In una delle illustrazioni del celebre testo alchemico ‘Simbola aureae mensae’ di Michael Maier, Saturno, intento ad annaffiare gli alberi del Sole della Luna nel giardino ermetico, è afflitto da zoppia e deve sorreggersi a un bastone.
Anche nel grande affresco della villa dei Misteri di Pompei Dioniso – per assonanza: Dio-nisos, “il dio zoppo” – ha un solo piede calzato, mentre l’altro sandalo giace accanto allo scranno sul quale è assisa Arianna, o Semele.
Sul monosandalismo si sofferma Carlo Ginsburg nella sua ‘Storia Notturna’, sostenendo che il monosandalismo di Dioniso, di Giasone, di Persefone, di Hermes e di Perseo e la zoppia di altri dèi, eroi e personaggi di miti, fiabe e leggende, una lunga teoria di figure che comprende, tra l’altro, Edipo, “colui che ha i piedi deformati”, e Cenerentola, rappresenta un avvenuto passaggio dal mondo dei morti e un legame contratto con il mondo infero.
In particolare, va ricordato l’andamento “saltellante” di alcune danze antiche legate ai culti funerari, tra cui la “danza delle gru” o danza del labirinto, una danza già praticata nella Creta minoica per celebrare il corso del sole durante l’anno, di cui si occuparono Kerenyi in ‘Nel labirinto’ e De Martino in ‘Morte e Pianto rituale.‘
Nella” danza delle gru” descritta da Kerenyi i danzatori reggevano una corda che rappresentava un raggio di sole e descrivevano prima spirali convergenti verso il centro, che raffiguravano le giornate sempre più corte del periodo che segue il solstizio estivo durante le quali gli archi che l’astro diurno descrive nel cielo divengono sempre più piccoli. Al centro della spirale colui che conduceva la danza doveva affrontare un uomo vestito da Minotauro e vincerlo in combattimento.
Allora la danza mutava, descrivendo una spirale che si allargava, e simboleggiava il periodo dell’anno successivo al solstizio invernale, quando il sole descrive nel cielo archi sempre più ampi mentre le giornate diventano più lunghe.
Si credeva che i danzatori si sarebbero trasformati in gru alate, volando fino al Giardino delle Esperidi, per cibarsi delle mele d’oro che davano l’immortalità. Lo stesso percorso, la stessa danza, si credeva che attendesse l’anima dopo la morte.
L’incontro col Minotauro al centro della spirale rappresentava il confronto con l’Ombra, che poteva risolversi in una vittoria o in una sconfitta. In caso di sconfitta il defunto sarebbe rimasto confinato agli inferi. Sia le doppie spirali dipinte su molti vasi funerari dell’antico mondo ellenico che la danza di uccelli palustri hanno proprio il senso di richiamare il percorso del sole tra i due solstizi e il percorso dell’anima dopo la morte.
In generale, lo zoppicare, così come l’aiutarsi con un bastone, ha un significato simbolico ambiguo: può essere il segno visibile di una menomazione spirituale, così come può indicare la condizione dell’iniziato, di colui che ha riconosciuto le proprie proiezioni e la propria dipendenza dalle leggi cosmiche.
Si pensi a Giacobbe, zoppicante dopo la sua lotta vittoriosa con l’Angelo, a Vulcano, a Varuna, Odino ed ai fabbri in generale i quali, conoscendo il segreto per forgiare i metalli tratti dalle viscere della terra, sono spesso raffigurati come claudicanti – ne parla Mircea Eliade in ‘Arti del metallo e alchimia‘. Talvolta lo zoppicare è invece una caratteristica diabolica, attribuita al demonio.
Tornando a Saturno, nessun dio meglio di lui incarna la consapevolezza di chi non può più poggiare su una seconda gamba, le conferme del mondo esterno, perché ha distrutto le proprie proiezioni e dunque, per procedere, deve appoggiarsi a un bastone: l’axis mundi che collega tra loro la dimensione del visibile a quella dell’invisibile.
Analogo significato simbolico hanno il bastone attorno al quale si avvolgono i due serpenti del caduceo o l’unico serpente di Asclepio, che porta la guarigione, o la bacchetta degli auguri, dal potere divinatorio, o quella dei rabdomanti, che la usavano nella ricerca di falde acquifere, miniere e tesori nascosti, ma anche per scovare ladri e assassini, e la bacchetta magica dei maghi e della fate, quella stessa bacchetta con la quale le sacerdotesse di Demetra evocavano la potenze ctonie della fertilità.
Il caduceo, così come il bastone dei profeti, la verga dei maghi e delle fate e la scopa delle streghe, traeva appunto i suoi poteri dal fatto di essere stato un ramo di un albero sacro: come axis mundi poteva collegare tra loro differenti “piani sottili” di esistenza.
A proposito di zoppia, monosandalismo e del procedere con l’aiuto di un bastone interessante è anche interpretare, la risposta di Edipo all’enigma della Sfinge:
τί ἐστιν ὃ μίαν ἔχον φωνὴν τετράπουν καὶ δίπουν καὶ τρίπουν γίνεται?
Chi, pur avendo una sola voce, si trasforma in quadrupede, bipede e tripede?
Edipo risponde “l’uomo”, argomentando che da piccolissimo l’uomo gattona, camminando a quattro zampe, da adulto cammina su due gambe, da vecchio procede col bastone, camminando su tre gambe.
In effetti, nello stadio preadolescenziale, come argomenta Erich Neumann in ‘Storia delle origini della coscienza’, l’uomo si trova in uno stato definito “ouroborico”, in cui sia la sua parte maschile che la sua parte femminile, il suo animus e la sua anima, si sostengono su figure e modelli esterni, poi c’è una assunzione di identità e l’uomo, assunta una identità maschile o una femminile, cammina su due gambe e la sua identità, maschile o femminile che sia, si appoggia alle conferme del mondo; infine, procede appoggiandosi a un bastone, all’axis mundi, avendo realizzato che solo il piano verticale e sottile dell’esistenza può sostenerlo veramente.
Edipo, forse, rispose “l’uomo” interpretando “alla lettera” queste corrispondenze simboliche e questo determinò la sua cecità e la sua fine tragica preannunciando l’uccisione del padre e l’incesto con la madre.
In questa sua risposta, di natura più esteriore che interiore, Edipo precorre l’epoca moderna. Scopo dell’iniziazione, in tutte le tradizioni del mondo, è anzitutto mostrare all’uomo la sua dipendenza dalle proprie proiezioni esterne.
Il passo successivo è liberarsene e quello ulteriore è riconoscere l’esistenza di una dimensione verticale, da cui proviene il senso di tutte le cose che accadono dentro e fuori di lui. Come Edipo, l’uomo moderno chiama “realtà” le proprie proiezioni e la propria maschera sociale, non prova nemmeno a liberarsene e nega ogni realtà alla dimensione verticale e simbolica dell’esistenza.
Autore Alessandro Orlandi
Alessandro Orlandi (1953) matematico, museologo, curatore per 20 anni dell'ex museo kircheriano, musicista, saggista ed editore della Lepre edizioni, è autore di numerosi articoli e libri riguardanti la matematica, la museologia scientifica, la storia delle religioni, la tradizione ermetica, l’alchimia, le origini del Cristianesimo e i Misteri del mondo antico.