierofante proclamava che la dea della morte aveva generato un figlio nel fuoco.

Riporto qui di seguito alcune notizie sui Misteri eleusini, che hanno, inevitabilmente, un carattere discontinuo, perché il riserbo degli iniziati sui Misteri ha sfidato i millenni e ciò che ne sappiamo sono, appunto, frammenti.

Tuttavia queste notizie potrebbero rivelarsi di qualche utilità per chi volesse indagare e studiare ulteriormente l’argomento:

– Il nome Demetra sembra significhi “madre orzo”, mentre Persefone secondo alcune interpretazioni significa “colei che porta la distruzione” (da fero e foneuo), secondo altre, “colei che tutto nutre e tutto uccide” (da ferbo e foneuo). [cfr. l’Inno orfico a Persefone].

– La sacerdotessa di Demetra aveva anche il compito di istruire i giovani sposi che dovevano unirsi in matrimonio, prima della cerimonia, scrive Plutarco nei suoi Precetti coniugali, la sacerdotessa di Demetra si chiudeva nella camera nuziale con i promessi sposi e raccomandava loro il rispetto dei precetti della madre terra.

– I semi del papavero, il fiore che Persefone raccoglie mentre viene rapita, venivano utilizzati per insaporire il pane, sacro a Demetra.

– Molti libri densi di ipotesi sono stati scritti sui Misteri eleusini basandosi sull’idea che la bevanda assunta dagli iniziati, il kikeion, il ciceone, potesse contenere sostanze psicotrope e allucinogene, il che spiegherebbe la visione finale, l’epopteia e l’impressione di molti, di aver assistito a un miracolo. L’ipotesi più ricorrente è che ad orzo e menta fosse mescolata la segale cornuta, un parassita del grano dai poteri allucinogeni, o qualche altro tipo di fungo, come l’amanita muscaria, fungo velenosissimo, ma psicoattivo, se assunto in piccole quantità. Chi avversa l’ipotesi che venisse fatto uso di sostanze psicotrope sostiene che in effetti alla sacerdotessa di Demetra e agli iniziati era proibito persino bere vino, perché dovevano mantenersi lucidi per apprezzare pienamente l’esperienza mistica dell’epopteia e venirne trasformati.

– Molte ipotesi sono state avanzate sul significato dei lazzi osceni di Iambe, e sui lazzi ed insulti rivolti da uomini mascherati ai cittadini illustri durante il quinto giorno dei Grandi Misteri. In alcune versioni del mito oltre a Iambe, anche la vecchia Baubo fa sorridere Demetra, traendo il fanciullo Iacco / Dioniso da sotto le gonne e scoprendo alla vista anche le sue parti nascoste. Iacco era il bambino divino dei Misteri eleusini, in alcune versioni del mito era figlio di Persefone, e, a un certo punto delle celebrazioni, il mistagogo ne annunciava la nascita. Sembra indubbio che quei lazzi ed insulti avessero il compito di preparare chi ne era bersaglio a un rovesciamento, a una morte simbolica e all’abbandono della propria maschera sociale.

– Durante il suo soggiorno ad Eleusi Demetra venne aiutata nella sua ricerca di Persefone dal pecoraro Eumolpo,”il buon cantore”, destinato a diventare il sacerdote dei Misteri e il progenitore della stirpe di tutti i futuri sacerdoti, suoi discendenti, dal porcaro Eubuleo, nel quale alcuni ravvisano lo stesso dio degli inferi, i guardiani di porci erano considerati maghi e veggenti, e dal bovaro Trittolemo, “il triplice guerriero”, o, secondo Graves, “colui che osa tre volte”, figli di Baubo e Dysaules. A Trittolemo Demetra donò semi di grano, un cocchio alato trainato da serpenti e un aratro di legno, con il compito di insegnare agli uomini l’agricoltura. In altre varianti del mito i maiali di Eubuleo erano stati anch’essi inghiottiti dalla voragine apertasi dopo che Ade rapì Persefone, ed era stato proprio Eubuleo ad informare Demetra del ratto. Il motivo per cui il maiale era legato ai Misteri eleusini viene spiegato da Frazer col fatto che si nutre prevalentemente di grano e durante le Tesmoforie le donne si cibavano esclusivamente di carni suine. Il sacrificio dei suini potrebbe essere legato alla sacralizzazione della spiga di grano, che segnava il culmine dei Misteri. Anche coloro che durante i Misteri erano portatori di fiaccola appartenevano tutti a una stessa famiglia.

– Durante i Misteri eleusini gli iniziati celebravano l’unione della Dea con il titano Giasone, o con Zeus, o con Trittolemo, in un recesso segreto del tempio, facendo scorrere su e giù un oggetto fallico in uno stivaletto da donna. I mistagoghi, vestiti da pastori, facevano poi il loro ingresso con grida festose, recando in un cesto di vimini il fanciullo Brimo, figlio di Demetra Brimo, “la furente”, che il decimo giorno dei Misteri essa concepiva con Poseidone, dopo che la dea aveva assunto l’aspetto di una giumenta e Poseidone quello di uno stallone. Brimo veniva invocato col nome di Iacco / Bacco / Dioniso in un inno dissoluto che si cantava il sesto giorno dei Misteri. Ad Eleusi l’unione tra lo ierofante e la sacerdotessa di Demetra era solo simbolica, perché lo ierofante si privava della virilità con un’applicazione di cicuta, come del resto avveniva anche nei Misteri di Attis e Cibele. Qualche tempo dopo questa unione simulata egli ricompariva e mostrava in silenzio la spiga di grano illuminata da un raggio di luce. Subito dopo veniva detto: “La regina Brimo ha generato un sacro fanciullo Brimos”.

– Frazer sostiene che le caratteristiche principali dei Misteri eleusini sono la processione alla luce delle torce, la veglia notturna, il sedersi dei candidati velati in silenzio sopra seggi coperti da pelli di pecora, l’uso di un linguaggio scurrile e lazzi osceni, il bere tutti orzo e menta da un calice sacro.

– Era sacro a Persefone in particolare il pioppo bianco, il cui legno veniva utilizzato per fabbricare bare.

– A Patre le sacerdotesse di Demetra davano oracoli per i malati leggendoli in uno specchio immerso in un pozzo.

– Sacerdoti di Demetra in Samotracia erano i Cabiri, i cui Misteri venivano celebrati con la luna calante e con i volti degli iniziati ricoperti da un velo. Per essere iniziati ai Misteri dei cabiri si doveva confessare il peggior peccato commesso contro l’ordinamento divino, mentre per i Misteri eleusini si doveva essere mondi da ogni peccato. Gli dei Cabiri avevano l’aspetto di nani ed erano legati ad Efesto – Vulcano, erano detti anche Hefaistoi. Le tre divinità Axiokersos, Axiokersa e Axieros, a cui veniva tributato un culto a Samotracia, sarebbero state rispettivamente Ade, Persefone e Demetra.

– Secondo Christian Jacq, durante i Piccoli Misteri il neofita doveva trascorrere una notte sotto una tenda preparandosi all’iniziazione, dopo di che veniva sottoposto alle prove dei 4 elementi, acqua, fuoco, aria e terra. La prova dell’acqua consisteva in un battesimo con alcune gocce d’acqua; in quella dell’aria si ventilava il candidato, come per trasmettergli il soffio divino. Nei Grandi Misteri il candidato aveva mano destra e piede sinistro legati con un nastro giallo e per entrare nel tempio doveva recitare la formula: “Ho mangiato nel Thympanon (tamburello con piastrine e campanelli utilizzato durante le feste in onore di Demetra), ho bevuto nel Cymbalon (piccolo piatto usato nel culto di Demetra), ho appreso la cerimonia della religione”. Quindi seguiva una simbolica discesa agli inferi durante la quale un tribunale “soppesava” la sua condotta. Riconosciuti i suoi torti egli beveva l’acqua dell’oblio e riceveva le nuove vesti che caratterizzavano la comunità dei Maestri. Colui che dirigeva i Misteri conosceva una morte simbolica che doveva richiamare quella di Dioniso smembrato dai Titani, e si diceva che sarebbe risorto in ciascun iniziato.

– Prima di entrare nel tempio per essere iniziati ai Grandi Misteri si doveva giurare solennemente di mantenere il segreto su tutto ciò che si sarebbe svolto all’interno. L’iniziato indossava una corona di mirto, simbolo della sua morte imminente, e venivano utilizzate foglie di pioppo bianco, simbolo di rinascita e immortalità.

– Secondo Teocrito, durante la celebrazione dei Misteri eleusini le donne e le fanciulle portavano in processione anche i testi sacri delle leggi. Sacerdoti di Demetra erano spesso anche gli edili e i costruttori, che amministravano il diritto (cfr. Bachofen, “Il Matriarcato”).

Dice Calvo: “Demetra assegnò le sacre leggi, unì nelle nozze i corpi degli amanti e fondò le grandi città”. Sempre secondo Bachofen, Demetra rappresenta la sacralità della madre terra e la santificazione della materia. Bachofen vi vede una santificazione del princìpio femminile in opposizione a quello maschile.

– Durante i Misteri di Demetra le donne non potevano nominare né il padre, né il figlio. Dice Frazer che nemmeno i nomi dei sacerdoti e degli alti dignitari che officiavano nei Misteri eleusini potevano essere pronunciati. Luciano narra di un uomo condannato per aver infranto questa legge. Quei nomi venivano incisi su tavole di bronzo o di piombo e poi affidati alle profondità del mare.

– Nel Museo nazionale di Atene sono conservate innumerevoli bassorilievi e pitture vascolari di fanciulle defunte rappresentate nell’atto di offrire una scatola, la scatola in cui conservavano in vita monili e oggetti preziosi, a Persefone, regina degli inferi. Sarebbe interessante collegare queste immagini al mito di Psiche narrato da Apuleio ne “Le Metamorfosi o l’Asino d’oro”. Nella quarta e ultima prova che deve sostenere per ordine di Venere, Psiche ha il compito di farsi dare da Persefone una fialetta contenente un liquido che può dare, a chi se ne disseta, una bellezza eterna. Contravvenendo al divieto di Venere Psiche apre la fialetta e viene colta da un sonno mortale, ma viene in seguito salvata e assunta in cielo da Eros.

A proposito del significato dei piccoli e dei grandi Misteri, sembra indubbio, se dovessimo esprimerci in un linguaggio moderno e junghiano, che essi segnassero il progressivo passaggio dall'”Io” al Sé”. Per i greci, protagonista di questo passaggio era l’energia vitale che ci anima, destinata alla morte e tesa alla autoaffermazione, al cieco soddisfacimento degli istinti, preda di pulsioni vitali primarie, quali rabbia, brama, paura, frustrazione, collera, desiderio, frustrazione. Tale energia vitale, che i greci chiamavano Bios doveva essere trasformata e gradualmente connessa con la corrente immortale della vita, che scorre in tutti gli esseri animati, che essi chiamavano Zoì.

Questa trasformazione comportava una rivoluzione del “sistema di riferimento” di chi la sperimentava: abbandonate le leggi del proprio Microcosmo personale, l’iniziato doveva riconoscere le divine leggi del Macrocosmo ed adeguarvisi. Pur servendosi di un linguaggio e di immagini diverse, anche lo scopo ultimo dell’Opus alchemicum è il medesimo. Il Mercurio, lo Zolfo e il Sale “dei saggi”, che differiscono sostanzialmente da quelli “volgari”, si ottengono paradossalmente, seguendo la Natura ma, allo stesso tempo, compiendo un “opus contra naturam”, una inversione, un rovesciamento dell’ordine che la Natura ha stabilito.

La misteriosa materia che tutti maneggiano ma nessuno sa afferrare è proprio quella stessa energia vitale sulla quale operavano i Misteri del mondo antico, distolta dai bersagli esterni delle proiezioni psichiche e rivolta verso l’interno, per essere raffinata e purificata dal fuoco.

Citerò a questo proposito tre importanti testi alchemici:

Saturno contiene nel suo interno l’Oro probo (…) quest’oro può essere estratto a condizione che si tolgano tutte le impurità, cioè le feci, in tal caso viene detto: purgato.
L’esterno
è portato all’interno, l’interno è manifestato all’esterno, da ciò deriva il suo
color rosso, per questo è stato chiamato Oro probo.
Isacco L’Olandese – Oeuvre vegetable


A meno di non invertire l’ordine della Natura, voi non genererete dell’oro che prima
non sia stato argento (…) Nulla di estraneo entra nella nostra Opera, essa non ammette e non riceve nulla che provenga da altrove.
Huginus à Barma – Il regno di Saturno trasformato in oro


Sappi dunque che nessun vegetale né alcun frutto appare o germina senza che il Leone
Verde si manifesti (…) È il fuoco contro natura che devi mirare a scoprire. È così detto
perché è contrario alla Natura sfacendo e struggendo ciò che essa aveva composto con
cura preziosa. Questo fuoco non si alimenta con olio o spirito di vino, ma per mezzo di
una materia incombustibile, di durata e calore costanti, è un fuoco senza luce la cui combustione possiede grande virtù ed efficacia; trovarlo nelle tenebre, giacché non luce, non è piccola impresa, ed applicarlo convenientemente all’Opera è ancor più difficoltos.
Michael Maier – Atalanta Fugiens, Emblema 37

 

Si potrebbe andare avanti per infinite pagine con ipotesi e frammenti di miti riguardanti Demetra, Persefone e congetture non verificabili sui Misteri eleusini, sperando che un giorno tutto possa ricomporsi in un unico disegno armonioso, che i pezzi del puzzle si muovano costituendo una unità dotata di senso.

Il miglior modo per concludere questo viaggio attraverso i Misteri eleusini mi sembra quello di ricordare l’aneddoto raccontato da Mircea Eliade alla fine del II volume della sua Storia delle credenze e delle idee religiose, in un piccolo paragrafo dal titolo evocativo: “L’autobus che si ferma ad Eleusi”.

Il grande studioso di religioni ricorda che in qualche forma il culto di Demetra sopravvisse attraverso i millenni, tanto che, ancora nel 1820 venne rimossa ad Eleusi una statua dedicata a una fantomatica “santa Demetra”, tra le proteste e la resistenza degli abitanti.

L’aneddoto riferito da Eliade si riferisce invece al febbraio 1940 e comparve sulla stampa greca dell’epoca.

A una fermata dell’autobus Atene – Corinto salì una vecchia magra e rinsecchita, ma con grandi occhi vivaci. Poiché non aveva danaro per pagarsi il biglietto il controllore la fece scendere alla stazione seguente – quella di Eleusi, appunto. Ma il conducente non riuscì più a mettere in moto l’autobus e, alla fine, i viaggiatori decisero di fare una colletta per pagare il biglietto alla vecchia. Questa risalì sull’autobus, che ora poté ripartire.

Allora la vecchia disse: “avreste dovuto farlo subito, ma siete degli egoisti, e già che sono qui, vi voglio dire ancora una cosa: sarete castigati per il modo in cui vivete, vi saranno tolte persino l’erba e l’acqua!

Non aveva ancora finito la sua minaccia ed era scomparsa, nessuno l’aveva vista scendere. E si andò a riguardare il blocchetto dei biglietti per convincersi che era stato veramente staccato un biglietto.

Le minacce proferite dalla vecchia, osserva ancora Eliade, ricordano certi passi dell’Inno omerico a Demetra in cui la dea, tramutatasi in vecchia nel palazzo del re eleusino Celeo, rimprovera gli uomini per la loro empietà e cecità e profetizza, anche in quella occasione, terribili catastrofi in tutta la regione.

A chi volesse ancora approfondire l’argomento consiglio, oltre agli autori che ho più volte citato, Eliade, Kerenji, Otto, Graves, Bachofen, Frazer, anche questi testi:

– W. Burkert, Antichi culti misterici e Homo necans, Antropologia del sacrificio cruento nella Grecia antica

– M. Giebel, I culti misterici nel mondo antico

– G.E. Mylonas, Eleusis and the eleusinian Mysteries

– G. Sfameni Gasparro, Misteri e culti mistici di Demetra

– Di particolare interesse per chi si interessi di psicologia è E. Neumann, Psicologia del femminile, in cui Eric Neumann rilegge il mito e le figure di Demetra, Persefone ed Ade alla luce del princìpio junghiano di individuazione vissuto al femminile.

Autore Alessandro Orlandi

Alessandro Orlandi (1953) matematico, museologo, curatore per 20 anni dell'ex museo kircheriano, musicista, saggista ed editore della Lepre edizioni, è autore di numerosi articoli e libri riguardanti la matematica, la museologia scientifica, la storia delle religioni, la tradizione ermetica, l’alchimia, le origini del Cristianesimo e i Misteri del mondo antico.