Al servizio di cosa?
In senso assolutamente astratto “potere” è la possibilità concreta di trasformare le proprie intenzioni in realtà. Il potere ha quindi quasi sempre a che fare con la capacità di controllare i fattori essenziali per realizzare i propri desideri, con il controllo degli gli altri e della Natura.
È possibile guardare al potere in molti modi, tra i tanti ricordo ad esempio Bertrand Russel, che nel suo libretto Il potere lo paragona all’Energia in Fisica, descrivendolo come una forma di energia che si autoconserva; Elias Canetti che in ‘Massa e Potere‘ mette l’accento sulla sopravvivenza, sulle forme del comando, su uso del corpo e potere, sulla tendenza alla paranoia dei potenti, sui loro deliri di onnipotenza; o Richard Dawkins, che nel saggio ‘Il gene egoista’, vede gli uomini come meri veicoli dei memi, idee-forza e concezioni del mondo che si servono degli esseri umani per essere tramandate e rafforzarsi; o Erich Fromm, che in ‘Anatomia della distruttività umana‘, analizza il sadismo e le perversioni del desiderio di controllo dei potenti; o Patanjali, che nello Yogasutra parla degli aspetti spirituali del potere e di come, chi segue un sentiero di evoluzione spirituale e consapevolezza attraverso lo yoga, debba rinunciare ai poteri che via via acquisisce per non bloccare il proprio processo di trasformazione interiore.
Per poter pensare in modo semplice al potere è necessario secondo me distinguere tra tre diversi piani: “cosa”, “come”, “perché”.
Cosa: il potere visto dall’esterno, nelle varie forme che può assumere
Molto si è detto sulle possibili forme che il potere può assumere: Politico, Economico, Religioso/Spirituale, Militare, Intellettuale, Inerziale, ovvero quello che si eredita facendo parte di una data famiglia o casta, Mediatico, vi rientrano anche i moderni influencer, Psichico, le forti personalità possono giungere a plasmare, plagiare e controllare quelle più deboli, fino alle Possessioni, un’entità aliena prende possesso del corpo e della coscienza di una persona, fino a rendere necessario l’intervento di un “esorcista” o un lungo processo di decondizionamento, si pensa di solito al diavolo o a divinità pagane, ma purtroppo anche squadre di calcio, leader politici o addirittura una ideologia o il credo di una setta possono avere gli stessi effetti.
Come: con quali mezzi e dinamiche il potere viene esercitato, gli strumenti del controllo
Chi esercita il potere può utilizzare forza bruta e coercizione, facendo leva sulla paura e sulla debolezza, il denaro, facendo leva su desideri indotti e avidità, il sesso, la seduzione e il bisogno degli altri di essere amati, la narrazione di un Dio che funzioni da antidoto per la paura della morte, l’odio sociale, facendo leva sulla sofferenza, sulla paura, sulla frustrazione, sull’odio per il diverso.
Si ricorre a narrazioni, immagini, forme-pensiero e menzogne screditanti, che esercitino sugli altri una persuasione ‘occulta‘, agendo sulla psiche, sulle fragilità, su bisogni e timori indotti, che nel mondo moderno vengono imposti attraverso un massiccio uso dei media, sconosciuto a ogni epoca precedente.
Così avviene il controllo nelle sue varie forme; per fare un esempio noto, Cambridge analytica ha contribuito alla vittoria politica della parte A, avversaria della parte B, rivolgendosi sia alle persone indecise che a quelle dell’idea B e lavorando sulle loro paure e idiosincrasie, utilizzando fake news diffuse da milioni di boot, falsi profili social, per screditare la parte B.
A seconda degli obiettivi di chi lo esercita, il potere può essere palese oppure occulto, ma in ogni caso ci si avvale di una immagine amata o temuta, il “volto ufficiale” del potere, che può o meno appartenere a chi lo esercita. Tale immagine è comunque più efficace se il vero controllo avviene in modo occulto. Quindi nell’esercizio del potere sono insite sia l’idea di ombra e di invisibilità, che quella della creazione di una immagine che tutti possano amare e/o temere.
Fin qui si potrebbe trattare del potere con gli strumenti della sociologia e delle scienze politiche, a cominciare dalle opere di Montesquieu e Tocqueville. In democrazia, nei partiti, e nelle organizzazioni religiose e iniziatiche, in cui spesso la gerarchia ha una struttura piramidale, l’esercizio del potere deve confrontarsi con l’apparente obiettivo che quelle organizzazioni dichiarano di avere: il benessere materiale e l’evoluzione della coscienza, la fratellanza, l’emancipazione dell’uomo dalla sofferenza e dal vizio.
Spesso l’ambizione personale e il desiderio di riconoscimento che spingono qualcuno a cercare di occupare i massimi vertici di una di queste organizzazioni sono incompatibili con tali obiettivi dichiarati. L’artiglio che vuole afferrare il potere deve quindi paludarsi in un morbido guanto che ne dissimuli l’avidità, l’egoismo e la ferocia. Ecco perché l’ultimo e terzo punto è così importante
Perché: quali sono le motivazioni di chi lo esercita
Questo è l’approccio che mi sembra più promettente, perché consente di avviare una trasformazione sia in chi esercita il potere, sia in chi lo subisce, resa possibile dalla consapevolezza.
Ci si potrebbe ricondurre alle tre forme che assume l’energia nell’uomo secondo l’induismo: tamasica, rajca, sattwica.
Tamasica: Paura, frustrazione, inerzia, ovvero desiderio di conservare l’esistente ed opporsi ai mutamenti, rivalsa, avidità, desiderio di controllo, anche sadico, sul mondo, sugli altri, sull’imprevisto.
Rajca: volontà di sedurre e di essere amati, desiderio di compiere imprese che restino nella memoria collettiva, desiderio di sconfiggere la morte, desiderio di accumulare beni, ricchezze, conoscenze.
Sattwica: Servizio, potere esercitato in modo impersonale, ricerca dell’armonia Microcosmo – Macrocosmo, percezione di Dike, dell’ordine universale. Questa forma di energia è riassunta dal motto dei Cavalieri Templari: non nobis domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam.
In definitiva, abbiamo detto, il potere, in ogni sua estrinsecazione, per imporsi si avvale di forme-pensiero, luminose oppure oscure, con cui “colonizzare” e plasmare il mondo. Per affrontare questo aspetto insidioso del potere – e della sua ombra – sociologia e scienze politiche sono inutili, sembra invece più utile il bagaglio della storia delle religioni e della spiritualità, che l’epoca moderna ha gettato alle ortiche.
L’ombra
Il volto del potere, per imporsi, dà una descrizione di sé, propone una narrazione, spesso dissonante rispetto alla realtà. Su ciò si fondavano la Tragedia e la Commedia antiche, la tragedia metteva in evidenza una lacerazione inflitta dall’ubris e dalla volontà di potenza all’Ordine Cosmico, che l’eroe doveva riparare, prendendo su di sé il peso del debito contratto con Ananké e con Nemesi, specie in Eschilo; la Commedia metteva in luce l’abisso tra immagine, narrazione e realtà, con uno sguardo strabico, attraverso il riso e la satira.
Più l’energia è ‘bassa’, più carisma e potere si fondano su immagini create ad arte, su ‘Golem’, che divergono dalla vera realtà dell’essere. Il potere degno di legittimazione, invece, quello che muove da un’energia sattwica, deve fondarsi sullo spirito di servizio, su uomini che antepongano il Sé all’Io, che abbiano lavorato sulle proprie forme – pensiero riducendo in cenere quelle perverse e negative, che attingano acqua al pozzo della fratellanza universale, che non distingue tra il “mio” e il “tuo” destino personale, ma si curino solo del destino collettivo.
Alcune tradizioni spirituali, ad esempio quella tibetana, si avvalgono della “deprivazione sensoriale”, come un lungo periodo trascorso in un ambiente buio, a pane e acqua, per poter meditare con sufficiente profondità, divenire consapevoli delle proprie forme – pensiero negative e liberarsene, perseguendo una “ecologia della mente”, condizione necessaria per potersi dedicare con successo al benessere altrui.
È ovviamente impensabile che una democrazia moderna possa prevedere che le persone che aspirano alle massime cariche della politica e si preparano a guidare i loro Paesi debbano sottoporsi a un simile decondizionamento.
Quale scuola – quadri di partito, quale organismo statale potrebbe mai proporsi di esaminare la mente dei politici? A quale titolo? Una simile idea sarebbe ancor più paradossale della Modesta Proposta di Jonathan Swift.
Nella seconda parte ci occuperemo di quel “setaccio inverso” che mette in crisi il rapporto tra Potere e democrazia, premiando i peggiori e favorendone l’ascesa.
Autore Alessandro Orlandi
Alessandro Orlandi (1953) matematico, museologo, curatore per 20 anni dell'ex museo kircheriano, musicista, saggista ed editore della Lepre edizioni, è autore di numerosi articoli e libri riguardanti la matematica, la museologia scientifica, la storia delle religioni, la tradizione ermetica, l’alchimia, le origini del Cristianesimo e i Misteri del mondo antico.